Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38449 del 11/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 38449 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sut ricors0 proposte; da:
1) ZLUPKO YURIY N. IL 05/09/1979
nei confronti di:

2)

MINISTERO ECOMIXfA E FINANZE
inoltre:
1/0
MINISTERO ECOMF4A E FINANZE

c÷it. c4 2 L P 1( o

avverso l’ordinanza n. 70/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
06/12/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. W/Afxu_e_
USAAPAA-4(b~r) erOv..

ttk riV1)/t

/1A/

Udit i difenso

.;

j•-•-•\:A”.tAi

UR

ir

Data Udienza: 11/04/2013

Ritenuto in fatto.

-2- I ricorrenti deducono:
A) L’Avvocatura Generale dello Stato:
a) Violazione di legge e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, in relazione alla
ritenuta sussistenza del presupposto del non avere concorso a cagionare, con dolo o colpa
grave, l’adozione del provvedimento restrittivo; la corte territoriale, si sostiene nel ricorso,
non avrebbe preso in esame talune significative circostanze che evidenzierebbero come, in
realtà, lo Zlupko avesse, con la sua condotta, concorso a dar causa alla misura cautelare;
b) Vizio di motivazione per omessa valutazione del concorso, da parte del richiedente,
nell’adozione del provvedimento custodiale, seppur in assenza di colpa grave;
c) Vizio di motivazione con riguardo alla mancata condanna dello Zlupko alla rifusione
delle spese del procedimento.
B) Zlupko Yuriy:
a) Vizio di motivazione del provvedimento impugnato con riferimento alla quantificazione
dell’indennizzo;
b) Vizio di motivazione con riguardo alla mancata condanna del Ministero al pagamento
delle spese processuali. valutata in base alle indicazioni dell’art. 1227 co. 2 cod. civ.;
c) Vizio di motivazione con riguardo alla mancata condanna del Ministero alla rifusione
delle spese del procedimento.
Con dichiarazione del 16 novembre 2012, il ricorrente -richiamata la nota con la quale
questa Corte segnalava la sospensione del procedimento in attesa della pronuncia della Corte
Costituzionale in ordine alla questione di legittimità costituzionale sollevata dalle SU con
ordinanza del 18.10.12 -ha rinunciato all’udienza pubblica.

-3- Con memoria successivamente prodotta presso la cancelleria di questa Corte,
l’Avvocatura ha ribadito le censure proposte nel ricorso e le rassegnate conclusioni.
Considerato in diritto.
Ambedue i ricorsi sono infondati.
-1- Quanto al ricorso dell’Avvocatura Generale dello Stato, va anzitutto ricordato, con
riguardo al primo dei motivi proposti, che il sindacato del giudice di legittimità sul
provvedimento che rigetta o accoglie la richiesta di riparazione è limitato alla correttezza del
procedimento logico-giuridico attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla decisione;
mentre resta nelle esclusive attribuzioni di quest’ultimo la valutazione dell’esistenza e
dell’incidenza della colpa o dell’esistenza del dolo.
Va altresì ricordato che la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo,
rappresentata dall’avere il richiedente dato, o concorso a dar, causa, per dolo o colpa grave,
all’adozione del provvedimento restrittivo, deve estrinsecarsi in comportamenti concreti,
precisamente individuati, che il giudice di merito è tenuto ad apprezzare, in modo autonomo

2

-1- L’Avvocatura Generale dello Stato e Zlupko Yuriy, la prima nell’interesse del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, propongono ricorso per cassazione avverso
l’ordinanza della Corte d’Appello di Roma, del 6 dicembre 2011, che ha accolto l’istanza di
riparazione per ingiusta detenzione proposta dallo stesso Zlupko, al quale è stata liquidata, a
titolo riparatorio, la somma complessiva di euro 35.000,00
Lo Zlupko era stato accusato di avere, in concorso con quattro sconosciuti, privato della
libertà, e colpito con calci e pugni Viktor Voronkin, nonché di avergli sottratto un cellulare e
di avergli procurato, con pugni e calci, lesioni personali guaribili entro venti giorni.

