Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38442 del 07/03/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 38442 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da :
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI LECCE
Nei confronti di :
DE LEONARDO ANGELO N. IL 12.10.1971
avverso la ordinanza del TRIBUNALE DEL RIESAME DI LECCE in data 27 novembre 2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI;
sentite le conclusioni del PG in persona del dott. Carmine Stabile che ha chiesto l’annullamento
con rinvio

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 27 novembre 2012 il Tribunale di Lecce in funzione di giudice del
riesame, decidendo sull’istanza avverso l’ordinanza datata 24 ottobre 2012 con cui il
GIP presso il Tribunale di Lecce aveva disposto l’applicazione nei confronti di De
Leonardo Angelo della misura della custodia cautelare in carcere per i delitti di cui
all’art. 74 d.P.R. n. 309/1990 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze
stupefacenti) e di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 (detenzione di sostanza
stupefacente finalizzata alla successiva cessione a terzi), in accoglimento del ricorso,
annullava l’ordinanza del GIP e la misura applicata, disponendone la rimessione in
libertà.
2. Avverso tale decisione proponeva ricorso il Procuratore della Repubblica di Lecce
deducendo la violazione dell’art. 275, comma 3 c.p.p., e la mancanza e manifesta
illogicità della motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

3. Il ricorso è infondato.
Il De Leonardo è indagato nell’ambito di un procedimento che vede coinvolti una
pluralità di soggetti, operanti nelle province di Taranto e Bari nei cui confronti si è
proceduto tra l’altro per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di
stupefacenti e che ha preso le mosse dalle intercettazioni telefoniche delle utenze dei
soggetti coinvolti.

Data Udienza: 07/03/2013

P.Q.M.
rigetta il ricorso.,

Il Tribunale del riesame pur confermando la sussistenza della gravità indiziaria a carico
dell’indagato con riferimento sia all’ipotesi associativa che al delitto di cui all’art. 73
d.P.R. n. 309/1990, ha tuttavia escluso la sussistenza delle esigenze cautelari ravvisate
dal GIP in ragione del tempo trascorso dalla commissione dei fatti per cui si procede.
Secondo il ricorrente il tempo decorso dal fatto non può da solo costituire elemento
sufficiente a vincere la presunzione di adeguatezza di cui all’art. 275, 3 comma c.p.p.
Osserva il Collegio : nella specie il giudice del riesame non ha preso solo in
considerazione il periodo temporale di circa quattro anni e mezzo trascorso dai fatti
addebitati, ma con riferimento alla personalità del De Leonardo, ha posto in rilevo la
sostanziale assenza di precedenti, il fatto che lo stesso non risulta avere ulteriori
procedimenti in corso né segnalazioni da parte della PG per cui non ha tenuto alcun
comportamento che possa indurre a ritenere elevata la probabilità che possa porre in
essere nuovamente condotte criminose del tipo di cui è processo.
E’ pur vero, infatti, che qualora sia stata applicata la misura della custodia in carcere
per uno dei delitti indicati nell’art. 275, terzo comma, c. p. p., non è necessario che
l’ordinanza cautelare motivi anche in ordine alla rilevanza del tempo trascorso dalla
commissione del fatto, così come richiesto dall’art. 292, secondo comma, lett. c), dello
stesso codice, in quanto per tali reati vale la presunzione di adeguatezza di cui al
predetto art. 275, che impone di ritenere sussistenti le esigenze cautelarí salvo prova
contraria; tuttavia è significativo che la presunzione legale di adeguatezza della misura
carceraria per alcune delle tipologie di reati richiamati espressamente dalla seconda
parte del comma 3 dell’art. 275 c.p.p. sia stata, in tempi recenti, “colpita” da ripetute
pronunce della Corte costituzionale (Sentenze 21.7.2010 n. 265, 12.5.2011 n. 164,
22.7.2011 n. 231), che anche per talune di tali tipologie ha imposto una verifica in
concreto dell’effettiva adeguatezza della misura carceraria. Le Sezioni unite di questa
Corte hanno, sempre in tempi recenti, ribadito il carattere residuale e di extrema ratio
della misura cautelare detentiva, precisando contestualmente che in nessun caso essa
può essere utilizzata per realizzare le finalità proprie della pena (Sent. 16085/2011,
paragrafo 3). Che la custodia carceraria costituisca la “soluzione estrema” è stato pure
affermato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (richiamata dalle citate Sezioni
unite), secondo la quale, in riferimento alla previsione dell’art. 5, paragrafo 3, della
Convenzione, la carcerazione preventiva “deve apparire come la soluzione estrema che
si giustifica solamente allorché tutte le altre opzioni disponibili si rivelino insufficienti”
(sentenze 2 luglio 2009, Vafiadis contro Grecia, e 8 novembre 2007, Lelievre contro
Belgio). Ancora significativo è che le Sezioni unite, nel respingere la tesi di una sorta di
presunzione di sopravvenuta mancanza di proporzionalità al protrarsi della custodia
carceraria oltre i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato per
il quale si procede (recuperando così, sia pure con valenza dichiaratamente tendenziale,
un criterio tratto da altra disciplina:Pad. 304 c.p.p., comma 6, nel testo attuale),
abbiano evidenziato che l’obbligo di valutare proporzionalità ed adeguatezza della
misura pendente è permanente, ad evitare compressioni della libertà personale
qualitativamente o quantitativamente inadeguate (Sent. 16085/2011 citata, par. 4).
Ciò posto va ulteriormente osservato che la presunzione di pericolosità sociale di cui alla
norma più volte citata nel caso di soggetti gravemente indiziati di partecipare ad
associazioni criminose può essere vinta qualora vengano acquisiti elementi dai quali
risulti che non sussistono esigenze cautelari, risolvendosi così la prova contraria
nell’acquisizione di quei fatti che rendono in sostanza dimostrata la rescissione di ogni
legame dell’indagato con la consorteria o l’estinzione della medesima. Nel caso in
esame- come già rilevato- il giudice del riesame oltre ad evidenziare il tempo trascorso
dalle manifestazioni di partecipazione del prevenuto alla associazione,ha indicato
elementi più specifici indicativi dell’allontanamento del De Leonardo dalla compagine
associativa alla luce dei quali è possibile, appunto, ritenere ormai rescisso ogni
collegamento del prevenuto con l’organizzazione cui aveva fatto parte.
4. Il ricorso va, dunque, rigettato.

Così deciso nella camera di consiglio del 7 marzo 2013

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA