Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38511 del 08/06/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 38511 Anno 2018
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da
Procuratore della Repubblica del Tribunale di Reggio Calabria
Falcomatà Nicola, nato il 01/04/1988 a Melito Di Porto Salvo

avverso l’ordinanza del 05/12/2017 del Tribunale di Reggio Calabria

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Sante
Spinaci, che ha concluso chiedendo che, in accoglimento del ricorso del P.M.,
l’ordinanza sia annullata con rinvio con riferimento ai capi 15), 16), 37), 45),
48), 50), 51), 52), 53), 54), 55), 56) e 57) e che il ricorso del Falcomatà sia
rigettato;
udito il difensore, avv. Vincenzo Nobile, che ha concluso chiedendo che il ricorso
del P.M. sia respinto e che il proprio ricorso sia accolto.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Reggio Calabria, sezione
specializzata per il riesame, ha annullato nei confronti di Nicola Falcomatà
l’ordinanza del 16 ottobre 2017 del Giudice delle indagini preliminari del
Tribunale di Reggio Calabria limitatamente alle incolpazioni provvisorie di cui ai

Data Udienza: 08/06/2018

capi 15) e 16) (detenzione e ricettazione delle armi sequestrate a Paolo e
Giuseppe Benavoli) e di cui ai capi 37) e 45), 48), 50), 51), 52), 53), 54), 55),
56) e 57) (associazione finalizzata ad attività di narcotraffico e reati fine),
confermando il provvedimento coercitivo in ordine alle restanti incolpazioni di cui
ai capi 1) (associazione ex art. 416-bis cod. pen.) e 17), 18), 19), 31), 33), 35)
e 36) (detenzione di armi).

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso la Procura presso il Tribunale di

2.1. manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta
insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza quanto ai reati in materia di armi di
cui ai capi 15) e 16);
2.2. manifesta illogicità in ordine alla ritenuta mancanza delle esigenze
cautelari quanto ai reati di associazione per finalizzata ad attività di narcotraffico
e specifico reato fine di cui ai capi 37) e 45), 48), 50), 51), 52), 53), 54), 55),
56) e 57), per avere il Tribunale escluso la sussistenza nell’attualità di esigenze
cautelari nonostante la persistenza del fenomeno associativo ‘ndranghetista.

3. Nel ricorso a firma del patrono, Nicola Falcomatà chiede che l’ordinanza
sia cassata per i motivi di seguito sintetizzati.
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione di legge penale e
processuale in relazione agli artt. 416-bis cod. pen. (capo 1) e 125, 192, commi
2 e 3, 273, 291 e 292 cod. proc. pen., per avere il Tribunale fondato la
partecipazione del Falcomatà all’associazione per delinquere sulla base di
elementi inconsistenti. La difesa evidenzia: a) che il ricorrente è venuto a
conoscenza dell’estorsione del coindagato Daniele Manti in danno
dell’imprenditore Mucciola sulla base di quanto riferitogli dal Manti, il che esclude
la sua intraneità con un ruolo apicale nel gruppo criminale; b) che Nicola
Falcomatà era ignaro dell’estorsione in danno di Tommaso Miceli posta in essere
dagli Alati; c) che l’attività di controllo del territorio si spiega in ragione del
traffico di stupefacenti svolto dal Falcomatà; d) che la detenzione di armi non è
di per sé dimostrativa dell’appartenenza all’associazione; e) che, d’altra parte,
mancano riscontri obbiettivi alle dichiarazioni accusatorie del Maviglia, non
potendo le parole di Filippo Palamara acquisite con le intercettazioni fungere da
elemento di riscontro.
3.2. Con il secondo motivo, la difesa eccepisce la violazione di legge penale
e processuale in relazione agli artt. 416-bis, comma secondo, cod. pen. (capo 1)
e 125, 192, commi 2 e 3, 273, 291 e 292 cod. proc. pen., per avere il Tribunale
riconosciuto il ruolo apicale del Falcomatà nell’ambito dell’associazione per
2

