Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38390 del 04/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 38390 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Borghetti Piofrancesco, nato a Modena il 16/10/1956
Martinez Erminia, nata a Cannobio il 28/03/1965

avverso il decreto di sequestro preventivo del 4/6/2012 del G.i.p. presso il Tribunale di Como R.G.
2687/2012;
visti gli atti, il prowedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Carmine Stabile, che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi per il Borghetti e la Martinez l’Avv. Luca Sirotti e, per il solo Borghetti, l’Avv. Tullio Padovani, i quali
hanno concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 04/06/2013

1.Con decreto de14 giugno 2012 il G.i.p. presso il Tribunale di Como disponeva il sequestro
preventivo ai finirConfisca per equivalente a carico di Borghetti Piofrancesco e di altri indagati di
beni di pertinenza dei medesimi e corrispondenti al profitto da loro conseguito dall’esecuzione dei
reati fine di una associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta patrimoniale ed alla
commissione di reati tributari e contro il patrimonio, la partecipazione alla quale veniva loro
contestata con l’aggravante della transnazionalità.
1.1 In esecuzione di tale provvedimento la polizia giudiziaria, su ordine del pubblico ministero del

formalmente di proprietà di Martinez Erminia, moglie del menzionato Borghetti, ritenendo tale
intestazione solo fittizia ed i beni invero riconducibili alla titolarità di quest’ultimo.
1.2 Lamentando, tra l’altro, che dell’esecuzione di tale sequestro non era stato redatto verbale
idoneo ad identificare il bene sottoposto a vincolo come uno dei quelli per cui il G.i.p. aveva
disposto la misura cautelare reale, veniva proposto ricorso per saltum innanzi a questa Corte il
03/08/2012.
1.3 II successivo 25/09/2012 la polizia giudiziaria provvedeva però, alla presenza della Martinez, a
redigere il formale verbale di sequestro dei suddetti beni.
2. Il Borghetti e la Martinez — quest’ultima in qualità di persona cui le cose sono state sequestrate e
che avrebbe diritto alla loro restituzione — ricorrono ex art. 325 comma 2 c.p.p. awerso il
«combinato disposto» costituito dal decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. di Como, dal
prowedimento di delega del 23/07/2012 con cui il pubblico ministero ne ha “esteso” l’esecuzione ai
beni intestati alla Martinez, dall’attività esecutiva posta in essere dalla polizia giudiziaria il 27/07/
2012 e dal verbale di sequestro redatto dalla stessa il 25/09/2012, deducendo l’errata applicazione
dell’art. 11 I. n. 146/2006 e dell’art. 322 terc.p.
2.1 In tal senso i ricorrenti, con motivo unico, contestano la legittimità del sequestro in quanto il
vincolo sarebbe stato eseguito in forza della presunta fittizietà dell’intestazione del bene alla
Martinez, essendo la provvista necessaria al suo acquisto stata fornita dal Borghetti. In proposito,
si osserva come l’acquisto dell’immobile sia avvenuto in epoca assai anteriore all’insorgenza del
procedimento penale e alla stessa consumazione dei reati che ne sono oggetto, talché alcun
intento fraudolento può essere ascritto all’operazione. Ma anche volendo accogliere la
prospettazione dell’accusa, tale acquisto dovrebbe essere, secondo il ricorso, necessariamente
ricondotto allo schema del negozio simulato. Conseguentemente si è erroneamente ritenuto non
opponibile alla pretesa ablatoria dello Stato l’intervenuta prescrizione dell’azione di simulazione
relativa, risalendo il negozio suddetto al 28/07/2000 ed essendo dunque decorso, al momento
dell’apposizione del vincolo, l’ordinario termine decennale a questa applicabile ai sensi dell’art. 2946
cod. civ.
In definitiva i ricorrenti denunciano l’omessa considerazione, ai fini dell’applicazione delle
disposizione penale che configura la confisca del profitto del reato, del consolidamento della
situazione giuridica costituitasi in capo alla Martinez per effetto del decorso del tempo in ragione di
quanto previsto in tal senso dalle norme civili, delle quali avrebbe dovuto per l’appunto

23/07/2012, procedeva in data 27/07/2012 al sequestro di un immobile e delle relative pertinenze

necessariamente tenersi conto e in forza delle quali il sequestro non poteva essere eseguito
sull’immobile in quanto la presunta fittizietà dell’intestazione del bene non era più opponibile alla
sua formale proprietaria.
2.2 Non di meno, annotano ancora i ricorrenti, l’invocato schema dell’interposizione fittizia di
persona presupporrebbe, per poter essere condiviso, la prova dell’esistenza di un accordo
trilaterale che abbia coinvolto anche l’originario venditore dell’immobile, prova invece non acquisita
dagli inquirenti, i quali dunque non potevano in alcun modo indurre la simulazione dell’intestazione