-2- Quanto alle doglianze concernenti il quantum liquidato, proposte da ambedue i
ricorrenti, per ragioni ovviamente opposte, deve ugualmente rilevarsene l’infondatezza.
In tema di individuazione dei criteri da seguire nella determinazione dell’equo indennizzo,
questa Corte, ritenutone il carattere indennitario e non risarcitorio, ha costantemente
affermato che la liquidazione dello stesso si deve basare su una valutazione equitativa che
tenga globalmente conto sia della durata della custodia cautelare sia, e non marginalmente,
delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà. Con

3

e completo, al fine di stabilire, con valutazione “ex ante”, non se essi abbiano rilevanza
penale, bensì solo se si siano posti come fattore condizionante rispetto all’emissione del
provvedimento di custodia cautelare. Condotte rilevanti in tal senso possono essere di tipo
extra processuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del
provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole
sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice della cognizione.
Se è vero, d’altra parte, che il giudice della riparazione, che ha il compito di accertare la
fondatezza dell’istanza di indennizzo, ha facoltà di dare ai fatti emersi in sede di giudizio
penale una valutazione autonoma rispetto a quella proveniente dal giudice penale, il quale ha
il compito, ben diverso, di verificare la fondatezza della ipotesi d’accusa, è altresì vero che i
fatti esaminati, nella loro essenza ontologica, devono restare, in ambedue i giudizi, del tutto
identici e che il giudice della riparazione non può procedere ad una rivalutazione delle
emergenze processuali in senso opposto rispetto a quanto accertato dal giudice penale.
Orbene, nel caso di specie, la corte territoriale, dopo avere ricordato gli avvenimenti che
avevano coinvolto lo Zlupko e l’assoluzione di costui per insussistenza del fatto, ha rilevato
che nella sentenza assolutoria era stato evidenziato come le accuse fossero fondate sulle sole
dichiarazioni del Voronlcin, nel frattempo resosi irreperibile; e come tali dichiarazioni fossero
state ritenute dal giudice, non solo prive di coerenza logica, anche in considerazione dello
stato di intossicazione acuta da alcool in cui lo stesso si trovava, ma altresì smentite, oltre che
dall’imputato, subito protestatosi innocente, anche dal teste Venanzoni, persona del tutto
estranea ai fatti.
Partendo dagli esiti del procedimento penale, dunque, e dalle considerazioni svolte dal
giudicante nella sentenza impugnata, legittimamente la corte territoriale ha ritenuto di
accogliere l’istanza riparatoria, non avendo riscontrato, nello Zlupko, comportamenti
connotati da dolo o colpa grave, che avessero anche solo contribuito all’adozione del
provvedimento cautelare.
A fronte delle coerenti argomentazioni articolate dal giudice della riparazione,
l’Avvocatura ricorrente svolge considerazioni che, richiamando i contenuti dell’ordinanza
cautelare, senza rapportarli a quelli della sentenza assolutoria, tendono a proporre questioni
che attengono, più che al giudizio riparatorio, al giudizio di merito,
In realtà, gli elementi richiamati nel ricorso, asseritamente non valutati dalla corte
territoriale: la fuga al sopraggiungere delle forze dell’ordine, il possesso del telefono
cellulare del Voronkin, le lesioni riportate da costui, costituiscono circostanze significative in
termini di responsabilità penale, definitivamente esclusa, piuttosto che di condotte ostative al
riconoscimento del diritto all’indennizzo. Ciò senza considerare che, secondo quanto rilevato
dalla corte territoriale, che dunque tali circostanze ha preso in esame, il referto rilasciato
nell’immediatezza dei fatti non aveva segnalato tracce dei pugni o dei calci di cui il Voronkin
aveva parlato e che il possesso del cellulare era stato giustificato dallo Zlupko con il fatto che
lo stesso era caduto per terra e che era stato raccolto solo per evitare che si perdesse. Mentre
d’incerta interpretazione, anche ai fini del giudizio riparatorio, è la fuga all’arrivo degli
agenti, che potrebbe legittimamente ritenersi, non manifestazione di colpa grave, bensì
semplice e comprensibile paura per essersi trovato in situazione certamente equivoca.
Le censure proposte sono, quindi, infondate,