Reggio Calabria chiedendone l’annullamento per i motivi di seguito sunteggiati:

delinquere nonostante la mancanza di elementi probatori in tale senso. A tale
proposito evidenzia: a) che l’assunzione di responsabilità del Falcomatà in
occasione del danneggiamento dell’escavatore di Mesano non è indicativa del
ruolo direttivo, ma dimostra soltanto la volontà di tutelare il fratello minore; b)
che la spedizione nei confronti dei Rom riguarda una questione privata collegata
ai furti commessi da esponenti di tale comunità in danno del supermercato dello
zio; c) che il collaboratore Maviglia ha indicato il ricorrente come soggetto avente
un ruolo non elevato nella gerarchia della consorteria (“malandrino”),

3.3. Con il terzo motivo, Falcomatà rileva la violazione di legge penale e
processuale in relazione agli artt. 125, 192, commi 2 e 3, 273, 291 e 292 cod.
proc. pen. quanto alle contestazioni di detenzione e ricettazione di armi, per
avere il Tribunale motivato i gravi indizi sulla base dell’inconsistente e
scarsamente decifrabile contenuto delle captazioni.
3.4. Con il quarto motivo, il ricorrente eccepisce la violazione di legge penale
e processuale ed il vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, 192, commi 2
e 3, 273, 291 e 292 cod. proc. pen. con riferimento all’art. 7 I. 12 luglio 1991, n.
203, per avere il Tribunale omesso di illustrare gli elementi dimostrativi della
consapevole volontà del Falcomatà di dare un contributo al sodalizio criminale.
3.5. Con il quinto ed ultimo motivo, l’impugnante deduce la violazione di
legge processuale ed il vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, 274 e 275
cod. proc. pen., per avere il Tribunale, da un lato, escluso i pericula libertatis
quanto all’associazione finalizzata al narcotraffico ed ai reati fine in ragione del
lasso temporale trascorso e, dall’altro lato, contraddittoriamente stimato
sussistente nell’attualità il pericolo di reiterazione criminosa quanto
all’associazione mafiosa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso della Procura presso il Tribunale di Reggio Calabria deve essere
dichiarato inammissibile.
1.1. In via preliminare, deve essere rammentato come, col ricorso per
cassazione, non siano coltivabili quei rilievi che, sia pure sotto la formale
“insegna” della contraddittorietà o della manifesta illogicità della motivazione,
siano in effetti tesi ad sollecitare una rivalutazione di questa Sede delle
emergenze processuali e, dunque, una ricostruzione della vicenda sub iudice
diversa e stimata più plausibile di quella recepita nel provvedimento impugnato,
sospingendo questa Corte ad un sindacato eccentrico rispetto al giudizio di
legittimità, limitato alla verifica della completezza e dell’insussistenza di vizi
3

certamente sottordinato a Saverio Mollica.

logici ictu ()culi percepibili (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella,
Rv. 226074).
Con specifico riguardo alla materia delle misure cautelari personali, il ricorso
per cassazione che concerna la valutazione in punto di gravi indizi di
colpevolezza o di esigenze cautelari è ammissibile solo se denuncia la violazione
di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del
provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la
ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi

Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
1.2. Di tali condivisibili coordinate ermeneutiche non ha tenuto conto la
parte pubblica ricorrente nel proporre il ricorso avverso la decisione assunta dal
Tribunale del riesame calabrese nei confronti di Nicola Falcomatà.
1.3. Ed invero, quanto alle incolpazioni in materia di armi di cui ai capi 15) e
16), dopo avere richiamato le emergenze delle captazioni indicate dall’inquirente
a base di tali imputazioni provvisorie (riportate nelle pagine 1239 e seguenti
della primigenia ordinanza coercitiva), il Tribunale ha congruamente
argomentato come il tenore dei dialoghi, giusta la loro equivocità, non consenta
di delineare il diretto coinvolgimento dell’indagato nella detenzione delle armi
sequestrate ai Benavoli (v. pagina 22 dell’ordinanza in verifica).
Risponde, d’altronde, ad un consolidato principio di diritto che gli elementi di
prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni alle quali non abbia
partecipato l’imputato costituiscano fonte di prova diretta soggetta al generale
criterio valutativo del libero convincimento razionalmente motivato, previsto
dall’art. 192, comma 1, cod. proc. pen., senza che sia necessario reperire dati di
riscontro esterno, e che, tuttavia, qualora tali elementi abbiano natura indiziaria,
essi debbano essere valutati alla luce del disposto dell’art. 192, comma 2, cod.
proc. pen. (Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, Amaniera ed altri Rv. 260842).

