Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38399 del 16/07/2013
Penale Sent. Sez. 5 Num. 38399 Anno 2013
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PISTORELLI LUCA
SENTENZA
sul ricorso proposto dal difensore di:
Cecere Paolo, nato ad Aversa , il 3/4/1962;
avverso il decreto del 28/6/2012 della Corte d’appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
letta la requisitoria Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale
Dott. Antonio Gialanella, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con decreto del 28 giugno 2012 la Corte d’appello di Napoli rigettava il ricorso di
Cecere Paolo avverso il provvedimento con cui il Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere gli aveva applicato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di
Data Udienza: 16/07/2013
pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, nonché imposto il versamento di
cauzione.
2. Avverso il provvedimento ricorre il prevenuto a mezzo del proprio difensore
deducendo vizi motivazionali del decreto impugnato. In particolare il ricorrente
lamenta il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza degli indizi
dell’inserimento del Cecere in un’organizzazione criminale di tipo mafioso, limitandosi
in proposito a richiamare i precedenti giudiziari del proposto senza compiere un’analisi
senza mai specificare il ruolo eventualmente rivestito dallo stesso in seno al sodalizio.
Non di meno la Corte territoriale avrebbe apoditticamente affermato l’attualità della
pericolosità sociale del prevenuto nonostante l’omicidio di cui era stato accusato e le
dichiarazioni di cui si è detto risalissero alla prima età degli novanta e senza tenere
conto dei lunghi periodi di carcerazione sofferti dal Cecere e della loro attitudine a
recidere i pregressi rapporti criminali del medesimo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Per il consolidato orientamento di questa Corte – asseverato anche dal giudice delle
leggi con le sent. n. 321/2004 e n. 80/2011 – in tema di misure di prevenzione, la
riserva del sindacato di legittimità alla violazione di legge non consente di dedurre il
vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e) c.p.p., sicché il
controllo del provvedimento consiste solo nella verifica della rispondenza degli
elementi esaminati ai parametri legali, imposti per l’applicazione delle singole misure e
vincolanti, in assenza della quale ricorre la violazione di legge
sub specie di
motivazione apparente (ex multis Sez. 5, n. 19598 dell’8 aprile 2010, Palermo, Rv.
247514).
Nel caso di specie la Corte territoriale ha reso motivazione più che adeguata e
certamente non meramente apparente sulla sussistenza dei requisiti per l’applicazione
della misura di prevenzione, rispondendo alle doglianze avanzate con il gravame di
merito ed osservando, in particolare, come l’appartenenza del Cecere ad una
consorteria mafiosa sia stata oggetto di accertamento definitivo a seguito della
condanna riportata dal medesimo per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. divenuta
irrevocabile nel 2002, mentre, con riguardo all’attualità della pericolosità sociale del
prevenuto, come ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione nei confronti di
appartenenti ad associazioni mafiose, una volta che detta appartenenza risulti
adeguatamente dimostrata, non è necessaria alcuna particolare motivazione del
giudice in punto di attuale pericolosità, che potrebbe essere esclusa solo nel caso di
recesso dall’associazione, del quale occorrerebbe acquisire positivamente la prova, non
critica delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che lo avevano accusato, peraltro
bastando a tal fine eventuali riferimenti al tempo trascorso dall’adesione o dalla
concreta partecipazione ad attività associative. Affermazione quest’ultima che risulta
in sintonia con il costante insegnamento di questa Corte (Sez. 2, n. 3809 del 15
gennaio 2013, Castello e altri, Rv. 254512; Sez. 6, n. 499/09 del 21 novembre 2008,
Conversano, Rv. 242379) ed alla quale comunque i giudici dell’appello hanno fatto
seguire una puntuale analisi degli elementi da cui può dedursi il persistente
inserimento del prevenuto nella consorteria camorristica di provenienza (tuttora
attiva) e l’assenza di elementi sintomatici di un suo recesso, non ultimo il fatto che nel
oggi egli si è affrettato a commettere il reato di favoreggiamento personale.
Le critiche avanzate dal ricorrente a tale apparato giustificativo si pongono dunque
all’esterno del perimetro dei motivi per cui è consentito ricorrere al giudice di
legittimità
nell’ambito
del
procedimento
di
prevenzione,
determinando
conseguentemente e per l’appunto l’inammissibilità del ricorso.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q. M .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 16/7/2013
corso di uno dei due unici intervalli di libertà di cui il Cecere ha usufruito dal 1998 ad