Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38371 del 23/05/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38371 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: MICCICHE’ LOREDANA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LEHDILI MUSTAPHA nato a FONDI il 10/04/1989

avverso la sentenza del 24/04/2017 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LOREDANA MICCICHE’;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore OLGA MIGNOLO
che ha concluso chiedendo l’inammissibilita del ricorso.

Data Udienza: 23/05/2018

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 24 aprile 2017, in parziale riforma
della sentenza del Tribunale di Latina del 12 dicembre 2013, riduceva in mesi dieci
e giorni venti di reclusione ed euro 1.200,00 di multa la pena (sospesa) inflitta a
Lehdili Mustapha per il reato di cui all’art. 73, c. 5, d.P.R. 309/1990, perché, senza
alcuna autorizzazione, coltivava 31 piante di canapa indiana di altezza di circa un

2. L’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, propone ricorso per
cassazione.
3. Con unico motivo, il ricorrente lamenta, ex art. 606, c. 1, lett. b) e lett. e),
cod.proc.pen., violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al principio di
necessaria offensività. La Corte distrettuale, infatti, pur riconoscendo che le piante
non erano ancora giunte a fioritura, riteneva sussistente il pericolo futuro di
cessione a terzi di sostanza stupefacente al termine del ciclo produttivo, giungendo
ad anticipare eccessivamente la tutela penale, con totale svalutazione del principio
di necessaria offensività in concreto della condotta. Secondo costante insegnamento
della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, infatti, la coltivazione di sostanze
stupefacenti, pur rappresentando un reato di pericolo presunto, necessita della
dimostrazione della probabilità che un evento lesivo ci sia, avendo riferimento
all’attualità e non alla futura ed eventuale capacità di mettere in pericolo il bene
tutelato. Tale capacità lesiva può sussistere solamente ove la pianta risulti dotata di
una effettiva ed attuale capacità drogante. La verifica circa tale aspetto, tuttavia,
non è stata compiuta dalla Corte territoriale nel caso de quo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con due coeve ed identiche decisioni
(Sez. Un., n. 28605 del 24 aprile 2008, Di Salvia, Rv. 239921; Sez. Un.,
24/4/2008, Valletta), hanno risolto la questione del trattamento sanzionatorio da
riservare alla coltivazione di piante di stupefacenti, recependo, tra le due opzioni
possibili, quella di rigore: l’attività di coltivazione è sempre di rilevanza penale (ex
art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309), senza che possa esservi spazio per una
possibile rilevanza solo amministrativa (ex art. 75 dello stesso d.P.R.), anche in
presenza di una possibilmente accertata destinazione del ricavato all’uso personale
del coltivatore (Sez. 6, n. 24664 del 12 maggio 2008, Rv. 240371; Sez. 6, n. 49528
del 13 ottobre 2009, Rv. 245648).

1

metro.

3. La giurisprudenza di legittimità ha comunque precisato che ai fini della punibilità
della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze
stupefacenti, spetta al giudice verificare in concreto l’offensività della condotta
ovvero l’idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile
(Sez. Un., n. 28605 del 24 aprile 2008, Di Salvia, Rv. 239921; Sez. Un.,
24/4/2008, Valletta; Sez. 4, n. 1222 del 28 ottobre 2008, Nicoletti, Rv. 242371;
Sez. 4, n. 25674 del 17 febbraio 2011, P.G. in proc. Marino, Rv.250721). Si è poi

quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensività della condotta consiste nella
sua idoneità a produrre la sostanza per il consumo, attese la formulazione delle
norme e la ratio della disciplina, anche comunitaria, in materia, sicché non rileva la
quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, ma la conformità della
pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di
coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente (Sez.
6, n. 22459 del 15 marzo 2013, Cangemi, Rv. 255732; Sez. 4, n. 53337 del 23
novembre 2016, P.G. in proc. Trabanelli, Rv. 268695; Sez. 4, n. 44136 del 27
ottobre 2015, Cinus, Rv. 264910; Sez. 6, n. 10169 del 10 febbraio 2016,
Tamburini, Rv. 266513), nell’obiettivo di scongiurare il rischio di diffusione futura
della sostanza stupefacente (Sez. 6, n. 35654 del 28 aprile 2017, Nerini, Rv.
270544). Ne consegue che l’offensività deve essere esclusa soltanto quando la
sostanza ricavabile risulti priva della capacità ad esercitare, anche in misura
minima, effetto psicotropo (Sez. 3, n. 23881 del 23 febbraio 2016, Damioli, Rv.
267382).
4. Infine, dal momento che il “coltivare” è attività che si riferisce all’intero ciclo
evolutivo dell’organismo biologico (Sez. 6, n. 52547 del 22 novembre 2016, Losi,
Rv. 268938), è stato affermato che, ai fini della punibilità della coltivazione non
autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensività
della condotta non è esclusa dal mancato compimento del processo di maturazione
dei vegetali, neppure quando risulti l’assenza di principio attivo ricavabile
nell’immediatezza, se gli arbusti sono prevedibilmente in grado di rendere, all’esito
di un fisiologico sviluppo, quantità significative di prodotto dotato di effetti droganti
(Sez. 6, n. 10931 del 10 febbraio 2017, D’Antoni, Rv. 270495; Sez. 6, n. 25057 del
10 maggio 2016, P.G. in proc. Iaffaldano, Rv. 266974).
5. Tanto premesso, la Corte distrettuale fa corretta applicazione dei principi
suesposti, valorizzando la predisposizione certa delle piante a generare una
cospicua quantità di sostanza stupefacente al termine del ciclo produttivo. Il
predetto elemento ha dunque consentito al giudice di valutare positivamente la
potenzialità lesiva della coltivazione posta in essere dall’imputato, anche
2

chiarito che, a fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle

considerato il numero delle piante coltivate, tale da prefigurare un pericolo futuro di
cessione a terzi della sostanza stupefacente.
6.11 ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Segue per legge la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una ulteriore somma a titolo di
sanzione pecuniaria da versare in favore della cassa delle ammende, da
quantificarsi in €.2000,00, non emergendo ragioni di esonero (Corte Costituzionale,

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 23 maggio 2018
Il Consigliere estensore
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n.186/2000).

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