Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38466 del 12/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38466 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
KOLGJINI MAJKELL N. IL 08/03/1993
avverso l’ordinanza n. 74/2013 TRIB. LIBERTA’ di ANCONA, del
01/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEP GRASSO;
Jettei‘sentite le conclusioni del PG Dott. I/

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Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 12/07/2013

FATTO E DIRITTO

1. Il G.I.P. del Tribunale di Macerata in data 8/2/2013, dispose l’applicazione
della misura della custodia cautelare nei confronti di Kolgjini Majkell, sottoposto
ad indagini in ordine al delitto di cui agli artt. 110, cod. pen. e 73, d.P.R. n.
309/1990, perché, in concorso con due persone minori d’età, coltivava svariate
piante di marijuana, oltre a detenere non per uso personale 12,946 Kg. di
marijuana suddivisa in panetti, oltre ad altri 90 gr. sfusi. Il Tribunale del Riesame

2/3/2013 (udienza dell’1/3/2013), confermò l’ordinanza custodiale.

2. Per un’adeguata intelligenza della vicenda e per quanto rileva in questa sede
appare utile ricordare le circostanze salienti del fatto, siccome richiamate nel
provvedimento gravato: in un terreno abbandonato, sito in contrada San Savino
di Civitanova Marche, la P.G. aveva avuto modo di rinvenire un borsone
contenente il cospicuo quantitativo di sostanza stupefacente di cui s’è detto e
scoprire, a circa 100 m. di distanza una avviata coltivazione di piante di
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alla quale stava dando l’acqua uno dei due minorenni; quest’ultimo,
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tratto in arresto flagrante, all’udienza di convalida aveva dichiarato di avere
avuto incarico dall’altro minorenne e dall’odierno ricorrente di curare la
piantagione dietro promessa di un regalo finale; il materiale utilizzato per la
coltivazione si accertava essere stato venduto da una locale azienda vivaistica al
Kolgjini; la P.G. appurava, inoltre, significativi scambi telefonici tra i minori e
utenza telefonica in uso al maggiorenne; infine, si constatava che in un borsone,
in tutto identico (e caratterizzato dai medesimi disegni e fantasia) a quello posto
sette giorni prima sotto sequestro e contenente quasi 13 chili di sostanza
stupefacente, rinvenuto sul luogo della coltivazione, insieme a materiali da
coltivazione, e per confezionare lo stupefacente (incluso un bilancino), v’era
conservata marijuana per grammi 90, la quale, ad un accertamento tecnico era
risultata compatibile con il maggior quantitativo in precedenza posto sotto
sequestro.

3. Il Kolgjini propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del
riesame, prospettando plurime censure.

3.1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 306, cod. proc.
pen. Il 7/1/2013 il GIP di Macerata aveva emesso ordinanza di custodia
cautelare ai danni del medesimo indagato e per gli stessi fatti; il competente
Tribunale del riesame, con provvedimento del 29/1/2013, aveva dichiarato la

di Ancona, al quale l’indagato si era rivolto, con provvedimento depositato il

perdita di efficacia dell’ordinanza custodiale per l’impossibilità di pronunciare sul
proposto riesame nei termini perentori di cui all’art. 309, commi 9 e 10, cod.
proc. pen. Ciò premesso, poiché la seconda ordinanza non conteneva alcun
elemento di novità rispetto alla prima, secondo l’assunto impugnatorio, non era
consentito reiterare il provvedimento.

3.2. Con il secondo motivo il Kolgjini deduce vizio motivazionale per avere il
giudice del riesame deliberato, disattendendo l’istanza difensiva, nonostante non

fondamento del proprio provvedimento.

3.3. Con il terzo motivo il ricorrente si duole dell’assenza di motivazione in
ordine all’effettiva offensività della condotta.

3.4. Con l’ultimo motivo viene dedotto vizio motivazionale a riguardo dei gravi
indizi di colpevolezza, evidenziando in particolare che: a) il borsone e le piantine
erano stati rinvenuti in spazi aperti; b) il minorenne propalante, unico
responsabile, che abitava nei pressi della coltivazione, aveva interesse a
discolparsi, incolpando l’adulto; c) i pretesi contatti tra il ricorrente e tale Qevani
Klenis avevano trovato smentita nelle successive indagini.

4. Il primo motivo non supera il vaglio d’ammissibilità a cagione della sua
manifesta infondatezza.
Con condiviso ragionamento questa Corte da tempo ha reiteratamente affermato
l’assenza di preclusione di sorta in presenza di perdita d’efficacia della misura per
ragioni formali, giungendo a precisare (Sez. V, n. 35931 del 157772010) che
qualora si determini l’inefficacia della misura , ex art. 309, comma decimo, cod.
proc. pen., per il superamento dei termini previsti dal comma nono, dello stesso
articolo, è legittima la reiterazione della misura cautelare, ancorché applicata
prima che sia posto in esecuzione il provvedimento di liberazione conseguente
alla perdita di efficacia della precedente ordinanza, poiché la regola della
preclusione processuale, in forza del principio del “ne bis in idem”, opera solo
quando il provvedimento sia annullato in conseguenza di un riesame nel merito e
non quando l’inefficacia della misura sia conseguenza di vizi puramente formali
(conformi, Cass. n. 565 del 1995 Rv. 201021, n. 3972 del 1997 Rv. 208193, n.
4724 del 1999 Rv. 214100, n. 796 del 2000 Rv. 215733, n. 20494 del 2003 Rv.
227209).

5. Il secondo motivo è infondato.

fosse stata trasmessa la consulenza tossicologica, che il GIP aveva posto a

Si è, a suo tempo precisato (S.U. n. 25932 del 29/5/2008) che in tema di misure
cautelari reali, l’omessa o tardiva trasmissione di atti al tribunale del riesame
non determina, di per sé, l’automatica caducazione della misura, dovendosi in
ogni caso valutare il grado di rilevanza degli elementi che difettano, ponendoli a
confronto con quelli già legittimamente acquisiti, i quali potrebbero essere da soli
sufficienti a giustificare il mantenimento del vincolo (Conf. S.U., 29 maggio 2008
n. 25933, Malgioglio, non massimata sul punto).
Ora, nel caso in esame, a prescindere dall’esistenza o meno di una vera e

per l’ipotesi che la stessa non sussista e sia trattato di mere conclusioni verbali
riportate a verbale), sussistono, come puntualmente evidenziato dal Tribunale,
gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente (la chiamata di correo, il
verificato collegamento tra i tre indagati, l’approvvigionamento di quanto di
necessario per la coltivazione operato dal Kolgjini).
Più in generale, anche avuto riguardo all’ultimo motivo, vai la pena osservare
come assai di recente questa Corte (Sez. V, 5/6/2012, n. 36079) ha avuto modo
di chiarire che la nozione di gravi indizi di colpevolezza non è omologa a quella
che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di
colpevolezza finale. Al fine dell’adozione della misura è sufficiente l’emersione di
qualunque elemento probatorio idoneo a fondare <

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