Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38388 del 05/07/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38388 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COSTANZO CARMELO nato a CATANIA il 04/07/1969

avverso l’ordinanza del 03/04/2018 del TRIB. LIBERTA’ di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere EMANUELE DI SALVO;
lette/sentite le conclusioni del PG MARIA GIUSEPPINA FODARONI
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.
udito il difensore

Data Udienza: 05/07/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Costanzo Carmelo ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe
indicata, che ha confermato, quanto alla gravità indiziaria, il provvedimento
applicativo della misura cautelare intramurale, sostituita dal Tribunale con quella
degli arresti domiciliari, in ordine al delitto di cui all’art. 73 d. P.R. 9-10-1990, n.
309.

2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla

stupefacente rinvenuta in una plafoniera collocata nel pianerottolo, all’esterno
dell’appartamento del Costanzo, va rilevato come la droga si trovasse nascosta
in un’area condominiale, accessibile a chiunque, in uno stabile di quattro piani,
in cui vi erano più soggetti interessati ad attività di spaccio. Non vi è prova che la
plafoniera in cui si trovava lo stupefacente rinvenuto all’interno dell’abitazione
del ricorrente sia uguale alla plafoniera collocata sul pianerottolo, in cui si
trovava occultato l’ulteriore quantitativo di droga scoperto dagli operanti, poiché
le due plafoniera non sono state sequestrate e dunque non è possibile effettuare
un confronto. Nemmeno è possibile attribuire valenza indiziante al mero
possesso di una scala con cui si poteva raggiungere la plafoniera collocata nel
pianerottolo, trattandosi di oggetto ordinariamente presente in tutte le
abitazioni.
Si chiede pertanto annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Le doglianze formulate dal ricorrente sono fondate. In tema di misure cautelari
personali, infatti, allorchè, come nel caso in disamina, venga denunciato, con
ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal
tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza,
alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare
natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di
merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad
affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la
congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie. La richiesta di riesame ha, infatti,
come mezzo d’impugnazione, la precipua funzione di sottoporre a controllo la
validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti enumerati dall’art. 292

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sussistenza di gravi indizi di reità, poiché, per quanto inerisce alla sostanza

cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del
provvedimento coercitivo. La motivazione della decisione del tribunale del
riesame, dal punto di vista strutturale, deve pertanto conformarsi al modello
delineato dalla citata norma, che si ispira al modulo di cui all’ art. 546 cod. proc.
pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia
cautelare, non fondata su prove ma su indizi e tendente all’accertamento non
della responsabilità ma di una qualificata probabilità di colpevolezza. Nei
procedimenti incidentali

de libertate,

lo sviluppo della motivazione è,

rigore argomentativo, allorchè l’asserto relativo al carattere di gravità degli indizi
non trovi giustificazione in un organico e coerente apprezzamento degli elementi
di prova né risulti articolato attraverso passaggi logici dotati dell’indispensabile
solidità (Sez. U., 22-3-2000, Audino).
2. E’quanto è dato riscontrare nel caso in disamina. La gravità indiziaria viene
infatti desunta dalla presenza di una scala, pronta all’uso, accanto all’uscio
dell’abitazione, e dall’utilizzo, come recipiente della cocaina, di una plafoniera
del tutto analoga a quella posta nell’area condominiale. Ma da quest’impianto
argomentativo non si evince con chiarezza quale sia stato l’iter logico -giuridico
esperito dai giudici di merito per pervenire all’asserto relativo alla sussistenza
della gravità indiziaria. Quest’ultima, come è noto, è connessa all’individuazione
di quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, sia diretti che
indiretti, che, resistendo ad interpretazioni alternative e contenendo in nuca tutti
o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova, non
valgono di per sé a dimostrare, al di la di ogni ragionevole dubbio, l’attribuibilità
del reato all’indagato, attingendo la soglia dimostrativa propria del giudizio di
cognizione. E tuttavia apprezzati nella loro consistenza e nella loro coordinazione
logica consentono di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori
elementi di giudizio, nel vaglio dibattimentale, saranno idonei a dimostrare la
responsabilità, fondando, nel frattempo, una qualificata probabilità di
colpevolezza (Sez. U., 21-4-1995, Costantino; Cass., 10-3-1999, Capriati, Rv.
212998; Cass., 4-11-1999, Cerqua, Rv. 214668; Sez. 4, n. 118/06 del 28 -102005, Rv. 232627; Sez. 4, n.37878 del 6-7-2007, Rv. 237475; Sez. 5, n. 36079
del 5-6-2012 n. 36079, Rv. 253511 ). Ed anzi, muovendo da questa
impostazione, che ancora il concetto di gravità indiziaria alla ravvisabilità di una
rilevante probabilità di reità, la giurisprudenza si è evoluta in direzione di una
sempre più pregnante e rigorosa accezione della nozione in disamina, essendosi
ritenuto non corretto sottolineare la minore valenza dimostrativa degli indizi
cautelari, rispetto alle corrispondenti prove, quasi che ad essi sia da ascriversi il

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conseguentemente, inficiato dalla mancanza di approfondimento critico e di

valore di una

semiplena probatio.

