Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38376 del 23/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 38376 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

TOMASSETTI Aldo, nato a Popoli il 12/01/1944

avverso la sentenza della Cortte d’Appello di L’Aquila del 10/02/2011

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Sante
Spinaci, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 23/05/2013

1. Aldo Tomassetti era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di
Sulmona, del reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 216 n. 1 e 2, 219 n. 1, 222 legge
fall.,

per avere quale socio accomandatario della Elettro Video Sound sas

trasformatesi in Elettro Sistemi di Tomassetti Aldo & c. sas, dichiarata fallita dal
Tribunale di Sulmona con sentenza n. 10/98, concorso con altri imputati, nel tempo,
a distrarre beni della società, avendo gli organi fallimentari, alla data di apertura
della procedura, reperito solo scaffalature vuote, verificato l’estinzione del c/c 1118

sociali, nonostante l’ esistenza di un volume di affari di lire 687.000.000, un volume
di acquisto merci di lire 1.079.000.000 e rimanenze al 31.12.1997 per lire
488.000.000; per avere ancora omesso di tenere le scritture contabili specialmente
nei due mesi antecedenti alla dichiarazione di fallimento, in modo da rendere
impossibile un’indagine precisa sull’entità del patrimonio ed il volume d’affari reali
della ditta fallita.

2. Con sentenza del 20/05/2005 il Tribunale assolveva l’imputato dal reato
di cui all’art. 217, comma 2, legge fall. e lo dichiarava, invece, colpevole degli altri
reati ascritti in rubrica e, per l’effetto, lo condannava alla pena, condizionalmente
sospesa, di mesi 24 di reclusione, oltre consequenziali statuizioni.

3. Pronunciando sul gravame proposto dal difensore dell’imputato, la Corte
d’appello di L’Aquila, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la pronuncia
impugnata, con ulteriori statuizioni di legge.

4. Avverso la pronuncia anzidetta il difensore dell’imputato, avv. Gabriele
Tedeschi, ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura
indicate in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Con unico motivo d’impugnazione parte ricorrente deduce vizio

motivazionale sul rilievo che il giudice di appello aveva fondato il giudizio di
colpevolezza su distorta lettura delle risultanze processuali, segnatamente della
relazione del curatore fallimentare. In particolare, il giudice di appello non aveva
adeguatamente considerato che tra la data del 31 dicembre 1997, quando avrebbe
dovuto esserci una giacenza di circa lire 400 milioni di merce, e la data dell’accesso
degli organi fallimentari, che avevano invece riscontrato la presenza di scaffalature
vuote, vi era stato un atto di cessione di quote avvenuto il 31 luglio 1998 in favore
di Nazario Vigato, mediante rogito notarile. Ingiustificatamente, pertanto, si era

2

della Bnl di Sulmona, la risoluzione del contratto di affitto, la modifica dei fatti

fatto carico all’imputato della gestione successiva a quella data e di condotte
distrattive che, semmai, avrebbero dovuto essere imputate ad altri.

2. Le doglianze anzidette sono prive di fondamento. Ed invero, non merita
censura di sorta il costrutto argomentativo in forza del quale il giudice di appello ha
ribadito il giudizio di colpevolezza dell’imputato in ordine al reato di bancarotta
fraudolenta per distrazione a lui ascritto, reputando sussistenti tutti gli elementi

oramai consolidata in subiecta materia, secondo cui, a fronte del dato oggettivo
dell’ammanco di beni (nel caso di specie, liquidità di cassa ed attrezzature varie),
che dovrebbero figurare nella disponibilità della società fallita, spetta all’imputato
rendere spiegazione in merito alla loro destinazione, allo scopo del necessario
accertamento della relativa utilizzazione per fini della società o per ragioni ad essi
estranee (cfr., tra le altre, Cass. Sez. 5, 15.12.2004, n. 3400, rv 231411), senza
che un siffatto regime probatorio possa integrare indebita inversione dell’ordinario
onus probandi.
In particolare, in termini di motivato apprezzamento di fatto, il giudice a quo ha
indicato le ragioni del suo convincimento in ordine alla distrazione dei beni in epoca
antecedente alla cessione delle quote societarie, con riferimento al dato sintomatico
dell’evidente esiguità del prezzo di vendita delle quote, fissato in un valore
pressoché simbolico di lire 8 milioni, a dimostrazione del fatto che l’azienda era
stata ormai spogliata dei suoi beni, tenuto anche conto del fatto che il valore delle
rimanenze, alla data del 31 dicembre 1997, dunque appena sette mesi prima
dell’atto di cessione (perfezionato il 31 luglio 1998), era stato indicato in lire 488
milioni.

3. Per quanto precede, il ricorso dev’essere rigettato, con le conseguenziali
statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 23/05/2013

costitutivi. All’uopo, ha fatto corretta applicazione di pacifica regola di giudizio,

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