Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38410 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38410 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BELLI STEFANO N. IL 03/07/1938
avverso la sentenza n. 892/2010 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
07/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO FOTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

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Data Udienza: 12/04/2013

930.1.m

Udito, per la parte civile, l’Avv
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-1- Con sentenza del Gup del Tribunale di Cremona, del 13 luglio 2009, Belli Stefano
Eugenio è stato ritenuto responsabile del delitto di omicidio colposo plurimo commesso, con
violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, in pregiudizio di Fiameni
Carla Maria, Fiameni Fiorenza e Pagliari Sara, figlia decenne di quest’ultima, nonché del
delitto di lesioni colpose commesse, nella stessa occasione, in pregiudizio del figlio di
Fiameni Carla Maria, Ripamonti Pavel, di appena sei mesi, trasportato in un passeggino.
All’affermazione di responsabilità è seguita la condanna dell’imputato -riconosciute le
circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti all’aggravante contestata, applicata la
diminuente del rito, ritenuta la continuazione- alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione,
nonché al risarcimento dei danni, in solido con il responsabile civile “ma Assitalia s.p.a.”, in
favore delle costituite parti civili, alle quali ha assegnato provvisionali di vario importo. È
stata anche applicata la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di
guida per quattro anni.
Secondo l’accusa, condivisa dai giudici del merito, l’imputato, alla guida della propria
moto “Yamaha FZ1”, nel percorrere ad elevata velocità la via Cesare Battisti di Annico, per
colpa generica e con violazione di specifiche norme del codice della strada, ha travolto ed
ucciso tre pedoni che, provenienti da via Betulle, giunti all’altezza del numero civico 14, in
corrispondenza dell’intersezione con via Mazzini, stavano attraversando, sull’apposito
passaggio pedonale, la carreggiata stradale.
-2- Su appello proposto dall’imputato, dal responsabile civile e dalla parte civile,
quest’ultima in via incidentale, la Corte d’Appello di Brescia, con sentenza del 7 dicembre
2011, rilevato che il delitto di lesioni ai danni del piccolo Ripamonti non era stato mai
oggetto d’imputazione, di guisa che doveva essere eliminata la pena inflitta a tale titolo dal
primo giudice, ha ridotto la stessa ad anni tre e mesi quattro di reclusione, lasciando
inalterata la pena base ed il giudizio di equivalenza tra le opposte circostanze. Con conferma
delle altre statuizioni della sentenza di primo grado.
-3- Avverso detta decisione propone ricorso per cassazione l’imputato, che deduce:
a) Mancanza di motivazione su un punto decisivo, rappresentato dal tema della velocità
della moto dallo stesso condotta, con riguardo al quale il giudice del gravame si sarebbe
limitato al mero rinvio alla consulenza tecnica in atti, che aveva, a giudizio del ricorrente,
utilizzato a tal fine metodi di calcolo non indicati, e quindi non verificabili;
b) Vizio di motivazione, con riguardo alla denunciata inadeguatezza delle condizioni della
strada;
c) Vizio di motivazione in punto di determinazione della pena, non avendo il giudice del
gravame specificato i criteri a tal fine utilizzati, e non avendo considerato come, partendo da
una pena base di quattro anni e sei mesi, indicata in motivazione, la pena finale da irrogarsi,
applicata la diminuente del rito, avrebbe dovuto essere individuata in tre anni, non in tre anni
e quattro mesi, come indicato in dispositivo.
Considerato in diritto.
Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
-1- Inammissibili, sotto vari profili, sono i due primi motivi di ricorso.
Manifestamente infondata e generica è, anzitutto, la doglianza concernente il tema della
velocità della moto condotta dall’imputato, individuata dal consulente in almeno 82 km orari,

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Ritenuto in fatto.

