Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38381 del 09/05/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38381 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: NARDIN MAURA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUSSO MARIA ROSARIA nato il 11/10/1964 a POZZUOLI

avverso la sentenza del 13/01/2017 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
sentita la relazione svolta dal Consigliere MAURA NARDIN;
sentite le conclusioni del PG MASSIMO GALLI che conclude per l’inammissibilita’ del
ricorso.

Data Udienza: 09/05/2018

RITENUTO IN FATTO
1.

Con ricorso straordinario per cassazione ex art. 625 bis cod. proc. pen.

proposto il 4 aprile 2017 Maria Rosaria Russo impugna la sentenza pronunciata
dalla Suprema Corte in data 23 febbraio 2017, con cui è stata annullata
l’ordinanza del 24 maggio 2015 della Corte di appello di Napoli di revoca
dell’ordine di demolizione delle opere abusive, contenuto nella sentenza del 30
settembre 1998 della medesima corte d’appello, divenuta irrevocabile il 7
dicembre 1998.
Affida ricorso ad un unico motivo con cui si duole dell’omessa notifica

della fissazione dell’udienza ex art. 611 cod. proc. pen. al difensore di fiducia
avv. Girolamo Catena, rilevando che l’avviso della fissazione dell’udienza del 13
gennaio 2017, relativa al ricorso proposto dal procuratore generale della corte
d’appello di Napoli, avverso l’ordinanza del 24 maggio 2015 alla medesima corte,
veniva notificato all’avv. Gennaro Maione, con studio in via Semmola 41,
Ercolano- che mai ha rivestito il ruolo di difensore di fiducia o d’ufficio della
condannata nel procedimento- il quale ometteva qualsiasi comunicazione della
udienza camerale a Maria Rosaria Russo, che, pertanto, riceveva notizie
dell’avvenuto procedimento avanti la Suprema Corte di cassazione a seguito
della notifica della fissazione dell’udienza del 21 aprile 2017, presso il giudice di
rinvio, al co-difensore, non iscritto all’albo speciale della cassazione, avv.to
Lorenzo Sozio. Fa presente la tempestività del ricorso straordinario, intervenuto
nel termine di centottanta giorni dal deposito della sentenza della Corte di
cassazione in data 27 febbraio 2017. Sottolinea l’ammissibilità del ricorso
straordinario per errore di fatto nel quale è incorso il giudice di legittimità,
consistito del mancato rilievo dell’omessa notifica al difensore della parte e
richiama l’orientamento espresso con la sentenza della Suprema Corte: Sez. 1,
n. 40611 del 13/10/2009 (dep. 21/10/2009, imp. Boccioni). Rileva che la
denunciata omessa notifica comporta la compromissione del diritto di difesa ed al
contraddittorio. Sostiene che l’ammissibilità del ricorso straordinario, in relazione
alla qualità di ‘condannato’ della ricorrente, deve essere desunta dai principi
enunciati dalle Sez. Unite con la sentenza n. 28717 del 21/06/2012 (dep.
17/07/2012, imp. Brunetto). Afferma che, laddove fosse stato assicurato il
corretto esercizio del diritto di difesa, l’interessata avrebbe potuto precisare, da
un lato, che i condoni, cui ha fatto riferimento il procuratore generale con il
ricorso accolto in sede di legittimità, sono stati rilasciati a soggetti diversi dalla
Russo ed in particolare a Cerlisio Eduardo, marito della figlia della ricorrente ed a
Cerlisio Annunziata, cognata della medesima. Dall’altro, che i provvedimenti di
sanatoria riguardano due autonome unità immobiliari presso due differenti corpi
fabbrica, sicché nessuna elusione del limite previsto dall’art 39 della I. 724/1994
2

2.

di mc. 750, può dirsi realizzata. Con la conseguenza dell’inammissibilità
dell’impugnativa della procura generale avverso l’ordinanza della corte d’appello,
cui lo stesso procuratore generale aveva chiesto la revoca, poi impugnata in
sede di legittimità.
3.

Conclude per l’annullamento della sentenza n. 46/2017 del 13 gennaio

2017, per errore di fatto consistito nell’omessa notifica a Maria Rosaria Russo
dell’avviso dell’udienza al difensore ex art. 610 cod. proc. pen..
4.

