Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 384 del 29/09/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 384 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: ESPOSITO ALDO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
TONDO PIETRO nato il 05/01/1971 a FRIEDBERG( GERMANIA)

avverso l’ordinanza del 16/11/2016 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ESPOSITO;

Data Udienza: 29/09/2017

RILEVATO IN FATTO

Con l’ordinanza in epigrafe la Corte d’appello di Lecce, quale giudice
dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta avanzata da Tondo Piero, finalizzata a
ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi dell’art. 671
cod. proc. pen., in relazione alle sentenze presupposte ivi indicate.
Avverso questa ordinanza il Tondo ricorre personalmente per Cassazione,
deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’omesso

conto dell’esistenza di tutti gli indici sintomatici della sussistenza del medesimo
disegno criminoso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
Il ricorso proposto, più che individuare singoli aspetti del provvedimento
impugnato da sottoporre a censura giurisdizionale, tende a provocare una nuova,
non consentita, valutazione delle circostanze di fatto già correttamente vagliate
dal giudice dell’esecuzione.
L’ordinanza impugnata, invero, ha correttamente valutato il contenuto delle
condotte delittuose presupposte, escludendo che i , tali reati si connotassero per
l’unitarietà del programma sottostante, da non confondere con la sussistenza di
una concezione di vita improntata al crimine, anche tenuto conto della non
riconducibilità delle attività illecite, neppure astrattamente, a una preordinazione
criminosa, e della’ finalizzazione diametralmente opposta

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nei termini processuali correttamente esplicitati nel provvedimento impugnato.
La reiterazione della condotta criminosa, peraltro, non può essere
espressione di un programma di vita improntata al crimine e che dal crimine
intende trarre sostentamento, venendo sanzionata da istituti quali la recidiva,
l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un
diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della
continuazione, preordinato al

favor rei (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012,

Abbassi, Rv. 252950).
Il giudice dell’esecuzione ha ritenuto ostativi all’applicazione della
continuazione i seguenti elementi: l’eterogeneità dei beni giuridici protetti dalle
norme violate, l’impossibilità di ritenere preordinati i singoli reati alla data di
costituzione dell’associazione criminosa e il distacco temporale tra le singole
condotte.

2

riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, che si imponeva tenuto

Il ricorrente, d’altronde, non si è confrontato con la motivazione del
provvedimento impugnato, non spiegando adeguatamente per quali ragioni tra i
reati in questione emergesse sin dall’origine una delibazione criminosa,
quantomeno nelle sue linee essenziali, evidenziando solo l’esistenza di vari
elementi sintomatici della sussistenza del vincolo.
In tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso,
che caratterizza l’istituto disciplinato dall’art. 81, comma secondo, cod. pen.,
postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente

vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione del reo a favore della
commissione di un numero non predeterminato di reati, che, seppure dello
stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate,
rivelando una generale propensione alla devianza, che si concretizza, di volta in
volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali (Sez. 1, n.
15955 dell’08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615).
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle
ammende, determinabile in 2.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 29 settembre 2017.

Il Consigliere estensore
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Il Presidente
Angela Tardio

deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica col programma di

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