-2- Parzialmente fondato è, viceversa, il motivo di ricorso relativo all’entità della pena.
Palesemente infondate sono le censure motivazionali concernenti l’individuazione della
pena base per il decesso di Fiameni Carla Maria e delle frazioni di pena inflitte a titolo di
continuazione per i decessi delle altre due vittime, Fiameni Fiorenza e Pagliari Sara. Sul
punto, il giudice del gravame si è congruamente, seppur sinteticamente, espresso,
richiamando le gravi violazioni del codice della strada commesse dal Belli e le gravissime
conseguenze che ne sono derivate.
Fondata è, viceversa, la censura concernente l’entità della pena inflitta.
Invero, la corte territoriale, dopo avere eliminato la frazione di pena inflitta a titolo di
continuazione per il delitto di lesioni colpose in pregiudizio del piccolo Ripamonti (non
ricompreso nel capo d’imputazione), ha indicato in dispositivo la pena di tre anni e quattro
mesi di reclusione, non coerente rispetto alle considerazioni svolte sul punto in motivazione.
In realtà, ribadito il giudizio di equivalenza tra le circostanze del reato, confermata la pena
base per il decesso di Fiameni Carla Maria in anni due e mesi sei di reclusione ed indicato in
due anni l’aumento della pena per il decesso delle altre due vittime, e dunque, una pena di
quattro anni e sei mesi, da ridurre per il rito, la pena da infliggere avrebbe dovuto essere
determinata in tre anni di reclusione.
-3- La sentenza impugnata, dunque, deve essere, sul punto, annullata senza rinvio, potendo
questa Corte, ai sensi dell’art. 620 lett. 1) del codice di procedura penale, procedere
direttamente alla corretta individuazione della pena nei termini sopra specificati.
Per il resto, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato alla rifusione delle
spese del presente giudizio, in favore delle parti civili, che si liquidano in complessivi
3.500,00 euro, oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
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al momento dello scontro, ed in quasi 100 km quella di marcia (ben oltre il previsto lmite di
50 km), ed alle cui conclusioni ambedue i giudici del merito hanno ritenuto di riportarsi.
In proposito, già il primo giudice aveva specificato che il calcolo della velocità era stato
correttamente eseguito dal CT, che l’aveva individuata tenendo conto della lunghezza e delle
caratteristiche delle tracce di frenata, dei danni riscontrati sul veicolo investitore, delle
condizioni delle vittime e della posizione finale assunta dai corpi. Elementi di valutazione
certamente pertinenti e giustamente valorizzati dal consulente ed apprezzati anche dal
giudice del gravame, che ad essi, ed alle considerazioni sul punto svolte dal primo giudice, ha
legittimamente fatto espresso riferimento.
Palesemente infondata è, quindi, la dedotta censura ed altresì generica, ove si consideri che
il ricorrente si limita a contestare le valutazioni del consulente ed a richiamare i rilievi
effettuati dalla polizia stradale, senza specificare perché ed in che termini tali rilievi considerati dal primo giudice del tutto in linea con le conclusioni del CT- sarebbero rilevanti
al punto da poter determinare una diversa valutazione dei fatti e delle responsabilità.
Altrettanto generico è il riferimento al calcolo della velocità, posto che alle valutazioni svolte
sul punto dal consulente il ricorrente nulla, in concreto, oppone.
Analoghe considerazioni merita la censura concernente le condizioni della strada teatro
dell’incidente, a dire del ricorrente priva di adeguata segnaletica.
Tali condizioni sono state, invero, specificamente prese in considerazione dal giudice del
gravame che ha legittimamente ritenuto, con motivazione sintetica ma certamente congrua e
coerente sul piano logico, che eventuali carenze della segnaletica non varrebbero a
modificare i termini della responsabilità dell’imputato, posto che la causa unica
dell’incidente era stata la mancata osservanza, da parte dello stesso, del limite di velocità.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena e
determina la medesima in anni tre di reclusione. Rigetta il ricorso nel resto e condanna il
ricorrente alla rifusione delle spese in favore delle parti civili che liquida in complessivi euro
3.500,00, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma il 12 aprile 2013.

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