Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3850 del 09/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3850 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GJUZI ERLIND N. IL 02/07/1983
avverso la sentenza n. 2128/2012 GIP TRIBUNALE di TREVISO, del
09/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 09/10/2013

OSSERVA

2. Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto per
motivi manifestamente infondati e, ex articolo 591, comma 1, lettera c), c.p.p.,
perché i motivi sono privi del requisito della specificità, consistendo nella generica
esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione
impugnata.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27 settembre
1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata
della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi
adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la
corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il
giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di
quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a
norma dell’articolo 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui
all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione
soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece,
ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione,
anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione
citata (ex plurimis Cass. IV, 17\10\2006, n. 34494; Cass. I, 6\2\2007, n. 4688).
Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice
decide, invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se
sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le stesse preesistano alla
richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo,
proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p., senza
precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere
applicata nel momento del giudizio.
3. Quanto alla disposta confisca del danaro, va osservato che il giudice di merito ha
evidenziato come al possesso dei valori non era stata data alcuna giustificazione e che
ragionevolmente doveva ritenersi connesso alla attività delittuosa posta in essere, non
svolgendo l’imputato alcuna attività che producesse leciti redditi.
Ne consegue che la coerenza della motivazione sulla confisca disposta rende la
sentenza sul punto incensurabile in questa sede di legittimità (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza
n. 28750 del 21/03/2002 Ud. (dep. 26/07/2002), Chiascone, Rv. 222062; Cass. Sez. 4, Sentenza
n. 4844 del 02/12/2003Ud. (dep. 06/02/2004), Rv. 229371).

Quanto alla confisca dei telefoni cellulari, dal verbale di arresto richiamato dalla
sentenza, si rileva che sono stati il mezzo per mantenere i contatti per l’illecito
traffico.
4. Infine, Quanto all’ordine di espulsione, questa Corte ha più volte ribadito che “la
misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato a pena
espiata, prevista in ordine al reato di spaccio di sostanze stupefacenti dall’art. 86,

1. L’imputato Gjuzi Erlind ricorre per cassazione contro la sentenza di applicazione
concordata della pena in epigrafe indicata per il delitto di cui all’art. 73 T.U. 309 del
1990, in relazione alla illecita detenzione di gr. 133 netti di cocaina (acc. in Vedelago il
6\4\2012), deducendo carenza di motivazione della medesima in ordine alla mancata
applicazione dell’art. 129 c.p.p.; alla confisca del danaro e quanto altro in sequestro
ed al provvedimento di espulsione.

comma primo, d.P.R. n. 309 del 1990, può essere applicata con la sentenza di
patteggiamento quando la pena irrogata superi i due anni di pena detentiva sola o
congiunta a pena pecuniaria” (Cass. IV, 42841\08, Jara).
Nel caso di specie la pena patteggiata è stata di anni quattro e mesi sei di reclusione,
per cui legittimamente è stata applicata la misura di sicurezza. Resta, pertanto,
preclusa ogni successiva doglianza al riguardo.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese delle spese processuali e della somma di C 1.000= in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 9 ottobre 2013
Il Consigli re estensore

5. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende,
non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1.000,00 (mille/00) a titolo di
sanzione pecuniaria.
P.Q.M.

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