L’iter

argomentativo svolto dal Collegio calabrese, là dove ha

convincentemente escluso la gravità, precisione e concordanza delle emergenze
delle captazioni, risulta scevro da vizi di ordine logico o giuridico e le doglianze
dell’inquirente si risolvono nella sollecitazione ad una rilettura delle risultanze
delle investigazioni, non consentita in questa Sede.

2. Ad analoghe conclusioni si deve pervenire quanto alla ritenuta
insussistenza delle esigenze cautelari con riguardo alle violazioni della legge sugli
stupefacenti di cui ai capi 37 e 45), 48), 50), 51), 52), 53), 54), 55), 56) e 57).
2.1. Giova premettere come, all’esito della riforma con legge 16 aprile 2015,
n. 47, sulla spinta degli interventi demolitori della Corte costituzionale rispetto a
4

esaminati dal giudice di merito (da ultimo, Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017,

talune ipotesi di presunzione assoluta di idoneità della sola custodia cautelare in
carcere, il legislatore abbia fortemente ridimensionato l’ambito di operatività
delle presunzioni disciplinate dall’art. 275, comma 3, del codice di rito.
Secondo il testo riscritto con la novella del 2015, qualora sussistano gravi
indizi di colpevolezza per i delitti ivi contemplati, opera una duplice presunzione,
l’una di pericolosità, l’altra di adeguatezza della custodia in carcere. La prima
presunzione ha carattere relativo e può essere vinta allorquando “siano acquisiti

elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze caute/ari”. La seconda

sovversiva (art. 270 cod. pen.), di associazione terroristica, anche internazionale
(art. 270-bis cod. pen.), e di associazione mafiosa ex art. 416-bis cod. pen.,
atteso che in detti casi, salvo che – appunto – non sussistano esigenze cautelari,
subentra un apprezzamento legale, vincolante, di adeguatezza della sola
custodia carceraria a fronteggiare le esigenze presupposte, a nulla rilevando la
natura ed il grado delle stesse, con conseguente esclusione di ogni soluzione
intermedia tra la custodia intramuraria e lo stato di piena libertà dell’imputato.
Detta presunzione ha invece natura relativa negli altri casi, dovendo trovare
applicazione la misura carceraria salvo che, “in relazione al caso concreto, le

esigenze caute/ari non possano esser soddisfatte da altre misure”.

Nell’intento di

restringere il campo alla valutazione “bloccata” in punto di valutazione delle
esigenze cautelari e di scelta della misura, in ossequio alle chiare indicazioni dei
Giudici della Consulta, il legislatore ha dunque rimesso al giudice
l’apprezzamento della sussistenza di ragioni di esclusione – eventualmente
evidenziate dalla parte o direttamente evincibili dagli atti – tali da smentire, nel
caso concreto, l’effetto della presunzione e la valutazione circa l’idoneità, pure in
presenza dei gravi reati contemplati dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
(diversi dalle fattispecie associative ex artt. 270, 270-bis e 416-bis cod. pen.), di
una misura più gradata rispetto a quella intramuraria.
2.2. Ai fini della valutazione circa l’eventuale ricorrenza di

“elementi dai

quali risulti che non sussistono esigenze caute/ari’, il decidente cautelare dovrà
considerare le modalità e le circostanze del fatto ed ogni altra circostanza utile
all’attualizzazione della valutazione dei pericula libertatis, quali il tempo trascorso
dai fatti contestati ed eventuali condotte successive dimostrative di una
perdurante (o cessata) pericolosità.
In linea con tale impostazione, con specifico riguardo al caso di
procedimento cautelare per il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre
1990, n. 309, questa Corte ha affermato che, ai fini della prova contraria della
presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari ex art. 275, comma
3, cod. proc. pen., assume rilevanza il fattore temporale, ove esso sia di
5

presunzione ha natura assoluta quando si tratti dei delitti di associazione

notevole consistenza, cosicchè è necessario che l’ordinanza cautelare motivi in
ordine alla rilevanza del tempo trascorso, indicando specifici elementi di fatto
idonei a dimostrare l’attualità delle esigenze cautelari (Sez. 6, n. 53028 del
06/11/2017, Battaglia, Rv. 271576). Sempre con riguardo al reato cui all’art. 74
d.P.R. 309/1990, si è ribadito che la sussistenza delle esigenze cautelari deve
essere desunta – rispetto a condotte esecutive risalenti nel tempo – da specifici
elementi di fatto idonei a dimostrarne l’attualità, in quanto tale fattispecie
associativa è qualificata unicamente dai reati fine, e non postula

