Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38447 del 11/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38447 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
nei confronti di:
BEVILACQUA RITA N. IL 19/06/1988
avverso l’ordinanza n. 291/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
13/01/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi d’ nsor Avv.;

Data Udienza: 11/04/2013

Ritenuto in fatto.

-2- La Bevilacqua è stata arrestata in flagranza di reato perché ritenuta concorrente, con il
convivente De Franco Michele, nel delitto di detenzione illecita di sostanza stupefacente. Era
accaduto che personale di PG, sottoposta a perquisizione l’auto a bordo della quale i due si
trovavano, aveva rinvenuto, all’interno di uno zainetto posto sul sedile posteriore dell’auto,
alla cui guida si trovava il De Franco, una busta contenente sostanza stupefacente del tipo
cocaina.
Convalidato l’arresto, la Bevilacqua è stata ammessa, all’esito dell’udienza di convalida, al
regime degli arresti domiciliari, qualche tempo dopo sostituito con l’obbligo di dimora; la
stessa è stata in seguito assolta per non avere commesso il fatto.
-3- Ricorre, dunque, avverso detta ordinanza l’Avvocatura, che deduce i vizi di violazione
di legge e di motivazione dell’ordinanza impugnata laddove, a causa di una valutazione
parziale o errata dei fatti, il giudice della riparazione non aveva considerato che la richiedente
aveva tenuto condotta caratterizzata da colpa grave, non solo perché lo zainetto che
conteneva la droga era suo, ma anche perché, in vista del rapporto che la legava al De
Franco, pregiudicato ed effettivo autore del reato, avrebbe dovuto essere a conoscenza della
sua proclività a delinquere, ed avrebbe dovuto essere, quindi, più attenta nell’accompagnarsi
a lui.
-4- Con nota del 3 dicembre 2012 la Bevilacqua, richiamata la nota con la quale questa
Corte segnalava la cancellazione dal ruolo del procedimento in attesa della pronuncia della
Corte Costituzionale in ordine alla questione di legittimità costituzionale sollevata dalle SU
con ordinanza del 18.10.12, ha dichiarato di rinunciare all’udienza pubblica ed ha chiesto la
fissazione dl ricorso in camera di consiglio.
Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato.
-1- In tema di riparazione per ingiusta detenzione, con riguardo all’an debeatur, questa
Corte ha affermato che il giudice di merito deve verificare se chi l’ha patita vi abbia dato
causa, ovvero vi abbia concorso, con dolo o colpa grave. A tal fine, egli deve prendere in
esame tutti gli elementi probatori disponibili, relativi alla condotta del soggetto, sia
precedente che successiva alla perdita della libertà, al fine di stabilire se tale condotta abbia
determinato, ovvero anche contribuito a determinare la formazione di un quadro indiziario
che ha provocato l’adozione o la conferma del provvedimento restrittivo. Di guisa che non ha
diritto all’equa riparazione per la custodia cautelare sofferta chi, con il proprio
comportamento, anteriore o successivo alla privazione della libertà personale (o, in generale,
a quello della legale conoscenza di un procedimento penale a suo carico), abbia dato o
concorso a darvi causa per dolo o colpa grave attraverso comportamenti specifici, nei cui
confronti dovrà essere accertato il rapporto, ancorato a dati certi e non congetturali, con il
provvedimento restrittivo.
La medesima Corte ha ancora affermato che la valutazione di tali comportamenti deve
essere eseguita non rapportandosi ai canoni di giudizio propri del processo penale, che è

2

-1- L’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli propone ricorso per cassazione,
nell’interesse del Ministero dell’Economia e delle Finanze, avverso l’ordinanza della Corte
d’Appello della stessa città, del 13 gennaio 2011 che, in accoglimento dell’istanza di
riparazione per ingiusta detenzione avanzata da Bevilacqua Rita, ha liquidato alla stessa, a
titolo di indennizzo, la somma di euro 13.500,00.

-2- Orbene, a tali principi, che questa Corte pienamente condivide, si è attenuta la corte
territoriale che ha ritenuto che dall’esame degli atti processuali non erano emersi concreti
elementi idonei a sostenere che la Bevilacqua avesse, con la propria condotta, in qualche
modo contribuito a determinare l’arresto e la successiva convalida.
In realtà, una volta accertato che non erano emersi elementi dai quale potesse desumersi la
consapevolezza della donna della presenza dello stupefacente all’interno dello zainetto (la
corte d’appello ha ricordato l’evidente stupore, alla vista dello stupefacente, manifestato dalla
Bevilacqua, poi scoppiata in lacrime), non emergono condotte riconducibili nell’area della
colpa grave o del dolo nei termini intesi dall’art. 314 cod. proc. pen. Né una condotta
gravemente imprudente della richiedente potrebbe riscontrarsi nel non avere la stessa tenuto
conto della condizione di pregiudicato del compagno e della sua proclività a delinquere, che
avrebbero dovuto indurla ad essere più attenta nella gestione di suoi rapporti. In proposito, il
giudice della riparazione ha segnalato la giovane età della donna (all’epoca non ancora
diciannovenne), mentre dagli stralci delle dichiarazioni dalla stessa rese in sede di convalida
è emersa anche la totale dipendenza della stessa, priva di lavoro e di redditi, dal De Franco
Il sindacato del giudice di legittimità sul provvedimento che rigetta o accoglie la richiesta
di riparazione è, d’altra parte, limitato alla correttezza del procedimento logico-giuridico
attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla decisione; mentre resta di esclusiva
pertinenza di quest’ultimo la valutazione dell’esistenza e dell’incidenza della colpa o
dell’esistenza del dolo. Anche in ragione di ciò, l’ordinanza in esame non merita di essere
censurata, essendo la decisione impugnata del tutto coerente rispetto alle circostanze emerse
in sede processuale, correttamente valutate, seppur con qualche incertezza, dalla corte
territoriale e perfettamente in linea con i principi di diritto affermati da questa Corte in tema
di riparazione.
-3- Il ricorso deve essere, quindi, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 1’11 aprile 2013.

diretto ad accertare se la condotta dell’imputato costituisca reato, bensì a quelli propri del
procedimento di equa riparazione, che è diretto ad accertare se talune condotte abbiano
quantomeno concorso a determinare l’adozione del provvedimento restrittivo; valutazione
che deve essere, ovviamente, accurata ed approfondita, di guisa che la decisione adottata
rappresenti il risultato di un procedimento logico-giuridico chiaramente esplicitato e coerente
rispetto agli elementi oggetto di esame. In tale contesto, assumono rilievo anche i
comportamenti di tipo processuale, e dunque esterni ai temi d’imputazione, tenuti
dall’imputato che, essendo a conoscenza del procedimento a suo carico, si comporti, nel
difendersi, in maniera contraddittoria, tale da suscitare o accentuare il sospetto di una sua
partecipazione al delitto, ovvero con rilevante imprudenza e grossolana incuria.

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