Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38410 del 13/04/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38410 Anno 2018
Presidente: ANDREAZZA GASTONE
Relatore: CIRIELLO ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA nel procedimento a carico
di:
DOMINGUEZ TORRES CRISTIAN EDUARDO nato il 17/10/1980
avverso l’ordinanza del 10/11/2017 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONELLA CIRIELLO;
sentite le conclusioni del PG GIANLUIGI PRATOLA, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso del Pubblico Ministero
udito il difensore, Avv. FABIO SPAZIANI, del Foro di Roma, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 10.11.2017 il Tribunale di Roma, in sede di riesame, per quanto qui
rileva, ha annullato l’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in
carcere del 23.05.2017, emessa dal Giudice per le indagini preliminari, presso il
Tribunale di Roma, nei confronti dell’indagato Dominguez Torres Cristian Eduardo, in
quanto gravemente indiziato del reato di cui agli artt. 110, 112 n. 2, 56, 81 c.p., 73,
DPR 309/90 e art. 4 L. 146/2006, per avere i in qualità di intermediario e in concorso
con altri, senza l’autoritzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi di cui all’art. 75 del
D.P.R. 309/90, compiuto atti diretti in modo non equivoco ad importare dalla Spagna in

Data Udienza: 13/04/2018

territorio nazionale 15 kg. di sostanza stupefacente, di tipo cocaina, per la successiva
attività di commercializzazione all’ingrosso e/o al dettaglio.
2.

Avverso tale ordinanza propone ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica,
presso il Tribunale di Roma, chiedendone l’annullamento con un unico motivo con il
quale ha dedotto il vizio di violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alle
valutazioni sulla configurazione del delitto tentato, nonché il manifesto travisamento
della prova.

escluso la sussistenza del tentativo punibile del reato di importazione di stupefacenti,
dimostrato invece, secondo la Procura, da concreti elementi, quali le trattative
intercorse tra gli agenti, nel corso delle quali sarebbero stati concordati il quantitativo di
droga e il prezzo — contrariamente a quanto sostenuto dal tribunale di Roma -, le
trattive sulla destinazione, nonché il ruolo del mediatore. Le trascrizioni delle
conversazioni, in particolar modo, farebbero emergere in modo chiaro ed inequivocabile
il ruolo assunto dal Dominguez Torres, che, unitamente ad altri due individui, avrebbe
svolto la funzione di mediatore nella trattativa illecita di importazione di stupefacenti,
verificatasi in Spagna, tra gli acquirenti italiani ed un gruppo di spacciatori di Madrid. Il
prevenuto, infatti, si interponeva quale tramite tra i contraenti, fissando appuntamenti
ed accompagnando gli avventori nei luoghi di incontro con i venditori di droga. Il
contributo dell’indagato nell’attività di cessione, nonché la sua partecipazione al
tentativo di concludere la trattativa, veniva confermato anche dalla circostanza che per
&v c.11,d/0-6.•
tale attività fosse statorun compenso, che aveva condotto ad un aumento del prezzo
dell’acquisto dello stupefacente, con la conseguente mancata realizzazione dell’affare.
Dall’esame del materiale raccolto, secondo la Procura, non residua alcun dubbio circa
l’adozione da parte dell’indagato di condotte idonee e non equivoche finalizzate alla
realizzazione del reato di importazione di sostanze stupefacenti, poi, non concretizzatasi
a causa dei molteplici arresti e della difficoltà nel reperimento delle risorse economiche
utili a concludere la transazione. Le condotte poste in essere, infatti, possono definirsi
come preparatorie e perfettamente collocate nella progressione criminosa.
Secondo la Procura, inoltre, il Giudice del riesame avrebbe errato nel ritenere che la
condotta dell’indagato, qualora intesa come condotta preparatoria alla consumazione
del reato, non potesse comunque essere punita a causa dell’intervenuta desistenza
volontaria da parte di quest’ultimo nella continuazione della progressione criminosa, dal
momento che a tali fini è necessario che il prevenuto non solo interrompa la propria
azione criminosa, ma si attivi per l’annullamento del contributo, dato alla realizzazione,
e delle conseguenze dell’azione prodottesi fino a qual momento.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3.

Il ricorso del Procuratore della Repubblica è fondato.

