Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38448 del 11/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38448 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE SANTIS GENNARO N. IL 23/06/1954
avverso l’ordinanza n. 162/2008 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
28/04/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difens Avv.;

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Data Udienza: 11/04/2013

-1- De Santis Gennaro propone ricorso per cassazione, per mezzo del difensore, avverso
l’ordinanza della Corte d’Appello di Napoli, del 28 aprile 2011, che ha respinto l’istanza,
dallo stesso avanzata, di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta dal 30.10.01 al 29.1.02
(dal 14.11.01 in regime di arresti domiciliari), essendo stato raggiunto da provvedimento di
custodia cautelare perché indagato per i delitti di associazione a delinquere (capo Al)
finalizzata alla commissione di reati di truffa ai danni di un ente pubblico (capo B1) e di
analoghe ipotesi di falso e truffa aggravata (capo D1).
Accuse rivelatesi infondate, in relazione alle quali è stata pronunciata sentenza di non
luogo a procedere (capi Al e B1) in sede di udienza preliminare ovvero è stato emesso
provvedimento di archiviazione (capo D1).
Secondo l’accusa, rivelatasi priva di fondamento, il De Santis, nella sua qualità di medico
di base, probabilmente accondiscendendo alle richieste del direttore sanitario del
gerontocomio “S.Vincenzo”, aveva compilato un rilevante numero di ricette con prescrizione
di farmaci per nulla correlate con le patologie riscontrate nei ricoverati del predetto istituto.
-2- La corte d’appello ha rigettato l’istanza, avendo ritenuto che l’odierno ricorrente, con la
sua condotta gravemente colposa, aveva contribuito a dar causa al provvedimento restrittivo.
-3- Avverso tale decisione viene, dunque, proposto ricorso per cassazione, con il quale si
deduce:
a) Violazione dell’art. 314 cod. proc. pen. e vizio di motivazione del provvedimento
impugnato, laddove il giudice della riparazione non aveva considerato che il proscioglimento
dalle accuse era stato deciso sulla scorta degli stessi elementi posti a base del provvedimento
restrittivo, il che rendeva impossibile la sussistenza dell’elemento ostativo della colpa grave;
b) Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della colpa,
valutata in base alle indicazioni dell’art. 1227 co. 2 cod. civ.
Con nota del 16 novembre 2012, il ricorrente -richiamata la nota con la quale questa Corte
ha segnalato la sospensione del procedimento in attesa della pronuncia della Corte
Costituzionale in ordine alla questione di legittimità costituzionale sollevata dalle SU con
ordinanza del 18.10.12- ha dichiarato di rinunciare all’udienza pubblica.
-3- L’Avvocatura Generale dello Stato, costituitasi in giudizio nell’interesse del Ministero
dell’Economia e delle Finanze, chiede dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso.
Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato.
-1- In tema di riparazione per ingiusta detenzione, con riguardo all’an debeatur, questa
Corte ha affermato che il giudice di merito deve verificare se chi l’ha patita vi abbia dato
causa, ovvero vi abbia concorso, con dolo o colpa grave. A tal fine, egli deve prendere in
esame tutti gli elementi probatori disponibili, relativi alla condotta del soggetto, sia
precedente che successiva alla perdita della libertà, al fine di stabilire se tale condotta abbia
determinato, ovvero anche contribuito a determinare, la formazione di un quadro indiziario
che ha provocato l’adozione o la conferma del provvedimento restrittivo. Di guisa che non ha
diritto all’equa riparazione per la custodia cautelare sofferta chi, con il proprio
comportamento, anteriore o successivo alla privazione della libertà personale (o, in generale,
a quello della legale conoscenza di un procedimento penale a suo carico), abbia dato o
concorso a darvi causa per dolo o colpa grave attraverso comportamenti specifici, nei cui

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Ritenuto in fatto.

