Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 385 del 29/09/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 385 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: ESPOSITO ALDO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
AZZI ELLI MARCO nato il 09/01/1968 a CANEGRATE

avverso la sentenza del 13/01/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ESPOSITO;

Data Udienza: 29/09/2017

RILEVATO IN FATTO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Milano ha
confermato la sentenza del Tribunale di Monza del 22/04/2016 di condanna nei
confronti di Azzi Elli Marco alla pena di mesi otto di arresto ed euro
millecinquecento di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 4 L. n. 110 del
1975.
Avverso tale sentenza l’Azzi, a mezzo del suo difensore, ricorre per

sentenza di primo grado, senza fornire un autonomo percorso logico
motivazionale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è basato su un motivo non proponibile in sede di legittimità.
La sentenza impugnata, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso,
contiene un’adeguata descrizione della condotta illecita e il riferimento alla
mancanza di spiegazioni dell’imputato in ordine al possesso di pugnali e sciabole.
Il ricorrente, peraltro, si limita a dolersi dell’assenza di motivazione, senza
codnm:etulteriori specificazioni in ordine al proprio assunto.
Ebbene, è inammissibile il ricorso per Cassazione i cui motivi si limitino
genericamente a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa a quella
accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od
omissioni argomentative ovvero illogicità della motivazione di questa, idonee ad
incidere negativamente sulla capacità dimostrativa del compendio indiziario
posto a fondamento della decisione di merito (Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015,
Falbo, Rv. 264441). Il ricorso per Cassazione, infatti, deve contenere la precisa
prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a
verifica (Sez. 2, n. 13951 del 05/02/2014, Caruso, Rv. 259704).
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la

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conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle
ammende, determinabile in 2.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

2

Cassazione, deducendo che la Corte territoriale si è limitata a confermare la

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 29 settembre 2017.

Al• o Esp si o

Il Presidente
Angela Tardio

Il Consigliere estensore

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