Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38412 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38412 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NDIAYE KASSE N. IL 23/05/1970
avverso la sentenza n. 3277/2007 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 22/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO FOTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
11/u1P41
che ha concluso per

Ce-1) A.f;un)D,

Udito, per la p e civile, l ‘Avv
Uditi dife or Avv.

Data Udienza: 12/04/2013

Ritenuto in fatto.

-2- Deduce il ricorrente:
a) Vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di responsabilità, affermata, si
sostiene nel ricorso, per una lettura errata o parziale delle conversazioni intercettate e con il
mero rinvio, ritenuto generico ed apodittico, alla motivazione della sentenza di primo grado;
b) Erronea applicazione dell’art. 27 della Costituzione, laddove il giudice del merito ha
ritenuto provato anche l’episodio della cessione della droga ad Angelini Umberto, avendo
dato alle conversazioni intercettate, relative all’episodio, un significato del tutto errato
rispetto a quello reale;
c) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento
dell’attenuante prevista dell’art. 73 co. 5 del d.p.r. n. 309/90;
d) Violazione dell’art. 62 bis cod. pen. e vizio di motivazione in punto di diniego delle
circostanze attenuanti generiche.
Considerato in diritto.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza e non
deducibilità dei motivi proposti.
-1- Con i primi due motivi di ricorso, il ricorrente -anche allorché, nel secondo motivo,
lamenta la violazione dell’art. 27 co. 2 della Costituzione- solo formalmente indica, come
motivo d’impugnazione, la violazione di una norma costituzionale ovvero il vizio di illogicità
della motivazione della sentenza impugnata (non avendo, in concreto, segnalato alcuna
incoerenza logica nelle premesse argomentative né nelle successive considerazioni svolte dai
giudicanti, né avendo rilevato contraddizioni tra le prime e le seconde, né segnalato
un’incompleta analisi degli elementi probatori acquisiti).
i ‘4114/40
Egli, in realtà, altro non fa che contestare il significato attribuito dal giudice delqi~ al
tenore delle conversazioni intercettate e sollecitarne una alternativa interpretazione, tuttavia
non consentita nella sede di legittimità allorché, come nel caso di specie, la valutazione
proposta dal giudice del merito presenti carattere di piena coerenza logica. E’ stato, invero,
affermato (da ultimo, Cass. n. 11794/13) che, in materia di intercettazioni, l’interpretazione
del linguaggio adoperato, anche quando sia criptico o cifrato, è questione di fatto rimessa
all’apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimità se la valutazione
risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate.
In particolare, osserva la Corte che il giudice del gravame, dopo attento esame delle
conversazioni, degli altri elementi probatori acquisiti e delle censure proposte dall’imputato
con l’atto di appello, ha ritenuto, attraverso un iter argomentativo convincente e coerente
sotto il profilo logico, che l’oggetto delle conversazioni doveva ritenersi riconducibile ad
accordi concernenti la cessione a terzi, da parte dell’imputato, di sostanze stupefacenti.
Su ognuno degli episodi contestati, lo stesso giudice si è ampiamente soffermato, talvolta
anche legittimamente riportandosi alla motivazione della sentenza di primo grado, ed ha
richiamato le conversazioni telefoniche intercettate, dai significati talvolta addirittura
espliciti, fornendone un’interpretazione del tutto convincente e persuasiva, anche perché

2

-1- Ndiaye Kasse, imputato ex art. 73 del d.p.r. n. 309/90, per avere detenuto, ed a più
riprese ceduto, sostanza stupefacente del tipo cocaina, propone ricorso per cassazione
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna, del 22 marzo 2012, che, nel
confermare la sentenza del Tribunale di Rimini che ne ha affermato la responsabilità, ha
ridotto ad anni quattro, mesi sei di reclusione ed euro 20.000,00 di multa la pena inflitta dal
primo giudice.

-2- Analoga manifesta infondatezza presentano gli altri due motivi di ricorso, concernenti il
diniego dell’attenuante di cui al comma 5 dell’art. 73 del d.p.r. n. 309/90 e delle attenuanti
generiche.
Anche a tale proposito, la corte territoriale ha legittimamente ritenuto, nel rispetto della
normativa di riferimento e con motivazione coerente sotto il profilo logico, che la citata
attenuante speciale non poteva essere riconosciuta al Ndiaye in considerazione delle modalità
e della gravità dei fatti addebitati, avendo l’imputato organizzato una stabile, articolata e
consistente attività di spaccio che presuppone, oltre che l’attivazione di una consistente rete
di clienti, la possibilità di costanti contatti con i fornitori e con ambienti criminali dediti al
narcotraffico. Mentre, con riguardo alle attenuanti generiche, la stessa corte ha
motivatamente ritenuto che la presenza di precedenti penali e la condotta processuale
dell’imputato non ne consentivano il riconoscimento. Argomenti ai quali il ricorrente
contrappone considerazioni del tutto generiche, prive della indicazione di concreti elementi
fattuali, idonei a sostenerne le ragioni.
-3- Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma, in favore della cassa delle
ammende, che si reputa equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 aprile 2013.

spesso supportata dai servizi di osservazione e pedinamento e in alcuni casi dalle
dichiarazioni rese da taluni degli acquirenti della droga.
Non in termini diversi deve concludersi con riguardo all’episodio specificamente
considerato con il secondo motivo di ricorso, relativo alla cessione di stupefacente, da parte
dell’imputato, ad Angelini Umberto.
Invero, anche con riferimento a tale episodio, le considerazioni svolte dalla corte
territoriale si presentano del tutto coerenti e condivisibili. Giustamente, invero, i giudici del
merito hanno individuato le ragioni dell’incontro tra i due nella cessione di stupefacenti
all’Angelini, non solo per le modalità dell’incontro e per i comportamenti che l’hanno
caratterizzato, registrati dal personale di PG appostato sul posto (auto che si ferma in un
parcheggio, subito raggiunta da due persone di colore, tra le quali l’odierno ricorrente, breve
scambio di battute tra costui, con le mani appoggiate al finestrino, ed il conducente dell’auto
-Angelini-, successivo repentino scambio di qualcosa tra gli stessi, seguito dal rapido
allontanarsi del Ndiaye e dalla contestuale ripartenza dell’auto), ma anche per il tenore delle
conversazioni telefoniche che avevano preceduto e che hanno seguito l’incontro tra i due, il
cui tenore giustamente i giudici del merito hanno ritenuto di riferire alla cessione di
stupefacenti. Correttamente, peraltro, e senza che ciò possa essere interpretato come indebita
pretesa di inversione dell’onere della prova, gli stessi giudici hanno rilevato che l’imputato
non ha mai fornito una diversa giustificazione di detto incontro.

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