Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3847 del 09/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3847 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
KHEDRI MOHAMED N. IL 18/04/1970
avverso la sentenza n. 567/2012 CORTE APPELLO di ANCONA, del
20/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 09/10/2013

OSSERVA

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo la violazione di legge e vizio
di motivazione :
– in ordine alla pronuncia di condanna in assenza di prova certa;
– in ordine alla disapplicazione della aggravante, non essendo provata la conoscenza
della minore età degli acquirenti;
– in ordine alla mancata disapplicazione della recidiva ed al trattamento sanzionatorio.
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Invero, in ordine alla affermazione della penale responsabilità, le censure mosse
non sono consentite nel giudizio di legittimità, atteso che è stata riproposta la
medesima tesi già esaminata dalla Corte di merito. Nella giurisprudenza di legittimità
è stato affermato il seguente principio di diritto: “E’ inammissibile il ricorso per
cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non
specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non
solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art.
591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (in termini, Sez. 4, N. 256/98 ud. 18/9/1997

RV. 210157; nello stesso senso Sez. 4, N. 1561/93

ud. 15/12/1992

RV. 193046).

Nella concreta fattispecie la Corte territoriale ha dato adeguatamente conto del
proprio convincimento, vagliando analiticamente le questioni sottoposte al suo esame
ed evidenziando come la responsabilità dell’imputato emergesse chiara dalla
istruttoria svolta.
Le censure sul punto mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un dissenso
generico rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di
primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non
consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza
impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle
argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui
avere rilievo.
3.2. Quanto alla contestata aggravante dell’art. 80, va rammentato che questa Corte
ha avuto modo di statuire che “Ai fini della attribuibilità della circostanza aggravante
di cui all’art. 80, comma primo, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990, inerente alla consegna
delle sostanze stupefacenti a persone di minore età, è necessario accertare, ai sensi
dell’art. 59, comma secondo, cod. pen., la colpevolezza del soggetto attivo anche in
relazione alla circostanza contestata, dimostrando che la stessa sia da lui conosciuta,
ovvero ignorata per colpa o ritenuta inesistente per errore dovuto a colpa” (Cass. Sez.
6, Sentenza n. 20663 del 29/01/2008 Ud. (dep. 22/05/2008), Rv. 240058).

Nel caso di specie, il minore Masrare, come osservato dal giudice di merito,
frequentava la casa dell’imputato perché amico del figlio. Pertanto il Khedri non ne
poteva ignorare la minore età, se non per colpa.
3.3. Infine, il ricorrente pretende che in questa sede si proceda ad una rinnovata
valutazione delle modalità mediante le quali il giudice di merito ha esercitato il potere
1

1. Con la sentenza in epigrafe veniva confermata la condanna di Khedri Mohamed
,., per il delitto di cui agli artt. 73-80 T.U. 309 del 1990 per plurima attività di cessione di
stupefacenti anche a minori di età (acc. in Pesaro il 8\4\2011). All’imputato, con la
concessione della attenuante del fatto di lieve entità equivalente all’aggravante ed alla
recidiva reiterata specifica infraquinquennale, veniva irrogata la pena di anni 8 di
reclusione ed € 36.000= di multa.

4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende,
non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1000,00 (mille/00) a titolo di
sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende .
Così deciso in Roma il 9 ottobre 2013
Il Consi lier estensore

discrezionale a lui concesso dall’ordinamento ai fini della valutazione del giudizio di
comparazione dell’attenuante con le aggravanti e la recidiva. In proposito va ricordato
che questa Corte di legittimità, con giurisprudenza consolidata ha statuito che “Le
statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti
sono censurabili in cassazione soltanto nella ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio
o di ragionamento illogico, essendo sufficiente a giustificare la soluzione della
equivalenza aver ritenuto detta soluzione la più idonea a realizzare l’adeguatezza della
pena irrogata in concreto” (Cass. I, 15542\01, Pelini).
Nel caso di specie, il giudice di merito, con adeguata motivazione, ha spiegato di non
ritenere il ricorrente meritevole della diminuzione di pena, previa disapplicazione della
recidiva, in ragione dei reiterati e specifici precedenti penali che consentivano di
ritenere il fatto ‘commesso come manifestazione di inclinazione a delinquere nel campo
della droga. Né era possibile ritenere la subvalenza delle aggravanti, in ragione della
entità del fatto e dei plurimi precedenti, indici di una negativa personalità.
Si tratta di considerazioni ampiamente giustificative del diniego di disapplicazione
della recidiva reiterata e specifica e del giudizio di comparazione, che le censure del
ricorrente non valgono a scalfire.

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