Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38451 del 11/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38451 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IODICE GAETANO N. IL 20/04/1963
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 52/2007 CORTE APPELLO di BARI, del
20/03/2012

a

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
lettehaentite le conclusioni del PG Dott.

o. ii.p.-

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 11/04/2013

Ritenuto in fatto.
-1- Iodice Gaetano propone ricorso per cassazione, per mezzo del difensore, avverso
l’ordinanza della Corte d’Appello di Bari, del 20 marzo 2012, che ha respinto l’istanza di
riparazione per l’ingiusta detenzione dallo stesso sofferta dal 17 giugno 1997 al 21 novembre
2000, essendo jpto aggiunto da provvedimento di custodia cautelare perché indagato per il
delitto di omicW
iato ed altro. Reati dai quali è stato, successivamente, assolto.

-3- Avverso tale decisione viene, dunque, proposto ricorso per cassazione, con il quale si
deduce il vizio di motivazione del provvedimento impugnato con riguardo alla
individuazione, in capo al ricorrente, di comportamenti gravemente colposi, ritenuti ostativi
al riconoscimento del diritto alla riparazione.
Con nota del 28 novembre 2012, il ricorrente ha dichiarato di rinunciare all’udienza
pubblica.
-3- L’Avvocatura Generale dello Stato, costituitasi in giudizio nell’interesse del Ministero
dell’Economia e delle Finanze, chiede dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso.
Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato.
-1- In tema di riparazione per ingiusta detenzione, con riguardo all’an debeatur, questa
Corte ha affermato che il giudice di merito deve verificare se chi l’ha patita vi abbia dato
causa, ovvero vi abbia concorso, con dolo o colpa grave. A tal fine, egli deve prendere in
esame tutti gli elementi probatori disponibili, relativi alla condotta del soggetto, sia
precedente che successiva alla perdita della libertà, al fine di stabilire se tale condotta abbia
determinato, ovvero anche contribuito a determinare, la formazione di un quadro indiziario
che ha provocato l’adozione o la conferma del provvedimento restrittivo. Di guisa che non ha
diritto all’equa riparazione per la custodia cautelare sofferta chi, con il proprio
comportamento, anteriore o successivo alla privazione della libertà personale (o, in generale,
a quello della legale conoscenza di un procedimento penale a suo carico), abbia dato o
concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, attraverso comportamenti specifici, nei cui
confronti dovrà essere accertato il rapporto, ancorato a dati certi e non congetturali, con il
provvedimento restrittivo.
La medesima Corte ha ancora affermato che la valutazione di tali comportamenti deve
essere eseguita, non rapportandosi ai canoni di giudizio propri del processo penale, che è
diretto ad accertare se la condotta dell’imputato costituisca reato, bensì a quelli propri del
procedimento di equa riparazione, che è diretto ad accertare se talune condotte abbiano
quantomeno concorso a determinare l’adozione del provvedimento restrittivo; valutazione
che deve essere, ovviamente, accurata ed approfondita, di guisa che la decisione adottata
rappresenti il risultato di un procedimento logico-giuridico chiaramente esplicitato e coerente
rispetto agli elementi oggetto di esame. In tale contesto, assumono rilievo anche i
comportamenti di tipo processuale, e dunque esterni ai temi d’imputazione, tenuti
dall’imputato che, essendo a conoscenza del procedimento a suo carico, si comporti, nel
difendersi, in maniera contraddittoria, tale da suscitare o accentuare il sospetto di una sua
partecipazione al delitto, ovvero con rilevante imprudenza e grossolana incuria.

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-2- La corte d’appello ha rigettato l’istanza, avendo ritenuto che l’odierno ricorrente, con la
sua condotta gravemente colposa, aveva contribuito a dar causa al provvedimento restrittivo.

-3- Il ricorso deve essere, quindi, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle
spese processuali ed alla rifusione delle spese del presente giudizio, in favore del Ministero
resistente, che si liquidano in complessivi euro 750,00.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla
rifusione delle spese in favore del Ministero resistente che liquida in complessivi euro
750,00.
Così deciso in Roma, 1’11 aprile 2013.

-2- Orbene, a tali principi, che questa Corte pienamente condivide, si è attenuta la corte
territoriale che ha ritenuto, sulla base di quanto emerso in sede di indagini, con motivazione
adeguata sotto il profilo logico e nel rispetto della normativa di riferimento, che la condotta
del richiedente avesse contribuito ad ingenerare, sia pure in presenza di errore dell’autorità
inquirente, la rappresentazione di una condotta illecita dalla quale è scaturita, con rapporto di
causa-effetto, la detenzione ingiustamente sofferta.
In particolare, il comportamento del Iodice, ostativo nei termini indicati dall’art. 314 cod.
proc. pen., è stato dal giudice della riparazione legittimamente individuato nel fatto che
l’esponente si era trovato, il giorno dell’omicidio, a circolare alla guida della moto di
proprietà di Grimaldi Vincenzo (privo di patente), a bordo della quale si trovava lo stesso
Grimaldi, esecutore materiale dell’omicidio.
Circostanza che ha indotto gli inquirenti, che in merito avevano avuto precise informazioni
da taluni soggetti indottisi a collaborare, ad adottare provvedimenti restrittivi anche nei
confronti del Iodice.
Costui, ha rilevato il giudice della riparazione, si era intrattenuto con l’omicida,
sostanzialmente conducendolo nel luogo ove la vittima è stata rintracciata, pur avendo avuto,
secondo quanto dallo stesso Iodice sostenuto, la diretta percezione che l’altro fosse armato.
La persistente condiscendenza manifestata dall’esponente verso il Grimaldi, che gli aveva
chiesto di “andare a fare un giro”, malgrado lo stesso fosse armato, è stata giustamente
valorizzata dalla corte territoriale. Mentre la circostanza, pure riferita da, Iodice, che il
Grimaldi lo aveva minacciato con la pistola, per indurlo a salire sulla moto dopo avere
lasciato il figlio di quattro anni che era con lui, non rende il comportamento del richiedente
meno significativo in termini di colpa, posto che, allontanatosi, sia pure di poco e per pochi
attimi, per lasciare il bambino, egli avrebbe avuto la possibilità di sottrarsi alla richiesta del
Grimaldi, e quindi alle prevedibili conseguenze alle quali andava incontro accompagnandosi
con un individuo armato.
Il sindacato del giudice di legittimità sul provvedimento che rigetta o accoglie la richiesta
di riparazione è, d’altra parte, limitato alla correttezza del procedimento logico-giuridico
attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla decisione; mentre resta di esclusiva
pertinenza di quest’ultimo la valutazione dell’esistenza e dell’incidenza della colpa o
dell’esistenza del dolo. Anche in ragione di ciò, l’ordinanza in esame non merita di essere
censurata, essendo la decisione impugnata del tutto coerente rispetto alle circostanze emerse
in sede processuale, correttamente valutate dalla corte territoriale e perfettamente in linea con
i principi di diritto affermati da questa Corte in tema di riparazione.

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