Il Tribunale di Roma, nella prospettazione del PM ricorrente, avrebbe erroneamente

3.1.- Preliminarmente deve ritenersi non configurabile, nel caso di specie, una desistenza
volontaria dal reato, rilevante ai sensi dell’art. 56 cod. pen., comma III così come evidenziato
dal PM ricorrente (che si duole di come sia stato erroneamente valorizzato, a tale fine, il fatto
che le trattative non sfociarono nell’accordo conclusivo in ragione dell’intervenuto “assaggio”
dello stupefacente, ritenuto di cattiva qualità, cfr. pag. 3 e 4 ord. impugnata).
Questa corte, infatti, ha ritenuto già in epoca non recente (con principio che deve essere qui
ribadito, non essendone mutata la razionalità e coerenza al sistema penale, in ragione

efficace se sia imposta da fattori esterni alla libera determinazione dell’agente, tali da impedire
la prosecuzione dell’attivita diretta alla consumazione del reato; con la conseguenza che non e
configurabile un’ipotesi di desistenza volontaria, quando le trattative per l’acquisto di
stupefacenti siano interrotte non per un’autonoma deliberazione dell’agente, ma per il mancato
accordo sul prezzo della vendita” (Sez. 5, Ordinanza n. 586 del 05/08/1975 Cc., LALLONZ Rv.
131046 ).
Anche in questo caso, dunque, la cattiva qualità dello stupefacente, appurata solo dopo
realizzazione di numerosi contatti e trattative (e, peraltro, coesistente con problemi di risorse
legate al suo prezzo elevato) ) certamente non integra un elemento idoneo ad elidere la
univocità delle condotte e delle trattative, rilevanti ai fini del tentativo, nel caso di specie ,
come meglio appresso si evidenzierà.
3.1.Deve essere ribadito, inoltre, in termini generali, che, come già evidenziato in altri casi dalla
giurisprudenza di questa corte,

ctet il reato consumato di importazione di stupefacenti si

realizza anche prima del materiale trasferimento della droga in territorio nazionale, quando
l’agente abbia acquisito in uno Stato estero la proprietà della droga medesima, assumendo
l’onere dei trasporto a proprie cure (Sez. 6, Sentenza n. 27998 del 11/07/2011, rv. 250560;
Sez. 2, Sentenza n. 486 del 21/12/1998, rv. 212252).
Da ultimo, nella medesima vicenda oggetto del presente giudizio, questa corte ha altresì

CQ.

dell’evoluzione normativa) come “nel delitto tentato, la desistenza volontaria non puo ritenersi

evidenziato che “integra il tentativo di importazione di sostanze stupefacenti la condotta che,
collocandosi in una fase antecedente all’acquisto della proprietà della droga destinata ad
essere trasferita nel territorio nazionale, si presenti come idonea ed univocamente diretta alla
conclusione di tale accordo traslativo, dando vita ad una trattativa sul cui positivo esito risulti
che – per la natura, la qualità ed il numero dei contatti intervenuti – i contraenti abbiano
riposto concreto affidamento”, pervenendo all’annullamento con rinvio dell’ordinanza cautelare
impugnata che aveva escluso, sul piano indiziario, la fattispecie tentata in esame pur in
presenza di numerosi contatti telefonici fra i potenziali acquirenti per il finanziamento
dell’operazione, di trasferte all’estero, di incontri con gli intermediari ed, altresì, di “assaggi” di
campioni di sostanza stupefacente). (Sez. 3, n. 7806 del 15/11/2017 – dep. 19/02/2018, Pmt
ed altri, Rv. 27244601)

I

Ciò rispecchia il generale principio consensualistico che regola il contratto di
compravendita, in ragione del quale l’incontro di volontà determina il passaggio di proprietà, e
conduce ad affermare che, in concreto, il raggiungimento dell’accordo circa il trasferimento
della sostanza stupefacente destinata ad essere trasferita sul territorio italiano da parte
dell’acquirente concreta senz’altro la fattispecie consumata della condotta di “importazione”
enunciata, sinteticamente, dalla norma penale, che si risolve, come le altre condotte

