Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38433 del 11/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38433 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
OWUSU ALBERT N. IL 18/07/1973
avverso la sentenza n. 194/2012 TRIBUNALE di BRESCIA, del
21/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/07/2013 la rela ne fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
i

rte civile, l’Avv

Data Udienza: 11/07/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Brescia, all’epilogo di giudizio abbreviato, con
sentenza del 21/5/2012, condannò Owuri Albert per il reato di guida senza
patente, riconosciute le circostanze attenuanti generiche ed effettuata la
riduzione del rito, alla pena di C. 1.200,00 di ammenda.

2.1. Avverso la detta sentenza l’imputato proponeva appello, che,

pen., veniva d’ufficio trasmesso a questa Corte, con nota del 23/1/2013.

2.2. Con la detta impugnazione lo Owuri lamenta: a) la nullità della
sentenza derivante dall’oscurità della stessa quanto a determinazione della
pena (il Tribunale affermava di aver determinato la pena base in C. 1.800,00
di ammenda e di aver ridotto la stessa di 1/3 per le generiche e ancora di 1/3
per il rito, stando così le cose la pena definitiva avrebbe dovuto essere di C.
800,00); b) non v’era in atti la prova certa ed univoca del fatto addebitato,
stante che il giudizio del Tribunale era stato fondato esclusivamente su quanto
riferito dagli agenti operanti, i quali avevano asserito che il conducente aveva
esibito un permesso di guida scaduto il 29/7/2008 e che dalle verifiche
effettuate era emerso che l’imputato non aveva mai conseguito la patente di
guida in Italia; c) La pena, tenuto conto dell’incensuratezza e fermo restando
le attenuanti generiche già riconosciute, avrebbe dovuto essere collocata nel
minimo assoluto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Quanto alle critiche enucleate sub b) e c) nel § precedente basti
osservare che trattasi di doglianze inammissibili, in quanto dirette, in
violazione dell’art. 606, cod. proc. pen., ad una generica richiesta di revisione
del giudizio, incompatibile col vaglio di sola legittimità. In ogni caso, ne è
evidente la manifesta infondatezza (e, quindi, l’inammissibilità anche sotto il
detto profilo): la pena, come si vedrà è stata posta addirittura al di sotto del
minimo legale e la concludenza degli accertamenti probatori, utilizzabili a
pieno dal giudice, tenuto conto del rito prescelto, non è seriamente
contestabile.
4. La critica sintetizzata sub lettera a) deve, invece, essere accolta
nei termini di cui appresso.

1

stante il combinato disposto degli artt. 568, u.c. e 593, comma 3, cod. proc.

Per tabulas si ricava che il giudicante è incorso in errore matematico nel
computare la pena, la quale, dati i presupposti correttamente indicati nell’atto
impugnatorio, avrebbe dovuto condurre a quella definitiva di C. 800,00 e non
di C. 1.200,00 di ammenda. Tuttavia, poiché non è consentito la irrogazione di
pena illegale, devesi tener conto del minimo edittale assoluto, fissato dalla
legge in C. 2.257,00. Ciò posto, fatta applicazione dell’art. 620, lett. I), cod.
proc. pen., la pena deve essere rideterminata, fermi i criteri adottati dal
giudice di merito (riconoscimento nella massima estensione delle attenuanti

di ammenda, che rappresenta il minimo assoluto legale.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’entità della pena
e determina la pena medesima in euro 1.003,00 di ammenda.

Così deciso in Roma 1 11/7/2013.

generiche) e l’obbligata riduzione tariffaria del rito abbreviato, in C. 1.003,00

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