Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38512 del 04/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 38512 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CROVI VITTORIO N. IL 22/05/1958
avverso la sentenza n. 2622/2005 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
27/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI
DIOTALLEVI;

Data Udienza: 04/06/2013

Considerato che:
Crovi Vittorio ricorre avverso la sentenza, in data 27 giugno 2012,
della Corte d’appello di Venezia, con cui è stato condannato per il reato
di cui all’art. 12 d.l. n. 143/91 e 110 c.p. e chiedendone
l’annullamento, lamenta la carenza di motivazione in ordine alla
sussistenza degli elementi essenziali del reato e degli elementi certi in
ordine ai quali affermare la sua responsabilità e in ogni caso in ordine
criteri di determinazione della pena.
Il ricorso è manifestamente infondato.
In apparenza si deducono vizi della motivazione ma, in realtà, si
prospetta una valutazione delle prove diversa e più favorevole al
ricorrente, ciò che non è consentito nel giudizio di legittimità; si
prospettano, cioè, questioni di mero fatto che implicano una valutazione
di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione
esaustiva, immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto
enunciati da questa Corte, come quella del provvedimento impugnato che,
pertanto, supera il vaglio di legittimità. (Cass. sez. 4, 2.12.2003,
Elia ed altri, 229369; SU n ° 12/2000, Jakani, rv 216260), in particolare
con il vaglio operato nei confronti della sussistenza delle condizioni
per riconoscere la riconducibilità all’imputato dell’uso delle carte
bancomat di provenienza delittuosa e la sua consapevolezza di tale
provenienza, (presenza insieme al coimputato in tutti i quattro tentativi
di prelievo, di cui uno solo , per 250 euro andato a buon fine e
comportamento finalizzato all’allarme di

presenze pericolose) nonché

dell’insussistenza degli elementi in base ai
attenuanti richieste

(v. il riferimento ai

quali concedere le
precedenti), con la

conseguente correttezza dei criteri utilizzati ai fini della dosimetria
della pena.
Alla

luce

delle

suesposte

considerazioni

va

dichiarata

inammissibile l’ impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili
di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro
1000;

alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p. e ai

PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e, inoltre, al versamento della somma di Euro
1000 in favore della Cassa delle ammende.

Roma, 4 it iugno 2013

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