solo in parte, sul territorio nazionale, che attraverso quell’accordo hanno realizzato,
sostanzialmente, un approvvigionamento all’estero.
Da ciò discende che tutte le condotte che si collocano nel momento antecedente
all’incontro di volontà che determina il passaggio della proprietà delle sostanze oggetto
dell’illecita importazione, possono collocarsi nella sfera del tentativo punibile, o non punibile, in
ragione della natura delle trattative intercorse tra le parti, dovendosi ritenere che, nei contatti
tra le parti e nella formazione progressiva del consenso che demarca la fattispecie consumata
del reato, assumano rilievo, ai fini della punibilità del tentativo, le trattative che presentano una
connotazione di univocità e idoneità rispetto al raggiungimento di quel consenso.
E’ compito del giudice di merito analizzare, nel concreto coacervo indiziario, se
emergano i suddetti elementi di univocità al raggiungimento di un accordo, che possono
evidenziarsi allorchè, come pare nel caso di specie, la trattativa raggiunga un livello / che la
dottrina processuale civilistica definisce “affidante”, che, anche nel settore civilistico, produce
conseguenze giuridiche rilevanti, ove il contratto non si concluda, potendo determinare una
responsabilità pre-contrattuale dei contraenti (ex art. 1337 c.c.),
Tale carattere potrà essere in concreto ravvisato, con esame rimesso al prudente
apprezzamento del giudice di merito, che potrà ritenere integrata la fattispecie tentata del
delitto in presenza di indizi di condotte che mostrino una seria volontà di raggiungere
l’accordo; segnatamente tutte le volte in cui, per la natura, la qualità e il numero dei contatti
intervenuti tra le parti della trattativa, risulti che i contraenti abbiano posto una sorta di
affidamento sulla possibile conclusione della trattativa.
In altre parole, la trattativa affidante potrà evidenziarsi in quelle specifiche condotte
assunte dalle parti che esprimano una seria volontà di concludere un accordo (a mero titolo
esemplificativo, non certo esaustivo, la condotta di recarsi all’estero, incontrare i venditori,
assaggiare il prodotto, discutere dell’affare in più occasioni, cercando l’accordo, prospettando il
prezzo, il quantitativo, il luogo di consegna, pur senza concretamente raggiungere tale accordo
relativamente a detti elementi).

incriminate, in una acquisita “titolarità” della droga da parte di soggetti che agiscono, anche

Tale ipotesi non ricorrerà solo allorché, nel caso concreto rimesso all’esame del giudice
di merito, emergano condotte che non evidenziano una seria volontà di raggiungere l’accordo
(es. meri contatti informativi non seguiti da condotte concrete di avvicinamento).
3.2 Con riferimento alla ordinanza del tribunale del riesame oggetto di ricorso per
cassazione, appare evidente, dalla mera lettura della stessa, che i giudici di merito hanno
considerato una serie condotte concrete emergenti dalle indagini (cfr. pag 3 ove si dà atto dei
“numerosi contatti telefonici tra i potenziali acquirenti-finalizzati principalmente

gli intermediari e finanche gli assaggi di campioni di sostanza stupefacente”)

pervenendo

tuttavia ad escludere, sia pure sotto il profilo cautelare, la sussistenza del quadro indiziario
delineante la fattispecie tentata del reato contestato, non risultando “essersi concluso un
accordo tra acquirenti e venditori in ordine alla quantità, qualità e prezzo della droga” (cfr pag.
3, primo capoverso ordinanza impugnata).
Tale affermazione, tuttavia, non risulta conforme ai principi sopra delineati, giacchè l’accordo,
in ragione del consenso, determina il passaggio della proprietà dello stupefacente,
corrispondendo quindi alla fattispecie consumata, e risultando quindi necessario disporre
l’annullamento con rinvio al Tribunale di Roma affinché, in sede di riesame, il collegio verifichi
la riconducibilità delle condotte pacificamente svolte dagli indagati, ad una trattativa affidante
circa l’accordo di vendita, o a meri atti preparatori.
4. Il Tribunale di Roma procederà a nuovo esame alla luce del seguente principio di diritto: il
delitto di cui all’art. 73 comma 1 bis del DPR 309/90, risulta integrato nella sua fattispecie
tentata in presenza di condotte che, pur senza concretarsi nel perfezionamento dell’accordo
contrattuale (che integra la fattispecie consumata),evidenzino una seria volontà di raggiungere
l’accordo, emergente da natura, quantità e qualità dei contatti intervenuti tra le parti, che
denoti come i contraenti abbiano riposto un affidamento sulla possibile conclusione della
trattativa.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma, sezione
riesame.
Così deciso in Roma, 13 aprile 2018
Il Presidente
Gasto

dreazza

Il Consigliere estensore

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Terza Sezione Penale

DEPOSITATO IN CANC LTJRIA
Roma,

9
tAG

015.

all’organizzazione del finanziamento- alle trasferte in Spagna di taluni di loro, agli incontri con

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