Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38443 del 25/05/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 38443 Anno 2018
Presidente: CERVADORO MIRELLA
Relatore: MONACO MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI BIASE DOMENICO nato a MADDALONI il 22/12/1990

avverso la sentenza del 02/02/2017 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MARCO MARIA MONACO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FULVIO BALDI
che ha concluso per l’inamrnissibilità
udito il difensore presente, avv. Stefano Vaiano, che si riporta ai motivi ed
insiste per l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO
La CORTE D’APPELLO di NAPOLI, con sentenza in data 2/2/2017,
riformava parzialmente la sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di NAPOLI NORD
in data 24/6/2010 e, rideterminata la pena, confermava la condanna nei
confronti di DI BIASE DOMENICO per il reato di cui all’art. 628 CP.
1. Propone ricorso per cassazione l’imputato che, a mezzo del difensore,
deduce i seguenti motivi.

Data Udienza: 25/05/2018

1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta
recidiva. La difesa rileva che la Corte si sarebbe limitata a confermare la
pronuncia di primo grado valorizzando esclusivamente il dato formale della
presenza di una precedente condanna, così omettendo di valutare l’esistenza di
un concreto rapporto tra i due reati in termini di occasionalità o meno della
condotta e di pericolosità del soggetto.

quantificazione della pena ed al mancato riconoscimento della circostanza
attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. La motivazione della Corte in merito
alla mancata concessione dell’attenuante, fondata sulle circostanze che l’oggetto
della rapina era costituito da due cellulari e dallo spavento provato dalle vittime
a causa dell’uso dell’arma, non confrontandosi con le deduzioni difensive,
sarebbe apparente.
1.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La motivazione della
Corte d’appello sul punto, a fronte di un motivo di appello dettagliato, ripetendo
gli argomenti utilizzati dal primo giudice, sarebbe generica

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. La giurisprudenza di questa Corte, in seguito alla dichiarazione di
illegittimità costituzionale dell’art. 99, comma 5, ad opera della sentenza della
Corte costituzionale n. 185 del 2015, che ha dichiarato l’incostituzionalità del
carattere obbligatorio di tale aggravante, ha ammesso la possibilità di una
motivazione implicita da cui emerga una valutazione in ordine all’effettiva
incidenza della recidiva sul disvalore del fatto e che, qualora il giudice abbia dato
atto in sentenza delle ragioni per le quali si è ritenuto necessario l’aumento di
pena in relazione alla particolare pericolosità dell’imputato, porti così a ritenere
comunque legittimo l’aumento di pena (Sez. 5, n. 3799 del 15/01/2018, Rv

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1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla

272445; Sez. 2, n. 27366 del 11/05/2016, Rv 267154; Sez. 2, n. 20205 del
26/04/2016, Rv 266679; Sez. 2, n. 37385 del 21/06/2016, Rv 267912).
In particolare, poi, l’aumento di pena deve ritenersi legittimamente
disposto quando questo risulti adeguatamente motivato in relazione alla gravità
della condotta, alla negativa personalità dell’imputato ed alla pericolosità sociale
dello stesso.

giurisprudenziale secondo il quale il rigetto della richiesta di esclusione della
recidiva facoltativa, pur richiedendo l’assolvimento di un onere motivazionale,
non impone al giudice un obbligo di motivazione espressa, ben potendo
quest’ultima essere anche implicita (Sez. 2, n. 39743 del 17/09/2015, Rv
264533), limitandosi a fare riferimento alla gravità della condotta commessa,
alla negativa personalità dell’imputato ed alla particolare pericolosità sociale
dello stesso, elementi questi idonei a giustificare il riconoscimento dell’aumento
operato ex art. 99 cod.pen. (Sez. 5, n. 3799 del 15/01/2018, Rv 272445).
Tanto premesso, la motivazione della Corte sul punto, nella quale vi è lo
specifico riferimento alle modalità di esecuzione ed al medesimo ambito
territoriale nel quale l’imputato ha commesso le due rapine, è congrua e non
censurabile in questa sede.
1.2. Il motivo relativo alla quantificazione della pena, con specifico
riferimento al mancato riconoscimento dell’attenuante della particolare tenuità
del fatto di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., è manifestamente infondato.
Secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Corte (Sez. 2, n.
50987 del 17/12/2015, Rv 265685; Sez. 2, n.19308 del 20/01/2010, Rv
247363; Sez. 2, n. 12456 del 04/03/2008, Rv 239749; Sez. 2, n. 41578 del
22/11/2006, Rv 235386; Sez. 2, n. 21872 del 06/03/ 2001, Rv 218795), ai
fini della configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità con
riferimento al delitto di rapina/estorsione, infatti, non è sufficiente che il bene
mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare

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Anche in questo caso, infatti, va fatta applicazione del principio

anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è
stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del
delitto de quo che lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità
fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto.
Ne consegue che l’attenuante può essere riconosciuta solo ove la
valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità.

immune da vizi logico-giuridici- non censurabile è in sede di legittimità.
Nel caso oggetto di ricorso la motivazione della Corte, nella quale sono
anche e soprattutto valorizzati la giovane età delle vittime ed il grave danno
arrecato alla loro libertà morale per l’uso dell’arma, è coerente con il dettato
normativo e con i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità sul
punto.
1.3. Con l’ultimo motivo la difesa deduce il mancato riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche.
Il ricorrente rileva che la Corte, a fronte di una impugnazione dettagliata
e specifica, si sarebbe limitata a considerazioni di carattere generico nelle quali
sarebbero stati utilizzati i medesimi argomenti valorizzati per riconoscere la
sussistenza della recidiva.
Modo di procedere questo che, violando di fatto il

ne bis in idem

sostanziale, sarebbe espressione di una ritenuta ed impropria incompatibilità tra
il riconoscimento della recidiva e le attenuanti generiche.
Il motivo è manifestamente infondato.
Ai fini della determinazione della pena, infatti, il giudice può tenere conto
di uno stesso elemento (nella specie: la gravità del fatto) che abbia attitudine a
influire su diversi aspetti della valutazione, ben potendo un dato polivalente
essere utilizzato più volte sotto differenti profili per distinti fini senza che ciò
comporti lesione del principio del “ne bis in idem” (cfr. Sez. 2, n. 24995 del
14/05/2015, Rv 264378)

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L’apprezzamento sul punto, d’altro canto, è riservato al giudice di merito e -se

Quanto alla rilevata genericità della motivazione, questa Corte ha in più
occasioni affermato che nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti
generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli
elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è
sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione. (Sez. 3,

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si
ritiene equa, di euro duemila in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 25/5/2108

LTLERIA
NALE

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n. 28535 del 19/03/2014, Rv 259899).

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