Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38483 del 30/05/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 38483 Anno 2018
Presidente: CERVADORO MIRELLA
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere,
avverso l’ordinanza del 05/03/2018 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere,
nei confronti di:
1) Iodice Chiara, nata a Napoli il 18/10/1988,
2) Palumbo Giuseppe, nato a Caserta il 22/12/1992,
3) Martone Antonio, nato a Portogruaro il 02/12/1994,
4) Giuliano Giorgio, nato a Caserta il 31/01/1966,
5) Palmesano Elena, nata a Caserta il 10/10/1984,
6) Lancia Marco, nato a Napoli il 28/12/1987,
7) Calafiore Roberto, nato a Napoli il 09/02/1989,
8) Palmesano Massimiliano, nato a Capua il 14/04/1980,
9) Palmesano Dario, nato a Capua il 12/08/1991,
10) Zaccariello Angelo, nato a Caserta il 29/04/1995;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
1

Data Udienza: 30/05/2018

udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Perla
Lori, che ha chiesto l’annullamento con rinvio;

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere
confermava il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari del
medesimo Tribunale aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo avanzata

di proprietà comunale in

quanto abusivamente occupato dagli indagati, ai quali si contestano i reati di cui
agli artt. 633-639-bis, 639 e 677, comma 2, cod.pen..
2. Il Tribunale rilevava che non fosse configurabile il fumus dei reati ipotizzati:
a)

in ordine al reato di cui all’art. 633 cod.pen., perché gli indagati erano

bambini al tempo in cui l’ex macello comunale era stato

occupato dal centro

sociale Tempo Rosso, il Comune aveva prestato ventennale acquiescenza alla
occupazione, sostanzialmente legittimandola ed impedendo la configurazione
dell’elemento soggettivo in capo agli indagati;
b) in ordine al reato di cui all’art. 639, comma 2, cod.pen., perché i murales
dipinti sui muri dell’immobile non rientravano nel concetto di imbrattamento, non
era noto chi li avesse dipinti e neppure poteva configurarsi il dolo del reato,
anche in conseguenza della mancanza dell’elemento soggettivo del reato di cui

all’art. 633 cod.pen.;
c) quanto al reato di cui all’art. 677, comma 2, cod.pen., perché non vi era prova
di una situazione di pericolo idonea a mettere a rischio l’incolumità delle persone
ed, in ogni caso, non sarebbe spettato agli indagati porvi rimedio ma, semmai, al
Comune, proprietario dell’immobile.
2. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua
Vetere, deducendo:
1) violazione di legge per avere il Tribunale qualificato il reato di cui all’art. 633
cod.pen. come istantaneo ad effetti permanenti anziché come reato permanente,
dalla cui natura dovrebbe discendere la sussistenza dell’illecito contestato agli
indagati anche sotto il profilo soggettivo.
Si dà atto che nell’interesse degli indagati è stata depositata una memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.
1.La questione giuridica sulla natura permanente o meno del reato di cui all’art.
633 cod. pen., posta dal ricorrente, non rileva in questa sede, tenuto conto che il
2

dal Pubblico ministero in relazione ad un immobile

Tribunale ha, comunque, escluso la sussistenza del fumus del reato anche sotto
il profilo inerente all’elemento soggettivo, a causa del lungo periodo di tempo,
circa 20 anni, in cui il Comune, proprietario dell’immobile, aveva prestato
acquiescenza alla supposta occupazione abusiva, ingenerando il convincimento
negli indagati, attraverso atti positivi come il pagamento dell’utenza relativa al
consumo di energia elettrica dell’immobile, della legittimità dell’occupazione, così
escludendone il dolo.
Sotto questo profilo, il ricorso è del tutto generico e non configura alcuna

sintomatico significativo e che, per questo, non può dirsi meramente apparente.
Ne consegue il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 30.05.2018.

violazione di legge, a fronte di una motivazione che ha valorizzato un elemento

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