Il procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Il ricorso è inammissibile.

2.

Il ricorso straordinario riguarda, infatti, la sentenza cui la corte di

legittimità ha accolto l’impugnazione del procuratore generale di Napoli avverso
il provvedimento del giudice dell’esecuzione con cui è stata disposta la revoca
dell’ordine di demolizione dei manufatti abusivi, contenuto nella sentenza del 30
settembre 1998, a seguito della concessione in sanatoria delle opere.
3.

Il procuratore generale impugnando l’ordinanza della corte d’appello di

Napoli del 29 aprile 2015, aveva lamentato la mancanza di approfondimento da
parte del giudice dell’esecuzione circa la violazione dell’art. 39 della legge 23
dicembre 1994 n. 724, che stabilisce il limite il 750 mc. per singola richiesta di
concessione edilizia in sanatoria, dovendo ritenersi che le concessioni fossero
relative ad un unico manufatto.
4.

La sentenza della Corte di cassazione n. 46/2017, avverso la quale è

oggi proposto ricorso straordinario, accogliendo dell’impugnazione del
procuratore generale, ha ritenuto l’inammissibilità del condono edilizio di una
costruzione quando la richiesta in sanatoria sia presentata frazionando unità
immobiliari in plurimi interventi edilizi. E, ciò premesso, ha rilevato come restando a carico del soggetto che invochi in sede esecutiva la revoca dell’ordine
di demolizione solo l’onere di allegazione relativamente alla prospettazione dei
fatti su cui l’istanza si fonda- spetti al giudice dell’esecuzione il compito di
procedere ai relativi accertamenti, nella specie del tutto omessi.
5.

Ora, va preliminarmente vagliata l’ammissibilità del ricorso straordinario

ex art. 625 bis cod. proc. pen. per l’ipotesi di specie, avuto riguardo ai limiti di
utilizzo dell’impugnazione straordinaria recentemente delineati dalle Sezioni
Unite con la sentenza n. 13199 del 21/07/2016 (dep. 17/03/2017,

imp.

Nunziata). Il supremo collegio, infatti, ha chiarito che, ai fini l’ammissibilità dello
strumento, il nesso funzionale tra decisione della Corte di cassazione- oggetto di
impugnazione straordinaria- ed il giudicato non deve essere necessariamente
3

dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

immediato e diretto, essendo sufficiente che la decisione ‘contribuisca alla
“stabilizzazione” del giudicato, a prescindere dal momento in cui si sia formato’.
Questo contenuto della pronuncia, quale riaffermazione del giudicato (anche in
relazione alla responsabilità civile) circoscrive il significato del termine
‘condannato’ che identifica il soggetto legittimato dall’art. 625 bis cod. proc.
pen..
6.

Affrontando direttamente la questione dei provvedimenti emessi in fase

di esecuzione le Sezioni Unite hanno ricordato che se “l’istituto può trovare

procedimenti in fase di esecuzione o in quelli di sorveglianza (così, Sez. 5, n.
45937 del 08/11/2005, Ierinò), in quanto in tali ipotesi la decisione della Corte di
cassazione non perfeziona alcuna fattispecie di giudicato, aggiungendosi che con
il termine “condanna” si deve intendere l’applicazione di una sanzione penale,
secondo l’interpretazione logico sistematica della norma, introdotta dal
legislatore proprio al fine di eliminare errori di fatto verificatisi nel corso del
giudizio di legittimità in danno del condannato. Tuttavia, come per la revisione,
anche nella fase dell’esecuzione la decisione della Cassazione può intervenire a
stabilizzare il giudicato, sicché, sotto questo profilo, non vi sarebbe ragione per
impedire l’applicabilità dell’istituto di cui all’art. 625-bis, almeno nei casi in cui la
decisione della Cassazione è in grado di determinare l’irrimediabilità del
pregiudizio derivante dall’errore di fatto. Si pensi, ad esempio, oltre alle ipotesi
in cui il giudizio di legittimità abbia ad oggetto le procedure di cui agli artt. 671 e
673 cod. proc. pen., al caso di una decisione in cui la Cassazione dichiari
inammissibile o rigetti il ricorso avverso l’ordinanza negativa del giudice
dell’esecuzione chiamato a decidere, ex art. 670 cod. proc. pen., una questione
riguardante la validità della notifica della sentenza di condanna di merito, ovvero
al caso in cui la Cassazione decida in termini negativi un ricorso contro
l’ordinanza che respinga una richiesta di restituzione nel termine per impugnare
una sentenza di condanna. Con riferimento agli artt. 671 e 673 cit., la Corte di
cassazione interviene direttamente sul giudicato, “manipolandolo”, negli altri
esempi, invece, come sottolineato da un’attenta dottrina, viene in discussione
«lo stesso perfezionamento della fattispecie del giudicato», tenuto conto che il
rimedio dell’errore di fatto qui è diretto a recuperare il processo di cui il
condannato è stato privato. Negli esempi indicati è difficile negare che vi sia un
nesso funzionale tra la decisione della Corte di cassazione e giudicato, sicché
deve ammettersi il ricorso straordinario in caso di errore di fatto.”.
7.