Si è invece preferito accedere ad una

prospettiva concettuale che riconnette alla gravità indiziaria la valenza
epistemica di “una prova allo stato degli atti”, poiché essa è sottoposta alla
cognizione del giudice in una fase in cui la formazione del materiale probatorio è
in itinere e non è ancora intervenuto il vaglio dibattimentale. In quest’ottica, è
soltanto questo profilo dinamico e non la minore consistenza dimostrativa a
contraddistinguere i “gravi indizi” rispetto alla prova idonea a giustificare la
declaratoria di responsabilità (Cass., Sez. 1, n.19867 del 5-5-2005, Lo Cricchio).

particolarmente valorizzato la portata ed il ruolo dell’art. 273 comma 1 bis cod.
proc. pen., la cui ratio è stata individuata nell’assicurare la tendenziale
anticipazione alla fase delle indagini delle regole di utilizzazione e di valutazione
della prova proprie del giudizio di cognizione, anche per quanto riguarda
l’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza. Anche la Corte costituzionale ha
sottolineato che, specialmente in seguito al mutamento del quadro normativo
determinato dalla I. 8-8-1995 n 332, la disciplina in materia cautelare, per
potenziare le garanzie della libertà personale nel processo penale e valorizzare
l’eccezionalità delle misure restrittive, richiede un giudizio probabilistico, in
ordine alla colpevolezza, particolarmente approfondito (Corte cost., n. 131 del
24-4-1996).
2.1. Nel caso in disamina, l’impianto giustificativo dell’ordinanza impugnata non
attinge lo spessore dimostrativo richiesto dal consolidato orientamento
giurisprudenziale appena esaminato. Non appare infatti conforme a corretti
canoni di razionalità sostenere che la presenza della scala accanto all’uscio
dell’abitazione rivesta una concreta valenza indiziante, trattandosi di un oggetto
di uso del tutto comune. Né il punto in cui essa era posizionata denota
univocamente la preordinazione ad un immediato recupero della droga celata
all’interno della plafoniera sita nell’area condominiale, trattandosi di una
modalità di posizionamento del tutto ordinaria. Il giudice a quo sostiene poi che
non sia plausibile l’ipotesi prospettata dalla difesa circa l’ occultamento
dell’eroina e della cocaina ad opera di terzi, essendo fuor di logica che un così
consistente quantitativo di stupefacente, di notevole valore economico, potesse
esser lasciato sostanzialmente incustodito in uno spazio condominiale che,
viceversa, era suscettibile di agevole e costante controllo da parte dell’indagato.
Al riguardo, è però agevole osservare come questa argomentazione trascuri di
considerare le esigenze inerenti alla necessità di detenere lo stupefacente con
modalità tali da sfuggire ad ogni responsabilità in caso di controlli da parte delle
Forze dell’ordine. E, sotto questo profilo, è evidente come l’occultamento della
droga in uno spazio condominiale risponda perfettamente a questa esigenza,
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E, in quest’ordine di idee, Sez. U. n.36267 del 30-5-2006, Rv. 234598, ha

tanto più che una plafoniera è un nascondiglio sostanzialmente sicuro, essendo
estremamente difficile per chiunque avvedersi della presenza dello stupefacente
e quindi impadronirsene. Tant’è che perfino la polizia giudiziaria operante se ne
accorse solo perché avvisata in tal senso dalla segnalazione anonima, come
risulta dalla motivazione del provvedimento impugnato. Anche il fatto che la
plafoniera contenente la droga si trovasse vicino alla porta d’ingresso
dell’immobile dell’indagato assume ben scarsa significazione in mancanza di dati
desumibili dall’apparato argomentativo della pronuncia in esame circa la

dato che lo stupefacente rinvenuto in casa dell’imputato fosse contenuto in una
plafoniera analoga a quella posta nell’area condominiale: circostanza idonea però
a suscitare nulla più che sospetti, che non attingono la soglia della gravità
indiziaria, potendo essere attribuita all’utilizzo di “tecniche” comuni ad altri
soggetti, in contesti come quello nel quale si sono svolti i fatti. Nel caso in
disamina, non può dunque affermarsi che i giudici a quo abbiano assolto
all’obbligo di esaminare tutti gli elementi a loro disposizione; di fornire una
corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle
deduzioni di parte, e di applicare esattamente le regole della logica nello
sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate
conclusioni, a preferenza di altre ( Sez. U., 13-12-1995, Clarke, Rv 203428).

3. L’ordinanza impugnata va dunque annullata, con rinvio al Tribunale di Catania,
Sezione del Riesame, per nuovo giudizio.

PQM
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Catania, Sezione del
riesame, per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, il 5-7-2018.

presenza o meno, sullo stesso pianerottolo, di altri alloggi. Rimane dunque il solo

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