Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38391 del 18/07/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38391 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: TORNESI DANIELA RITA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DUNA KLAJDI nato il 05/07/1991

avverso l’ordinanza del 28/03/2018 del TRIBUNALE di MILANO – in funzione di giudice
del riesame
udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA RITA TORNESI;
Sentite le conclusioni del P.G. SIMONE PERELLI che conclude per l’annullamento della
ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Milano

Data Udienza: 18/07/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 02 marzo 2018 il Giudice per le Indagini Preliminari
presso il Tribunale di Milano emetteva ordinanza di applicazione della custodia
cautelare in carcere nei confronti di Dunja Klajdi per i reati di cui agli artt. 73
d.P.R. n. 309/1990, 81 cpv. 110 cod. pen., 2, 4 e 7 legge n. 895/1967 e succ.
modif.
La procedura di esecuzione del provvedimento coercitivo non si perfezionava

il verbale di vane ricerche.
1.1. In data 20 marzo 2018 Dunja Klajdi, appresa la notizia dell’esistenza
del provvedimento restrittivo a suo carico, nominava difensore di fiducia
l’avv. Niccolò Vecchioni che proponeva ricorso, ai sensi dell’art. 309 cod. proc.
pen., avverso l’ordinanza applicativa della misura custodiale.
1.2. Con ordinanza emessa de plano, in data 28 marzo 2018, il Tribunale di
Milano – Sezione per il Riesame – dichiarava l’inammissibilità del ricorso per
carenza di interesse sottolineando che il provvedimento cautelare non era stato
eseguito nè Dunja Klajdi era stato dichiarato latitante, facendo discendere da tali
assunti l’insussistenza di una situazione concretamente pregiudizievole da
rimuovere.
I giudici della cautela osservavano che, ai sensi dell’art. 309, commi 1 e 2,
cod. proc. pen., il termine di dieci giorni per la proposizione della richiesta di
riesame decorre dalla esecuzione o dalla notificazione del provvedimento
cautelare e, per il latitante, dalla notificazione eseguita ai sensi dell’art. 165 cod.
proc. pen.; per il difensore lo stesso termine decorre dalla notificazione
dell’avviso di deposito dell’ordinanza.
Sostenevano che la rigida tempistica che regola il procedimento di riesame,
non è conciliabile con il rito degli irreperibili.

2.Tale ordinanza veniva notificata, ai sensi dell’art. 148, comma 4, cod.
proc. pen. mediante consegna di copia al difensore di fiducia avv. Vecchioni.

3. Il difensore di fiducia di Dunja Klajdi, avv. Vecchioni, ha proposto,
tramite il sostituto processuale avv. Muzzi, ricorso per cassazione avverso la
predetta ordinanza elevando i seguenti motivi.
3.1. Con il primo motivo deduce il vizio di motivazione con riferimento alla
ritenuta carenza di interesse alla proposizione del ricorso al Tribunale del
Riesame da parte del destinatario di misura coercitiva risultato irreperibile, ma
non ancora dichiarato latitante, o del suo difensore.

a causa dell’irreperibilità del predetto indagato e il 14 marzo 2018 veniva redatto

Sostiene che i Giudici della Cautela sono incorsi in una erronea
interpretazione della legge processuale e dei principi giurisprudenziali in materia,
essendo sussistente, nel caso in esame, l’interesse attuale e concreto
dell’indagato e del suo difensore alla rimozione del provvedimento coercitivo.
Soggiunge che il codice di rito, infatti, non prevede la sanzione processuale
della inammissibilità nella ipotesi in cui l’indagato (o il suo difensore), abbia
inteso proporre impugnazione anteriormente alla decorrenza dei termini stabiliti
dalla legge e richiama l’orientamento giurisprudenziale alla cui stregua alla

può sostituirsi una conoscenza alternativa “formale”, avvenuta anche prima e
indipendentemente dalla ricezione dell’avviso di deposito di cui all’art. 293,
comma 3, cod. proc. pen.
Sollecita la Suprema Corte, qualora ritenga che l’attuale assetto normativo
inibisca l’immediato esercizio del potere di impugnazione del difensore,
procrastinandolo al momento successivo all’emissione del provvedimento che
dichiara la latitanza, a sollevare la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 309, commi 1, 2, 3 cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 3, 111,
comma 7, Cost.
Sottolinea, in particolare, l’ingiustificata disparità di trattamento che
sarebbe, infatti, riservata a due identiche situazioni di fatto: da un lato,
l’indagato o l’imputato latitante che potrebbe astrattamente evitare il carcere
giovandosi di un annullamento della misura da parte del Tribunale del Riesame
prima della sua esecuzione, dall’altro il «catturando irreperibile» che sarebbe,
invece, costretto ad adire il Tribunale del Riesame solo dopo la cattura.
3.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione con riferimento alla
asserita impossibilità di eseguire, nell’ambito del procedimento di riesame, la
notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale all’indagato irreperibile
mediante consegna di copia al difensore di fiducia sostenendo che non possono
dedursi difficoltà della notificazione di avvisi prima della emanazione del
provvedimento declaratorio.
3.3. Conclude chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei termini che vengono qui di seguito esposti.