-2- Orbene, a tali principi, che questa Corte pienamente condivide, si è attenuta la corte
territoriale che ha ritenuto, sulla base di quanto emerso in sede di indagini, con motivazione
adeguata sotto il profilo logico e nel rispetto della normativa di riferimento, che la condotta
del richiedente avesse contribuito ad ingenerare, sia pure in presenza di errore dell’autorità
inquirente, la rappresentazione di una condotta illecita dalla quale è scaturita, con rapporto di
causa-effetto, la detenzione ingiustamente sofferta.
In particolare, la corte territoriale ha giustamente rilevato che, seppure le accuse erano
venute meno -atteso che era emerso che le ricette di comodo erano state emesse per
consentire alla struttura di disporre di una scorta di farmaci da utilizzare in caso di bisogno e
che il De Santis non aveva in alcun modo partecipato ad illecite suddivisioni degli utili
derivanti ai farmacisti dall’acquisto, a carico del servizio sanitario, di farmaci non necessariera stato tuttavia accertato che l’odierno ricorrente si era prestato a prescrivere medicinali
senza che i pazienti ne avessero avuto bisogno, in tal guisa avendo comunque tenuto una
condotta certamente censurabile e gravemente colposa, nei termini intesi dall’art. 314 cod.
proc. pen.
Correttamente, d’altra parte, la stessa corte ha espresso su tali comportamenti un giudizio
“ex ante”, e non alla stregua delle conclusioni alle quali sono pervenuti i giudici del merito,
basate sulla accertata insussistenza di vantaggi economici da parte del De Santis; elemento
che non poteva certamente emergere al momento dell’emissione del provvedimento
restrittivo, ma solo in un secondo tempo.
Quanto al secondo motivo di ricorso, concernente il tema della individuazione della colpa e
della sua gravità, rileva la Corte l’infondatezza della censura, laddove si consideri che il
giudice della riparazione ne ha congruamente delineato le caratteristiche, ricordando come, a
prescindere dai risvolti penalistici della vicenda, la condotta del De Santis era stata
manifestazione di grave negligenza, anche sotto il profilo della deontologia professionale,
nell’espletamento dei doveri che gli derivavano dalla posizione di sanitario convenzionato
con il servizio sanitario nazionale.
Il sindacato del giudice di legittimità sul provvedimento che rigetta o accoglie la richiesta
di riparazione è, d’altra parte, limitato alla correttezza del procedimento logico-giuridico
attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla decisione; mentre resta di esclusiva
pertinenza di quest’ultimo la valutazione dell’esistenza e dell’incidenza della colpa o
dell’esistenza del dolo. Anche in ragione di ciò, l’ordinanza in esame non merita di essere
censurata, essendo la decisione impugnata del tutto coerente rispetto alle circostanze emerse
in sede processuale, correttamente valutate dalla corte territoriale e perfettamente in linea con
i principi di diritto affermati da questa Corte in tema di riparazione.

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confronti dovrà essere accertato il rapporto, ancorato a dati certi e non congetturali, con il
provvedimento restrittivo.
La medesima Corte ha ancora affermato che la valutazione di tali comportamenti deve
essere eseguita, non rapportandosi ai canoni di giudizio propri del processo penale, che è
diretto ad accertare se la condotta dell’imputato costituisca reato, bensì a quelli propri del
procedimento di equa riparazione, che è diretto ad accertare se talune condotte abbiano
quantomeno concorso a determinare l’adozione del provvedimento restrittivo; valutazione
che deve essere, ovviamente, accurata ed approfondita, di guisa che la decisione adottata
rappresenti il risultato di un procedimento logico-giuridico chiaramente esplicitato e coerente
rispetto agli elementi oggetto di esame. In tale contesto, assumono rilievo anche i
comportamenti di tipo processuale, e dunque esterni ai temi d’imputazione, tenuti
dall’imputato che, essendo a conoscenza del procedimento a suo carico, si comporti, nel
difendersi, in maniera contraddittoria, tale da suscitare o accentuare il sospetto di una sua
partecipazione al delitto, ovvero con rilevante imprudenza e grossolana incuria.

-3- Il ricorso deve essere, quindi, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle
spese processuali ed alla rifusione delle spese del presente giudizio, in favore del Ministero
resistente, che si liquidano in complessivi euro 750,00.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla
rifusione delle spese in favore del Ministero resistente che liquida in complessivi euro
750,00.

Così deciso in Roma, I’ll aprile 2013.

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