del vincolo associativo tipiche del reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.,
risultando quindi inapplicabile la regola di esperienza, elaborata per quest’ultimo,
della tendenziale stabilità del sodalizio, in difetto di elementi contrari attestanti il
recesso individuale o lo scioglimento del gruppo (Sez. 6, n. 52404 del
26/11/2014, Alessi, Rv. 261670; Sez. 4, n. 26570 del 11/06/2015, Flora, Rv.
263871; Sez. 6, n. 1406 del 02/12/2015, Rubini, Rv. 26591701; Sez. 3, n.
17110 del 19/01/2016, Schiariti, Rv. 267160).
2.3. Di tali condivisibili principi ha fatto ineccepibile applicazione il Tribunale
calabrese, nella parte in cui – dopo avere dato conto della integrazione dei gravi
indizi per associazione e delitto fine – ha persuasivamente rilevato come le
violazioni degli artt. 74 e 73 della legge sugli stupefacenti si collochino in un
ambito temporale risalente nel tempo (sino al 2012) e come non sussistano
elementi sintomatici di un obbiettivo pericolo di recidivanza specifica, con
riguardo al rischio di reiterazione di condotte di narcotraffico (v. pagine 24 – 26
e 42 -43 dell’ordinanza)
Né il discorso giustificativo può ritenersi affetto da manifesta illogicità – per
contraddittorietà rispetto alle considerazioni svolte in punto di esigenze cautelari
concernenti la partecipazione all’associazione per delinquere di stampo
‘ndranghetista e le restanti imputazioni -, là dove il Collegio del riesame ha
congruamente escluso che da tali incolpazioni possa desumersi la sussistenza di
un concreto rischio di commissione di “reati della stessa indole”, id est di spaccio
di stupefacente anche in forma organizzata.

3. Il ricorso proposto da Nicola Falcomatà deve essere rigettato.
3.1. Sono inammissibili i motivi con i quali il ricorrente si duole della ritenuta
gravità indiziaria in ordine al reato associativo ex art. 416-bis, comma secondo,
cod. pen. sub capo 1), alla rapina aggravata sub capo 36) ed alla violazione in
materia di armi (sunteggiati ai punti 3.1, 3.2 e 3.3 del ritenuto in fatto).
3.2. Le deduzioni mosse dall’indagato risultano sono all’evidenza tese a
sollecitare una rivalutazione delle emergenze processuali non consentita in
6

necessariamente l’esistenza dei requisiti strutturali e delle peculiari connotazioni

questa Sede, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a ripercorrere

l’iter

argomentativo svolto dal giudice di merito per verificare la completezza e
l’insussistenza di vizi logici ictu ocu/i percepibili, senza possibilità di valutare la
rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis Sez. U, n.
47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
3.3. D’altra parte, il Tribunale del riesame ha esaustivamente motivato tanto
l’esistenza della consorteria, quanto la partecipazione ad esso del ricorrente, con
il ruolo di vertice ascritto.