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
1.1 Gli stessi ricorrenti hanno qualificato l’impugnazione proposta ai sensi del secondo comma
dell’art. 325 cod. proc. pen. Pertanto l’ammissibilità del ricorso è condizionata, ai sensi del principio
di tassatività delle impugnazioni, al rispetto dei limiti entro i quali tale strumento di gravame è
attivabile secondo la legge processuale.
A norma delle menzionata disposizione processuale, però, oggetto di ricorso per saltum può essere
esclusivamente il decreto del giudice con cui viene applicata la misura cautelare reale (Sez. 4, n.
8804 del 6 febbraio 2009, Tacconi, Rv. 243707; Sez. 5, n. 3764 del 8 luglio 1994, Calarco, Rv.
199867) e non anche i provvedimenti e gli atti attraverso cui il pubblico ministero e la polizia
giudiziaria su delega di quest’ultimo abbiano proweduto alla sua esecuzione.
1.2 Nel caso di specie con il ricorso è stato formalmente impugnato anche (ma, come subito si
dirà, non solo) anche il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. di Como in data
04/06/2012, ma i ricorrenti non hanno poi prospettato alcun effettivo motivo di censura del
medesimo, atteso che le loro doglianze si sono concentrate sugli atti compiuti dal pubblico
ministero e dalla polizia giudiziaria in sua esecuzione.
1.3 A scanso di equivoci (giacché la questione è stata oggetto di incidentale critica nel ricorso, pur
non costituendo oggetto di formale doglianza) vai la pena ribadire in proposito che il giudice del
sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente non ha l’obbligo di individuare i singoli
beni oggetto dell’intervento cautelare e che tale individuazione, ove non effettuata dal giudice,
spetta al pubblico ministero quale organo demandato all’esecuzione del provvedimento (ex multis
Sez. 3, n. 12580 del 25 febbraio 2010, Baruffa, Rv. 246444). Del tutto legittimamente, dunque,
sotto questo aspetto l’individuazione del bene di cui si tratta è stata effettuata dal pubblico
ministero, né del resto, si ribadisce, il profilo ha costituito oggetto di specifica censura da parte dei
ricorrenti.
1.4 La mancata esposizione nel ricorso di motivi specificamente correlati a violazioni di legge
effettivamente concernenti il decreto di sequestro ne evidenziano dunque la genericità in relazione
all’unico provvedimento che poteva giustificare il ricorso al mezzo di gravame in concreto prescelto.
E’ dunque evidente come lo stesso decreto sia stato impugnato solo strumentalmente, nell’inutile
tentativo di legittimare il ricorso diretto nei riguardi degli atti di esecuzione del sequestro per cui,

in capo alla Martinez dell’immobile.

come detto, non è esperibile la procedura ex art. 325, comma 2, cod. proc. pen. Né alcun pregio
presenta in senso contrario l’ escamotage retorico utilizzato dai ricorrenti per cui oggetto di ricorso
diretto sarebbe il “combinato disposto” di tutti gli atti di cui si è detto, giacché il decreto che
dispone il vincolo cautelare reale e gli atti attraverso i quali lo stesso viene concretamente apposto
sono autonomi (anche se naturalmente i secondi presuppongono necessariamente il primo) e sono
sottoposti dalla legge processuale a discipline differenziate quanto all’impugnazione.
2. Dunque il ricorso è inammissibile, con riguardo all’impugnazione del provvedimento genetico

della polizia giudiziaria oggetto di specifica doglianza, perché proposto in relazione ad atti per cui
non è possibile ricorrere per saltum al giudice di legittimità.
2.1 Ciò peraltro non significa che i ricorrenti siano privi di tutela contro gli atti che hanno
concretamente portato all’applicazione del vincolo cautelare sull’immobile di cui si tratta. Infatti,
secondo il costante insegnamento di questa Corte, avverso l’atto con il quale il pubblico ministero,
nell’ambito dei poteri attribuitigli dall’art. 655 cod. proc. pen., determina le modalità esecutive di un
provvedimento giurisdizionale, può e deve essere esperito incidente d’esecuzione ai sensi dell’art.
666 del codice di rito dinanzi al giudice competente, che, nel caso di specie ai sensi del primo
comma dell’art. 665 dello stesso codice, è lo stesso giudice che ha adottato il provvedimento di
sequestro (Sez. 3, n. 47326 del 16 novembre 2007, Stravati, Rv. 238530).
2.2 Deve infine escludersi che possa in questa sede convertirsi il ricorso per cassazione proposto
dal Borghetti e dalla Martinez in incidente d’esecuzione, perché la conversione – rectius la diversa
qualificazione di cui all’art. 568, comma 5, cod. proc. pen. – si riferisce ai soli mezzi d’impugnazione
e tale non può considerarsi l’incidente d’esecuzione (Sez. Un. n. 27/00 del 24 novembre 1999,
Magnani, Rv. 215212; Sez. 3, n. 3924/10 del 3 dicembre 2009, Giannicola, Rv. 246011). La
declaratoria d’inammissibilità del ricorso, peraltro, non preclude alla parte che vi abbia interesse la
facoltà di attivare in ogni tempo la procedura d’esecuzione, all’esito della quale potrà essere
proposto legittimamente ricorso avverso il provvedimento del giudice.
3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna
di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 04/06/2013

della misura, in quanto assolutamente generico e, in riferimento agli atti del pubblico ministero e

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