2. Il Collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo
cui, nell’ambito del procedimento incidentale di riesame, la previsione di un dies
a quo per l’impugnazione ha il solo scopo di rendere invalicabile il termine finale

2

formale notifica del provvedimento cautelare (ovvero, al deposito dello stesso)

ma non quello di fissare il momento prima del quale l’impugnazione non possa
essere esercitata. Il procedimento cautelare presenta, infatti, aspetti peculiari
posto che l’art. 309, comma 6, cod. proc. pen. prevede la possibilità di separare
il negozio processuale di impugnazione dalla enunciazione dei motivi, con la
conseguente inapplicabilità della particolare disposizione dell’art. 581, lett. c)
cod. proc. pen. che impone, a pena di inammissibilità, l’indicazione dei motivi di
impugnazione contestualmente alla presentazione del gravame, stante la
facoltatività prevista dal sesto comma dell’art. 309 stesso codice, della

«tantum devolutum quantum appellatum»(Sez. U. n. 16 del 05/10/1994, Rv.
199388).
Tale conclusione trova del resto conferma nella cognizione piena attribuita al
Tribunale del Riesame al quale compete la stessa cognizione del giudice che ha
emesso il provvedimento restrittivo indipendentemente dai motivi proposti dalla
parte (Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, Ry.22100).
Va inoltre ribadito il principio secondo cui è ravvisabile l’interesse, concreto
ed attuale, del soggetto nei cui confronti sia stata emesso un provvedimento
limitativo della libertà personale, di ottenere, indipendentemente dalla
esecuzione dello stesso, l’immediato controllo di legalità in quanto in ogni caso
incidente negativamente sulla persona sotto il profilo del pregiudizio non solo
morale e psicologico, ma spesso anche di natura patrimoniale che la sola
emissione del provvedimento cautelare comporta (Sez. 4, n. 24627 del
07/04/2004, Rv. 228843).
La conferma del’esistenza di questo principio nel nostro ordinamento si trae
chiaramente, oltre che dalle norme che riconoscono tale facoltà di impugnazione
al latitante, da una valutazione complessiva delle norme di tutela previste dalla
legge in materia di libertà che, con la previsione costituzionale (art. 111, comma
7,Cost.) della ricorribilità in Cassazione contro i provvedimenti sulla libertà
personale, mostrano una tendenza volta a garantire la tutela immediata contro
ogni pregiudizio dello status libertatis.
Del resto la Suprema Corte è pervenuta ad analoga soluzione interpretativa,
nell’ipotesi di ineseguibilità dell’ordinanza di custodia cautelare per difetto di
estradizione; in tal caso è stato annullato con rinvio il provvedimento del giudice
del riesame che, accogliendo parzialmente il ricorso dell’indagato sotto il profilo
della violazione del principio di specialità, aveva sospeso l’esecuzione della
misura cautelare carceraria, senza entrare però nel merito del provvedimento
impugnato (Sez. 4, n. 24627 del 07/04/2004,Ry. 228843).
Ed ancora, in applicazione dei principi sopra enunciati, la giurisprudenza di
legittimità ha riconosciuto anche la sussistenza dell’interesse del parlamentare

3

indicazione dei motivi a sostegno e, quindi, della inapplicabilità della regola del

nei cui confronti era stata emessa la misura della custodia cautelare in carcere a
proporre istanza di riesame sin dal momento in cui ha conoscenza del
provvedimento, anche attraverso la richiesta di autorizazione all’arresto rivolta
alla Camera di appartenenza, dell’esistenza del correlativo provvedimento a suo
carico ( Sez. 5, n. 22421 del 05/05/2003, Rv. 225445; Sez. 6, n. 147 del
16/01/1996, Rv. 204499).

3.

Quanto al secondo motivo, è sufficiente rammentare che la

istanza di riesame, qualora non si riesca nell’intento di notificare l’avviso di
udienza all’indagato o all’imputato, in quanto non rintracciato in nessuno dei
luoghi di cui all’art. 161 comma 1, cod. proc. pen. e in ogni altro conoscibile
recapito, va applicata la procedura di cui al quarto comma cod. proc. pen. che
prevede la esecuzione della notificazione mediante consegna di copia dell’atto al
difensore (Sez. 3, n. 3234 del 09/07/1990, Rv. 185089).

4. Alla stregua di quanto sopra esposto, l’ordinanza impugnata va annullata
con rinvio al Tribunale di Milano, Sezione del Riesame, per il giudizio.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Milano, sezione del
riesame, per il giudizio.
Così deciso il 18 luglio 2018

Il Consigliere estensore
Daniela Rita Tornesi

giurisprudenza di legittimità ha statuito che nella procedura conseguente ad

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