Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3853 del 26/09/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3853 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Lipari Giuseppe, nato ad Alcamo il 30/03/1934

avverso la sentenza del 21/02/2013 del Tribunale di Trapani

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 21 febbraio 2013 il Tribunale di Trapani,
confermando la decisione assunta dal giudice di pace di Alcamo, ha riconosciuto
Giuseppe Lipari responsabile del delitto di lesione volontaria ai danni di
Francesco Cosentino; ha quindi tenuto ferma la sua condanna alla pena di legge
e al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Data Udienza: 26/09/2014

1.1. La prova del commesso reato è stata ravvisata nelle dichiarazioni della
persona offesa, ritenute attendibili in quanto dettagliate e coerenti, riscontrate
per di più dalla documentazione sanitaria in atti.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore,
affidandolo a un solo motivo. Con esso, denunciando carenza motivazionale,
lamenta che non sia stata presa in considerazione la deposizione del teste
Benedetto Monticciolo, il quale aveva dichiarato di non aver udito espressioni

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, in parte perché basato su motivi non consentiti
e in parte perché manifestamente infondato.
1.1. Infatti le censure con esso elevate, dietro l’apparente denuncia di
carenza motivazionale, si traducono nella sollecitazione di un riesame del merito
– non consentito in sede di legittimità – attraverso la rinnovata valutazione degli
elementi probatori acquisiti.
1.2. Il Tribunale ha dato pienamente conto delle ragioni poste a fondamento
della decisione adottata: facendo proprie le argomentazioni già sviluppate nella
motivazione addotta dal giudice di pace a sostegno della pronuncia di condanna,
ha rimarcato l’intrinseca attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa
in quanto concrete, sufficientemente dettagliate, dotate di una evidente logica
interna e aventi ad oggetto fatti di diretta cognizione del dichiarante. In aggiunta
a ciò – sebbene il narrato della persona offesa, così positivamente vagliato,
potesse da solo integrare la prova del commesso reato – ha osservato che quelle
dichiarazioni accusatorie avevano trovato un inequivocabile riscontro nella
documentazione sanitaria acquisita.
1.3. La linea motivazionale così condotta resiste in tutta evidenza al vaglio
di legittimità, in quanto rispettosa dei canoni giuridici e di logica
consequenzialità; mentre il tentativo del ricorrente di sollecitare una diversa
lettura dei dati processuali si risolve nella prospettazione del fatto storico
alternativa a quella fatta motivatamente propria dal giudice di merito: il che non
può trovare spazio nel giudizio di cassazione.

2. È, bensì, vero che nella sentenza di appello non è presa in considerazione
la deposizione del teste Benedetto Monticciolo, assunto nel corso dell’istruzione
dibattimentale in primo grado; senonché la tesi volta a ravvisarvi una prova di
innocenza dell’imputato non soltanto è prospettata nel ricorso in termini generici,

2

minacciose, né visto alcuna aggressione da parte dell’imputato.

senza chiarire in che cosa consista la pretesa smentita dell’ipotesi accusatoria,
ma è anche manifestamente infondata. Della deposizione testimoniale in
questione risulta essersi occupato il giudice di pace, con l’evidenziare che il
Monticciolo ave va s oltanto riferito di aver udito il Lipari e il Cosentino che
altercavano fra di loro, senza poter ricordare il contenuto testuale delle frasi
pronunciate, e di essersene andato per non immischiarsi. Sicché, stante
l’inconcludenza del narrato del teste, che fra l’altro si era allontanato prima che
l’episodio si concludesse, correttamente il giudice di appello ha giudicato inutile

cui il giudice dell’impugnazione, pur essendo tenuto in linea di principio a dar
conto delle ragioni poste a fondamento del rigetto dei motivi di appello, non è
tuttavia obbligato a motivare in ordine al rigetto di istanze improponibili per
genericità o per manifesta infondatezza (Sez. 5, n. 4415 del 05/03/1999,
Tedesco, Rv. 213114; Sez. 5, n. 7728 del 17/05/1993, Maiorano, Rv. 194868).

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di
cui all’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 26/09/2014.

tornarvi sopra. A tale proposito va ricordato il principio giurisprudenziale secondo

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