Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38405 del 05/02/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38405 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da :
1.30IA ANGHEL N- IL 21.09.1982
2. SANDU CIUCUREL N. IL 09.07.1986
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI BRESCIA

in data 25 gennaio 2012

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI;
sentite le conclusioni del PG in persona del dott. Roberto Aniello che ha chiesto il rigetto dei
ricorsi
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 25 gennaio 2012 la Corte d’Appello di Brescia, in riforma della
sentenza in data 4 novembre 2010 del Tribunale di Cremona, appellata dal Procuratore
Generale, dichiarava Joia Anghel e Sandu Ciucurel colpevoli del reato di tentato furto
aggravato in un supermercato IPERCOOP, così parzialmente modificata l’originaria
imputazione e li condannava, concessa l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. alla pena
di mesi uno e giorni dieci di reclusione ed € 80,00 di multa ciascuno.
2. Avverso tale decisione proponevano ricorso personalmente entrambi gli imputati
deducendo la violazione di legge «L art. 606 lett. b) per travisamento della prova,
illogicità e carenza di motivazione nella valutazione della sussistenza del concorso di
persone nel reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi sono infondati.
La gravata sentenza ha accolto il ricorso del Procuratore Generale, affermando la penale
responsabilità a carico di entrambi gli imputati, rilevando come gli stessi si erano recati
insieme presso il supermercato restando così irrilevante verificare chi dei due fosse
stato fermato in possesso della scatola nella quale erano stati occultati i beni appresi
all’interno dei reparti, giacchè, qualsiasi di essi sia transitato con la merce dal varco
riservato alla clientela che non ha compiuto acquisti, è pur certo che i beni siano stati
prelevati previo accordo di entrambi, proprio perché trovandosi i predetti in reciproca
compagnia, ciò che faceva l’uno non poteva sfuggire all’altro, anche perché i vari
prodotti (provenienti da reparti diversi come attesta la loro eterogeneità) venivano
collocati man mano in una scatola.
Sostengono i ricorrenti che su tale unico elemento non può fondarsi la prova
dell’accordo al prelievo illecito dei beni.

Data Udienza: 05/02/2013

13 •Q m.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali_
Così deciso nella camera di consiglio del 5 febbraio 2013

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

Osserva il Collegio : come costantemente precisato da questa Corte (Cfr. da ultimo
Sez.. 2, Sentenza n. 18745 del 15/01/2013 , Ambrosanio ed altri, Rv. 255260) il
concorso di persone nel reato non presuppone necessariamente un previo accordo né la
reciproca contestuale consapevolezza del comune agire, in quanto l’attività costitutiva
del concorso può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che
fornisca un apprezzabile contributo, in tutte o alcune fasi di ideazione, organizzazione
od esecuzione, alla realizzazione dell’altrui proposito criminoso, talché assume carattere
decisivo l’unitarietà del “fatto collettivo” realizzato che si verifica quando le condotte dei
concorrenti risultino, alla fine, con giudizio di prognosi postumo, integrate in unico
obiettivo, perseguito in varia e diversa misura dagli imputati, sicché è sufficiente che
ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta
altrui. Sul punto la motivazione della gravata sentenza regge ampiamente il vaglio di
legittimità. La Corte di merito, dopo una ricostruzione del fatto incensurabile in questa
sede, ha fatto, infatti, corretta applicazione dei principi in tema di concorso di persone
nel reato, in forza dei quali il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando
abbia efficacia causale, ponendosi come condizione dell’evento lesivo, ma anche quando
assuma la forma di un contributo agevolatore, e cioè quando il reato, senza la condotta
di agevolazione, sarebbe ugualmente commesso, ma con maggiori incertezze di riuscita
o difficoltà. Ne deriva che, a tal fine, è sufficiente che la condotta di partecipazione si
manifesti in un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile
alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o
l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti, e che il partecipe, per effetto della sua
condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della
produzione del reato, perché in forza del rapporto associativo diventano sue anche le
condotte degli altri concorrenti (Sezione 4, 19 dicembre 2008, Leonardo ed altri). In
questa ottica, il ruolo di entrambi imputati, pur mancando l’accertamento in ordine a
quale dei due fosse stato intercettato all’uscita è risultato non arbitrariamente
qualificabile come contributo concorsualmente rilevante.
4. Il ricorso va pertanto rigettato. Ne consegue ex art. 616 c.p.p, la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali

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