Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38504 del 24/05/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 38504 Anno 2018
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: VIGNA MARIA SABINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo
nel procedimento contro:
Blando Giuseppe nato a Favara il 25/07/1964

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Maria Sabina Vigna;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Perla
Lori che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata;

udito il difensore, avv. Maria Alba Nicotra del foro di Agrigento in difesa di
Blando Giuseppe, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 24/05/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Palermo ha
annullato l’ordinanza del locale Giudice per le indagini preliminari in data
11/01/2018 con la quale era applicata a Blando Giuseppe la misura cautelare
della custodia cautelare in carcere in ordine al reato di cui all’art. 416 bis cod.
pen. (capo B) per avere fatto parte dell’associazione “Cosa Nostra”, quale
esponente di vertice della “famiglia mafiosa di Favara”, mantenendo un costante
collegamento con gli altri capi dell’organizzazione mafiosa finalizzato alla

ad imprese ed esercizi commerciali, allo scopo di finanziare l’attività illecita di
“Cosa Nostra”, nonché in ordine al reato di tentata estorsione aggravata ai danni
di un imprenditore del posto (capo O).
La posizione del ricorrente in relazione a quest’ultimo reato è stata
successivamente stralciata e trasmessa per competenza territoriale alla D.D.A.
della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catania.
1.1. Il Collegio della cautela ha evidenziato che nessuna delle condotte
contestate trovava fondamento negli esiti dell’attività di indagine espletata e che
mancavano i gravi indizi di colpevolezza in ordine al concreto contributo fornito
da Blando, avente effettiva rilevanza causale, ai fini della conservazione o del
rafforzamento dell’associazione, nonché in ordine alla commissione del reato fine.

2. Avverso l’ordinanza ricorre il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Palermo, chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata in relazione al capo B) di incolpazione e deducendo i seguenti motivi:
2.1. Vizio di motivazione in relazione alle complessive risultanze istruttorie.
Il Tribunale del riesame ha esaminato unicamente la tentata estorsione in
pregiudizio dell’imprenditore Di Paola, senza valutare alcuni significativi elementi
– quali, ad esempio, l’intercettazione tra Valenti Gerlando e Blando – che
denotavano ampia conoscenza da parte dell’indagato delle dinamiche interne al
sodalizio criminale e significativi rapporti personali con esponenti mafiosi della
provincia di Agrigento.
Il Tribunale, inoltre, non ha dato adeguato rilievo alle dichiarazioni di
Quaranta Giuseppe, limitandosi ad affermare che il predetto aveva escluso che
l’indagato fosse un uomo d’onore e trascurando invece di evidenziare che il
suindicato collaboratore di giustizia ne aveva, invero, sottolineato in diverse
occasioni il ruolo di componente della “famiglia di Favara”.

2

trattazione di affari illeciti, partecipando ad atti intimidatori di carattere estorsivo

2.2 Violazione di legge in relazione agli articoli 416 bis cod. pen., 273 e 192
cod. proc. pen.
In sede cautelare è sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio
idoneo a fondare una qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato.
Il Tribunale del riesame è incorso nell’errore di diritto costituito dalla
violazione del principio della valutazione unitaria della prova, essendosi limitato
ad una valutazione autonoma dei singoli elementi probatori.

1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni che saranno di seguito indicate.

2. Il primo motivo è generico perché non si confronta con le adeguate
motivazioni fornite dal Tribunale del riesame, con ciò omettendo di assolvere la
tipica funzione di una critica argomentata avverso la ordinanza oggetto di ricorso
(Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone e altri, Rv. 243838); per altro verso,
sollecita una rivalutazione di puro merito delle emergenze di indagine, non
consentita a questa Corte di legittimità

(ex plurimis Sez. U, n. 47289 del

24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
2.1. In particolare, quanto all’episodio estorsivo, il Tribunale del riesame,
con motivazione saldamente ancorata alle obiettive risultanze investigative, ha
sottolineato che risultava pacificamente acclarato dalle intercettazioni che a
formulare la richiesta estorsiva furono Errigo Concetto e Battaglia Carmelo,
quest’ultimo reo confesso, entrambi appartenenti alla “famiglia di Comiso”. I
predetti vennero incaricati da Quaranta Giuseppe, quale referente della “famiglia
di Favara”, di formulare la richiesta estorsiva al Di Paola e di indurlo ad affidare
parte dei lavori che stava eseguendo in un cantiere a Lampedusa ad
appartenenti alla suindicata “famiglia”. Poiché Quaranta non corrispose alcuna
somma a Errigo e a Battaglia per l’attività da loro espletata, si crearono contrasti
interni tra le “famiglie” di Comiso e di Favara.
Il Collegio della cautela evidenzia puntualmente che solo in tale momento
Blando venne coinvolto nella vicenda, poiché Battaglia si rivolse a lui affinché lo
mettesse in contatto con Quaranta o con Valenti Gerlando, anch’egli
appartenente alla “famiglia di Favara”. Ed, in effetti, Blando riferì a Valenti che
Battaglia lo stava cercando.
Correttamente il Collegio della cautela ha, pertanto, ritenuto che l’intervento
di Blando fosse successivo alla consumazione del reato e che, dal tenore delle
conversazioni intercettate, emergesse che fino a quel momento il ricorrente non
era stato informato dell’avvenuta richiesta estorsiva.
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CONSIDERATO IN DIRITTO