che portava alla costituzione nel territorio di Brancaleone di un nuovo gruppo
formato da giovani, quello dei c.d. “cumps” collegato a Saverio Mollica (di cui
l’odierno ricorrente è appunto indiziato di fare parte), che tentava di farsi strada
nel settore degli appalti (v. pagine 7 – 15 dell’ordinanza impugnata), il Collegio
del riesame ha ripercorso gli elementi più rilevanti a carico del ricorrente. A tale
proposito, il Tribunale del riesame ha evidenziato come il collaboratore di
giustizia Maurizio Maviglia, dopo avere ricostruito la struttura associativa e le
dinamiche della consorteria nei territori di Bruzzano, Brancaleone e Africo, abbia
collocato Nicola Falcomatà in seno al gruppo criminale con la dote di
“malandrino”. Il Collegio del merito cautelare ha quindi passato in rassegna i
passaggi più significativi delle intercettazioni ambientali effettuate nell’auto di
Filippo Palamara e delle intercettazioni telefoniche, evidenziando gli elementi
stimati confermativi della indicata intraneità di Nicola Falcomatà nella
consorteria, là dove delineano la diretta partecipazione dell’indagato
all’operatività dell’associazione e, segnatamente, all’attività tesa all’acquisizione
degli appalti, all’esercizio del controllo del territorio nonché alla detenzione delle
armi necessarie al fine di dare attuazione al programma criminale
dell’organizzazione (v. pagine 7 – 24 dell’ordinanza).
3.4. Solidamente ancorato alle emergenze delle investigazioni e sostenuto
da un ragionamento non illogico è anche il ritenuto ruolo apicale del ricorrente,
fondato dal Collegio del gravame sulla base degli stretti rapporti del Falcomatà
con Bartolo Morabito, membro di spicco della famiglia; delle attività gestorie e
direttive in concreto esercitate dall’indagato e dell’assunzione di responsabilità in
difesa di soggetti a lui vicini; del diretto interessamento nel mantenimento
dell’ordine sul territorio di Brancaleone, dimostrata dall’episodio intimidatorio in
danno dei Rom (posto in essere su sollecitazione di alcuni commercianti a
seguito di furti subiti dai nomadi che appunto preferivano rivolgersi al ricorrente
piuttosto che alle forze dell’ordine) (v. pagine 9 – 12 e 17 – 18 dell’ordinanza);
del ruolo assunto dal medesimo ricorrente a seguito dell’episodio del
danneggiamento dell’escavatore di Giuseppe Mesiano, allorchè Filippo Palamara
7

Al riguardo, dopo avere preliminarmente dato conto del contesto criminale

organizzava un incontro chiarificatore fra la vittima e Nicola Falcomatà, in quanto
evidentemente ritenuto referente sul territorio per il nuovo gruppo criminale (v.
pagine 8 – 9 dell’ordinanza). Elementi tutti che, con considerazioni non
irragionevoli, i Giudici della cautela hanno stimato dimostrativi – sempre nei
limiti di cui all’art. 273 cod. proc. pen. – di una tendenziale autonomia del
gruppo facente capo al Falcomatà nonchè della posizione di primazia del
ricorrente in seno ad esso.
3.5. Analoghe considerazioni valgono con riguardo alla ritenuta integrazione

quo dal contenuto di plurime intercettazioni passato in rassegna (v. pagine 18 24 dell’ordinanza).
D’altronde, il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio di diritto
secondo il quale gli indizi raccolti nel corso di conversazioni telefoniche
intercettate, a cui non abbia partecipato l’imputato, possano certamente
costituire fonte diretta di prova, senza necessità di reperire riscontri esterni, a
condizione che siano gravi, precisi e concordanti e cioè allorchè: a) il contenuto
della conversazione sia chiaro; b) non vi sia dubbio che gli interlocutori si
riferiscano all’imputato; c) per il ruolo ricoperto dagli interlocutori nell’ambito
dell’associazione di cui fanno parte, non vi sia motivo per ritenere che parlino
non seriamente degli affari illeciti trattati; d) non vi sia alcuna ragione per
ritenere che un interlocutore riferisca il falso all’altro (Sez. 6, n. 8211 del
11/02/2016, Ferrante e altri, Rv. 266509; Sez. 1, n. 40006 del 11/04/2013,
Vetro, Rv. 257398).
3.6. A fronte della precisione, completezza e intima coerenza

dell’iter

argomentativo sviluppato dal Giudice del gravame nell’ordinanza, il ricorso si
risolve nella sollecitazione di una diversa valutazione su aspetti squisitamente di
merito, non consentita in questa Sede, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a
verificare la completezza e l’insussistenza di vizi logici ictu °cui/ percepibili, senza
possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni
processuali (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).

4. Non coglie nel segno il quinto motivo, con il quale il ricorrente attacca la
motivazione del provvedimento impugnato in relazione alla ritenuta integrazione
della circostanza aggravante dell’agevolazione mafiosa ex art. 7 I. 12 luglio
1991, n. 203 (v. punto 3.4 del ritenuto in fatto).
4.1. Non può non convenirsi con il ricorrente nella parte in cui ha denunciato
l’erronea ricostruzione della disciplina di imputazione dell’aggravante in oggetto
da parte del Tribunale calabrese, là dove – dopo avere (correttamente) dato
atto del fatto che la declinazione dell’aggravante concernente l’agevolazione
8

