Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38481 del 30/05/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 38481 Anno 2018
Presidente: CERVADORO MIRELLA
Relatore: COSCIONI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MOLNAROVA BEATA nato il 02/07/1977

avverso l’ordinanza del 08/02/2018 della CORTE APPELLO di BRESCIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE COSCIONI;
lette le conclusioni del PG M.Francesca LOY, che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso;

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Data Udienza: 30/05/2018

RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza dell’8 febbraio 2018, la Corte di appello di Brescia
dichiarava inammissibile l’istanza di revisione di Molnarova Beata della sentenza
di condanna alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed C 800,00 di multa
per i reati di cui all’art. 648 bis cod.pen.
1.1 Avverso l’ordinanza ricorre per Cassazione il difensore della Molnarova,
lamentando come la Corte di appello avesse ritenuto la nuova dichiarazione
testimoniale, resa in forma scritta dall’originario coimputato Di Munno Carlo Luigi,

valutazione preliminare di ammissibilità delle revisione in quanto aveva condotto
un penetrante sindacato di merito sulla concludenza probatoria; la dichiarazione
di Di Munno costituiva nuovo elemento di prova, estraneo e diverso rispetto a
quelli valutati negli atti processuali ed idoneo a ribaltare l’esito decisorio; la Corte
di appello aveva illegittimamente proceduto ad apprezzamenti di merito, che
avrebbero dovuto invece essere riservati alla fase successiva, anticipando dunque
il pieno giudizio di merito della revisione nella fase della delibazione di
ammissibilità della richiesta; la Corte di appello era poi incorsa in travisamenti
degli atti processuali e trascurato circostanze che avrebbero reso decisiva la
dichiarazione sopravvenuta di Di Munno in ordine alla liceità delle operazioni
commerciali condotte da Saia ed alla mancata conoscenza in capo a Saia ed alla
Molnarova delle provenienza illecita delle somme loro corrisposte; anche
l’asserita mancanza di riscontri alle dichiarazioni di Di Munno era frutto di un
grave travisamento della prova, posto che il racconto dello stesso trovava piena
conferma della deposizione del coimputato Zanzottera, che aveva reso
dichiarazioni ampiamente liberatorie nei confronti della ricorrente.
1.2 II Procuratore generale depositava conclusioni scritte nelle quali
chiedeva dichiararsi inammissibile il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.11 ricorso è manifestamente infondato.
2.1 Ai fini dell’ammissibilità della richiesta di revisione, il giudice è tenuto a
valutare l’attitudine dimostrativa di una soluzione liberatoria delle nuove prove
dedotte, attitudine che non può essere confusa con una pretesa novità del tema
probatorio, elemento del tutto estraneo all’istituto della revisione penale, posto
che esso impone che proprio lo stesso tema venga rivisitato in base a nuove
prove, ove queste siano dimostrative dell’innocenza del condannato;
Si deve ricordare che, in tema di “nuove prove”, fondanti la richiesta di
revisione, alla Corte territoriale spetta, comunque, il giudizio sulla manifesta
infondatezza della richiesta medesima, seppure questo si debba limitare ad una
sommaria delibazione degli elementi di prova addotti, rilevabile “ictu oculi” e

insufficiente per pronosticare un esito assolutorio, violando i limiti della

senza necessità di approfonditi esami (ex plurimis: Sez. 6, n. 2437 del
03/12/2009, Giunta, Rv. 245770); si è anche precisato che le dichiarazioni poste
a base dell’istanza di revisione debbono preesistere alla sua presentazione per
consentire al giudice adito la valutazione preliminare di ammissibilità contemplata
dall’art. 634 cod. proc. pen., in relazione all’art. 633, comma primo, del
medesimo codice (Sez. 1, n. 6897 del 05/12/2014, Monaco, Rv. 262484).
Se ne deduce, pertanto, che le “nuove prove” debbono essere portate
all’attenzione della Corte territoriale, anche nella fase rescindente, per consentire
un adeguato giudizio (e non una supina adesione agli assunti difensivi),

Ciò premesso, risulta priva di vizi logici manifesti la decisione della Corte
bresciana che ha dichiarato l’inammissibilità della richiesta in tema di nuove
prove: la Corte di appello, con motivazione logica e coerente, ha escluso che le
dichiarazioni di Di Munno possano portare ad una sentenza di assoluzione, alla
luce degli ulteriori elementi già valorizzati: in particolare, la Corte ha evidenziato
innanzitutto come nel caso in cui si versi, come nella specie, in una ipotesi di
prova nuova basata sulla dichiarazione liberatoria di un correo, non soltanto
dovrà procedersi al relativo apprezzamento in correlazione, e soltanto in
presenza, di altri elementi che ne confermino l’attendibilità (secondo il paradigma
offerto dall’art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen), ma occorrerà, anche, che le
risultanze di un siffatto apprezzamento determinino risultati in chiave di
“decisività”, sul versante della relativa plausibilità dimostrativa, in rapporto alle
prove già acquisite.
Pertanto, già solo la mancanza di qualsiasi riscontro alle dichiarazioni di
Munno sarebbe sufficiente per ritenere inammissibile l’istanza di revisione; non si
può infatti ritenere che costituisca riscontro alle dichiarazioni di Di Munno la
deposizione del coimputato Zanzottera (peraltro non prodotta), posto che questa
stessa Corte, con sentenza della sesta sezione n.53170 dell’11.11.2016 ha
confermato la sentenza che aveva respinto un’istanza di revisione proposta dalla
Molnarova e da Saia basata proprio sulle dichiarazioni di Zanzottera
La Corte di appello ha poi comunque evidenziato come la dichiarazione
liberatoria, proveniente da fonte probatoria legata dall’imputato da rapporti molto
stretti, essendosi definito persona di sua fiducia, sia intervenuta a distanza di
anni dalla definizione del processo a carico di Saia, che in tale sede non aveva
chiesto l’esame di Di Munno; ha sottolineato l’inidoneità di dette dichiarazioni a
privare di valore gli elementi che la sentenza di condanna aveva valorizzato a
carico della Molnarova, tra cui i riscontri documentali in ordine alle operazioni
bancarie, l’inverosimiglianza che per ben tre volte la somma di C 650.000,00
fosse stata inviata per errore sul conto della Molnarova, il fatto che comunque la
Molnarova fosse stata destinataria di parte della somma e che aveva operato in
prima persona sul conto corrente girando assegni a se stessa, la considerazione
che la Molnarova operava quando Saia era impossibilitato a farlo perché agli

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quantomeno sulla loro pertinenza.

arresti dorniciliari, tutte circostanze incompatibili con la dichiarazione di Di Munno
secondo la quale la Molnarova nulla sapeva degli affari di Saia e che l’arrivo della
somma sul suo conto era frutto di una regolare transazione; relativamente a tale
ultimo aspetto, la Corte di appello ha sottolineato e l’assoluta inverosimiglianza
della dichiarazione di Di Munno secondo la quale Di Lucia Claudio, dopo avere
versato un acconto di C 650.000,00 per l’acquisto di una proprietà di Sala situata
a Londra, fosse poi scomparso, rinunciando a chiedere la restituzione della
somma, che veniva quindi lasciata a Sala senza alcun titolo giustificativo;
correttamente, pertanto, la Corte di appello è giunta alla conclusione che le

revisione.
3. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento
a favore della Cassa delle ammende della somma di C 2.000,00 così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 30/05/2018

dichiarazioni di Di Munno si rivelassero del tutto inidonee a fondare una istanza di

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