Corretta e sorretta da logica, secondo un percorso che non segnala
deficienze o contraddizioni, è poi la motivazione spesa dal Tribunale del riesame
nella parte in cui ha osservato che i meri rapporti di frequentazione del ricorrente
con soggetti gravemente indiziati di appartenere al sodalizio mafioso, come
Quaranta Giuseppe e Valenti Gerlando, nonché con esponenti delle “ndrine”
calabresi, non apparivano univocamente indicativi dell’inserimento organico dello
stesso all’interno della “famiglia di Favara”.
Si sottraggono a censure di vizi logico-giuridici ictu ()culi percepibili – e come

le ulteriori deduzioni della ordinanza impugnata in merito alle dichiarazioni di
Quaranta.
Il Collegio della cautela ha, infatti, correttamente rilevato che il coindagato e
collaboratore di giustizia Quaranta Giuseppe, nel corso dell’interrogatorio, ha
dichiarato che Blando non era un “uomo d’onore” della “famiglia mafiosa di
Favara”, ma che si occupava principalmente del traffico di stupefacenti e che gli
incontri con soggetti pregiudicati ed i viaggi dell’indagato a Reggio Calabria,
evidenziati dal G.i.p. perché ritenuti indizianti dell’adesione dello stesso al
sodalizio mafioso, erano, in realtà, finalizzati a rifornirsi di cocaina.
Le dichiarazioni di Quaranta rese in interrogatorio sono state, quindi,
ritenute, con motivazione immune da vizi logici, inidonee a fondare quel giudizio
di gravità indiziaria necessario per l’applicazione della misura cautelare richiesta.
2.2. Deve, sul punto, evidenziarsi che secondo l’orientamento
giurisprudenziale ispirato da una nota sentenza delle Sezioni Unite della Corte di
cassazione (Cass. Sez. U. n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, rv. 231670) nel
quadro di una fattispecie plurisoggettiva come quella descritta dall’art. 416-bis
cod. pen. debba tenersi conto del contributo del singolo partecipante, il quale
non può risolversi in un dato meramente formale, destinato ad essere inteso in
termini puramente astratti, ma deve essere concretamente calato all’interno del
sodalizio esaminato: in tal senso si è rilevato che deve attribuirsi all’elemento
rappresentato dal far parte dell’associazione un significato che ne valorizzi
l’incidenza sull’esistenza e sullo svolgimento dell’attività del sodalizio, cioè un
significato che non si limiti alla statica contemplazione di una qualità, ma si
risolva nell’individuazione di un ruolo dinamico e funzionale.
La citata pronuncia ha dunque in tal senso affermato che «la condotta di
partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica
compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più
che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione
del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a
disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi».
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tali esulanti dal tipo di sindacato in questa Sede correttamente attivabile – anche

Con motivazione immune da vizi logici censurabili in questa sede, il
Tribunale del riesame di Palermo ha sottolineato come la partecipazione di
Blando all’associazione mafiosa non potesse essere desunta da alcun indicatore
fattuale tra i quali, esemplificando, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di
“osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale, l’investitura della qualifica di
“uomo d’onore”, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e però
significativi “facta concludentia” -, idonei senza alcun automatismo probatorio a
dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo.

Palermo si limiti apoditticamente a riproporre gli argomenti che il Tribunale
aveva già motivatamente respinto, escludendo non illogicamente la gravità
indiziaria del quadro probatorio.

3. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato posto che, alla
luce di quanto sopra evidenziato, il Collegio della cautela, ha correttamente
proceduto ad una valutazione unitaria del fatto (Sez. F, n. 38881 del
30/07/2015, Rv. 264515).
Ed, in particolare, ha accertato, in un primo momento, il livello di gravità e
precisione dei singoli indizi, ciascuno isolatamente considerato, ed ha poi
proceduto al loro esame globale e unitario, senza però riuscire a dissolverne
l’indubbia ambiguità.
Proprio in considerazione dell’accertata impossibilità di fornire una lettura
complessiva del quadro probatorio in grado di chiarirne l’effettiva portata
dimostrativa e la congruenza rispetto al tema d’indagine prospettato dall’accusa
nel capo di imputazione, il Collegio della cautela ha correttamente annullato
l’ordinanza del G.i.p..

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 24 maggio 2018

2.3. In conclusione deve ritenersi che il Procuratore della Repubblica di

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