dei gravi indizi quanto alle incolpazioni in materia di armi, evinti dal Giudice a

mafiosa ha natura soggettiva (diversamente dall’ipotesi del metodo mafioso che
ha natura oggettiva) – ha poi ritenuto che la stessa sia applicabile ai sensi
dell’art. 59, comma secondo, cod. pen. (v. pagina 23 dell’ordinanza).
Giova invero rammentare come, secondo l’ormai consolidata lezione
ermeneutica di questa Corte regolatrice, l’aggravante in oggetto abbia natura
oggettiva con riguardo al metodo mafioso e natura soggettiva in relazione
all’agevolazione mafiosa, essendo incentrata su una particolare motivazione a
delinquere e sulla specifica direzione finalistica del dolo e della condotta (Sez. 6,

09/05/2017, Ferrante e altri, Rv. 270590).
Se ne inferisce che, quanto al metodo mafioso, la circostanza aggravante è
configurabile a carico di ogni partecipe che abbia effettiva consapevolezza delle
modalità dell’azione ovvero le ignori per colpa, in ossequio al disposto dell’art.
59, comma secondo, cod. pen. Diversamente, quanto alla finalità di agevolazione
dell’attività dell’associazione di tipo mafioso, nel caso di concorso di persone nel
reato, la circostanza non è applicabile ai concorrenti che non abbiano agito in
base a tale finalità in forza della disciplina speciale prevista dall’art. 118 cod.
pen. prevale su quella generale prevista dall’art. 59, comma secondo, cod. pen.
(Sez. 6, n. 8891 del 19/12/2017, dep. 2018, Castiglione, Rv. 272335).
4.2. Tanto premesso, ritiene nondimeno la Corte che il Tribunale del
riesame, pur incorrendo nel delineato errore giuridico, abbia poi congruamente
argomentato la ritenuta sussistenza dell’aggravante in parola, là dove ha
motivato – con solido ancoraggio alle emergenze processuali e con
considerazioni scevre da illogicità manifesta – la sussistenza dei presupposti per
imputare al Falcomatà l’elemento circostanziale in ragione, da un lato, della
ritenuta intraneità dell’indagato nella compagine associativa, dall’altro lato, e
della consapevolezza (come appunto desunta in termini di gravità indiziaria dal
ruolo svolto in seno alla medesima di addetto all’approvvigionamento militare ed
al suo occultamento) circa la strumentalità degli armamenti al compimento di
illecite attività rientranti negli obbiettivi strategici del sodalizio (v. pagine 18 – 24
dell’ordinanza).

5. All’evidenza destituito di fondamento è l’ultimo motivo in punto di
esigenze cautelari (sub punto 3.5 del ritenuto in fatto).
5.1. Nel reiterare l’omologa doglianza già sottoposta al vaglio del Tribunale,
il ricorrente non si confronta con l’incensurabile corredo motivazionale svolto al
riguardo (v. pagine 42 – 43 dell’ordinanza).
Nell’ordinanza impugnata, il Giudice a quo non si è limitato a rilevare
l’operatività della duplice presunzione di pericolosità sociale e di adeguatezza
9

n. 29816 del 29/03/2017, Gioffre’ e altri, Rv. 270602; Sez. 6, n. 31874 del

prevista dall’art. 275, comma 3, del codice di rito – derivante della contestazione
associativa ex art. 416-bis cod. pen. e dalla ritenuta circostanza aggravante ex
art. 7 I. 12 luglio 1991, n. 203 -, ma ha evidenziato come non emerga
dall’incartamento processuale, nè sia stato dedotto dalla difesa, alcun elemento
dimostrativo della rescissione da parte dell’indagato dei legami con la consorteria
criminale e, dunque, della insussistenza di esigenze cautelari.
In linea con la disciplina dell’istituto processuale contemplato dal citato art.
275, comma 3, (come sopra ricostruita nel paragrafo 2.1 del considerato in

risulti che non sussistono esigenze caute/ari”,

risultava pertanto doverosa

l’applicazione della sola misura di maggior rigore.

6. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna di Nicola Falcomatà al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del P.M.
Rigetta il ricorso di Nicola Falcomatà che condanna al pagamento delle spese
processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso l’8 giugno 2018

diritto), una volta – motivatamente – esclusa la sussistenza di elementi “dai quali

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