Le ipotesi considerate dalle Sezioni unite, dunque, sono limitate a quelle

pronunce, rese in sede di legittimità su provvedimenti di esecuzione, che
riguardino strettamente la condanna, intesa quale applicazione della sanzione
4

applicazione soltanto all’esito del procedimento di cognizione e non anche nei

penale. Ed in particolare, la sua revoca per effetto di sopravvenuta disciplina
abrogativa (art. 673 cod. proc. pen.), la determinazione della pena per
applicazione di una disciplina in favor rei (art. 671 cod. proc. pen.) o la
rimozione del giudicato a seguito della privazione del processo di merito (art.
670 cod. proc. pen.), mentre non si estendono alle altre ipotesi che pur potendo
assumere rilievo in sede esecutiva, non comportino alcuna modificazione del
contenuto della condanna, ovverosia della sanzione penale inflitta.
8. Da queste premesse, nondimeno, si ricava l’intangibilità della sentenza

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provvedimento assunto in sede esecutiva inerent a revoca della sanzione
amministrativa della demolizione, che, in quanto a carattere ripristinatorio, è
“priva di finalità punitive e con effetti che ricadono sul soggetto che è in rapporto
col bene, indipendentemente dal fatto che questi sia l’autore dell’abuso. (In
motivazione, la S.C. ha precisato che tali caratteristiche dell’ordine di
demolizione escludono la sua riconducibilità anche alla nozione convenzionale di
“pena” elaborata dalla giurisprudenza della Corte EDU). (Sez. 3, n. 49331 del
10/11/2015 – dep. 15/12/2015, P.M. in proc. Delorier, Rv. 26554001) Sez. 3,
Sentenza n. 41475 del 03/05/2016 Cc. (dep. 04/10/2016 ) Rv. 267977; in
precedenza Sez. 3, Ordinanza n. 19742 del 14/04/2011 Cc. (dep. 19/05/2011 )
Rv. 250336 Sez. 3, Sentenza n. 43006 del 10/11/2010 Cc. (dep. 03/12/2010 )
Rv. 248670; con riferimento alla giurisprudenza precedente ed all’ipotesi di cui
alla legge 47/1985:

ex multis Sez. 6, n. 1984 del 01/12/1992 – dep.

03/03/1993, P.M. in proc. Ferragina, Rv. 19326401).
1.

Non muta quanto fin qui detto il richiamo che parte ricorrente fa alla

sentenza delle Sezioni Unite n. 28717 del 21/06/2012 (dep. 17/07/2012,
Brunetto). Siffatta pronuncia, infatti, riguarda il giudicato a formazione
progressiva ed è pacificamente inquadrabile fra le ipotesi per le quali la
successiva Sezioni Unite n. 13199 del 21/07/2016 (dep. 17/03/2017, Nunziata)
ammette il ricorso straordinario, escluso, invece, per il caso di specie.
2.

All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle

spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.

P.Q.M.
– Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 9/05/2018

della Suprema Corte avente ad oggetto un ricorso proposto avverso un

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