-3- Ugualmente infondate sono le censure proposte da entrambi i ricorrenti sul punto
concernente la mancata condanna di una delle parti al pagamento delle spese del
procedimento.
In proposito, la corte territoriale, richiamando la condivisa giurisprudenza di questa Corte,
ha precisato che nessuna condanna a tale titolo doveva essere disposta (in ogni caso,
certamente non a carico dello Zlupko, la cui istanza è stata accolta), atteso che la parte

h,

riferimento alla durata della carcerazione, il criterio di riferimento per il calcolo
dell’indennizzo è stato individuato in quello aritmetico, che tiene conto della durata della
carcerazione ed è costituito dal rapporto tra il tetto massimo dell’indennizzo di cui all’art.
315, comma secondo, cod. proc. pen. e il termine massimo della custodia cautelare di cui
all’art. 303, comma quarto, lett. c), espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch’esso
espresso in giorni, di ingiusta restrizione subita. Calcolo grazie al quale si perviene alla
individuazione della somma liquidabile di circa 235,00 euro per ogni giorno di detenzione in
carcere, comprensiva di tutte le negative conseguenze generalmente derivanti dalla
carcerazione, ridotta alla metà nel caso di arresti domiciliari, in vista della loro minore
afflittività rispetto alla detenzione in carcere. Detto criterio, che risponde all’esigenza di
garantire, nei diversi contesti territoriali, un trattamento tendenzialmente uniforme, non
esime, tuttavia, il giudice dall’obbligo di valutare le specificità, positive o negative, di
ciascun caso e, quindi, dall’integrare opportunamente tale criterio, innalzando ovvero
riducendo il risultato del calcolo aritmetico per rendere la decisione il più equa possibile e
rispondente alle diverse situazioni sottoposte al suo esame.
La Corte di legittimità ha ulteriormente chiarito “che il giudice è assolutamente libero
anche di andare al di là del parametro aritmetico allorché le conseguenze personali e
familiari si rivelino tali -nonostante la modesta durata della privazione della libertà- da
meritare un indennizzo senza confini, se non il confine del tetto massimo disponibile”, ed
ancora che “i parametri aritmetici individuano soltanto di norma o, se si vuole, soltanto
tendenzialmente il massimo indennizzo liquidabile relativamente a tutte le conseguenze
personali e familiari patibili per ogni giorno di ingiusta detenzione, libero essendo il giudice
di discostarsene, sia in meno sia in più, e non solo marginalmente, …dando, però, di quel
discostarsi ….congrua motivazione” (Cass. 8.7.05 sez. IV).
Orbene, a tali principi, che questa Corte pienamente condivide, si è uniformata la corte
territoriale che, tenuto conto della durata della detenzione, delle modalità di esecuzione della
stessa, delle conseguenze determinate dall’applicazione della misura, ha adeguatamente e
coerentemente motivato le ragioni della propria decisione, pervenendo ad una liquidazione
equa, quale risultante, non solo dall’applicazione del criterio aritmetico, ma anche dal
riconoscimento delle particolari negative ricadute prodotte dal provvedimento restrittivo, a
causa del quale lo Zplupko, non solo ha perso il lavoro e lo stipendio per un elevato periodo
di tempo, ma ha dovuto registrare il fermo della pratica concernente il rilascio del permesso
di soggiorno.
L’indennizzo liquidato si presenta, quindi, adeguato e coerente rispetto ai principi affermati
da questa Corte, di guisa che le opposte censure in proposito svolte dai ricorrenti devono
ritenersi infondate. Il conteggio aritmetico materialmente eseguito dal giudice della
riparazione si presenta anche corretto, essendo stato calcolato sulla base di venti giorni di
detenzione in carcere e di duecento di detenzione domiciliare, per una somma complessiva,
infine equitativamente determinata, di 35.000,00 euro.
Occorre, peraltro, rilevare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il controllo di
legittimità della somma liquidata a titolo di riparazione non può concretizzarsi in un
sindacato sulla sufficienza o insufficienza della stessa, essendo tale controllo limitato alla
verifica della congruità e logicità della motivazione e della coerenza dei criteri adottati;
caratteri che l’ordinanza impugnata certamente presenta.

resistente non aveva in realtà contrastato, neanche in via subordinata, la richiesta di
indennizzo.
L’esito dei ricorsi giustifica la compensazione, tra le parti, delle spese del presente
giudizio.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Compensa le
spese tra le parti.

Così deciso in Roma, 1’11 aprile 2013.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA