Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38355 del 26/06/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38355 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
REZZO ROBERTO N. IL 21/07/1946
avverso la sentenza n. 245/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
03/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CI A?MiU rvi 2-2-TrA
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che ha concluso per L(rtrioULLArleY1` S 1A .104′
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Data Udienza: 26/06/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 3 luglio 2012, la Corte d’appello di Genova, nel giudizio di
rinvio a seguito della sentenza di questa Corte, sez. 4, del 6 dicembre 2011, ha
confermato la condanna dell’imputato pronunciata in primo grado dal Tribunale di
Chiavari, con sentenza del 12 novembre 2008, in relazione al reato di cui all’art. 590,
secondo comma, cod. pen., contestatogli perché, per colpa consistita nell’imperizia
nell’esecuzione di un intervento chirurgico di mucoprolassectomia, cagionava ad una

intervento chirurgico, lesioni personali gravi consistenti in complicanze di tipo
emorragico, con conseguente necessità di effettuare altri tre successivi interventi
riparatori e indebolimento permanente dell’apparato intestinale.
Il Tribunale condannava l’imputato, in solido con il responsabile civile, al
risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in separato
giudizio civile, con fissazione di una provvisionale immediatamente esecutive. La Corte
d’appello, con sentenza del 15 dicembre 2010, assolveva l’imputato dal reato
ascrittogli perché il fatto non sussiste; la Corte di cassazione, con la richiamata
sentenza del 6 dicembre 2011, annullava la sentenza d’appello, evidenziando i
seguenti profili di manifesta illogicità: 1) avere tralasciato l’ipotesi dell’errato
confezionamento della “borsa di tabacco” per la sutura; errato confezionamento che
non potrebbe essere ricondotto se non a un comportamento colposo del imputato; 2)
avere valorizzato, considerandolo quale decisivo elemento di insuperabile dubbio, il
malfunzionamento della suturatrice, escludendo ogni caso che il chirurgo fosse tenuto
a percepirne l’eventuale inadeguatezza.
Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello è giunta – per quanto qui rileva alla conferma della sentenza di primo grado, sul rilievo che vi era stata colpa
dell’imputato nel confezionamento della “borsa del tabacco” ed errata utilizzazione
della suturatrice.
2. – Avverso tale ultima pronuncia l’imputato ha proposto, tramite il difensore,
ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Si denuncia, in primo luogo, la violazione degli artt. 598, 544, comma 1,
545, 546, comma 3, cod. proc. pen., perché il dispositivo del 3 luglio 2012 risulta
privo di sottoscrizione da parte del presidente del collegio: prevalendo esso sul
dispositivo contenuto nella sentenza, renderebbe nulla la sentenza stessa.
2.2. – Con un secondo motivo di doglianza, si denuncia la violazione dell’art.
627, comma 3, cod. proc. pen., per inosservanza del principio di diritto enunciato
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donna affetta da emorroidi prolassanti e per tale ragione sottoposta al citato

dalla Corte di cassazione in sede di annullamento con rinvio. Afferma il ricorrente che
con quest’ultima si era stabilito che si dovesse procedere, nel giudizio rescissorio, ad
un approfondito vaglio della condotta dell’imputato, tenendo conto di tutto quanto
argomentato dal primo giudice, nonché di tutte le ulteriori risultanze acquisite nel
corso del giudizio di secondo grado in conseguenza della perizia che era stata disposta
dalla Corte d’appello. Tale principio – secondo la prospettazione difensiva- non
lasciava spazio ad ulteriori accertamenti probatori, mentre la Corte distrettuale,

di procedere a perizia per la traduzione di un documento della lingua inglese, nonché
a nuova perizia medico-legale sull’intervento chirurgico. Non si sarebbe considerato,
inoltre, che le conclusioni della prima perizia circa il funzionamento della suturatrice
erano state tratte indipendentemente dalla valenza di detto documento inglese e che
la stessa suturatrice avrebbe potuto essere difettosa al momento del suo uso anche se
non al momento del controllo ulteriore effettuato dalla casa produttrice.
2.3. – Si lamenta, in terzo luogo, che la nuova decisione è stata assunta
unicamente sulla base della nuova perizia su reperti il cui stato di conservazione
risulta dubbio, a distanza di 7 anni dal fatto, e in mancanza di contraddittorio con i
consulenti tecnici della difesa, che, pur presenti alle operazioni peritali, non sono stati
informati della decisione di eseguire gli esami, né hanno potuto assistervi.
2.4. – Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, la difesa ha ribadito
quanto già affermato con il ricorso e ha prospettato la rilevanza, nella fattispecie in
esame dell’art. 3 del decreto-legge n. 158 del 2012, convertito dalla legge numero
189 del 2012, il quale prevede che l’esercente la professione sanitaria che, nello
svolgimento della propria attività, si attiene alle linee guida e alle buone pratiche
accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa nella. A ciò
dovrebbe conseguire, secondo la difesa, un nuovo giudizio di merito, per consentire

all’udienza dell’Il aprile 2012, aveva emesso un’ordinanza con la quale si era disposto

ulteriori accertamenti circa la misurazione delle fibre muscolari presenti nell’anello di
resezione (ossia nel brandello di viscere asportato durante l’intervento chirurgico) e
circa la tipologia del tessuto resecato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Deve essere dichiarata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione,
con conferma delle statuiziomt, civili.
3.1. – Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il presupposto per
l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. è costituito dall’evidenza,
emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha

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commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come
reato. Solo in tali casi, infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla
causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa
sentenza. I presupposti per l’immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli
atti in modo incontrovertibile, tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione
in considerazione della chiarezza della situazione processuale. È necessario, quindi,
che la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza

ad una mera “constatazione”.
L’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in
sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza
impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio,
possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece
dichiarare l’estinzione del reato. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si
troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l’obbligo dell’immediata
declaratoria della causa di estinzione del reato. E ciò, anche in presenza di una nullità
di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità,
essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio
dell’immediata applicabilità della causa estintiva

(ex plurimis, sez. 6, 1° dicembre

2011, n. 5438; sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490, rv. 244275; sez. un., 27 febbraio
2002, n. 17179, rv. 221403; sez. un. 28 novembre 2001, n. 1021, rv. 220511).
3.2. – I presupposti per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.,
come appena delineati, non sussistono certamente nel caso di specie, con riferimento
agli atti di causa e al contenuto della sentenza impugnata.
3.2.1. – Il primo motivo di ricorso – con cui si deduce la nullità della sentenza,
perché il Presidente non avrebbe sottoscritto il dispositivo letto in udienza, ma la sola
sentenza recante dispositivo e motivazione – è infondato.
Come ricordato dal ricorrente, questa Corte ha di recente affermato che la
sentenza d’appello, in mancanza della sottoscrizione del presidente del collegio non
giustificata espressamente da un suo impedimento legittimo e firmata dal solo giudice
estensore, risulta affetta da una nullità relativa, che comporta l’annullamento senza
rinvio e la restituzione degli atti affinché si provveda alla sanatoria mediante nuova
redazione della sentenza-documento (sez. un., 20 dicembre 2012, n. 14978/2013, rv.
254671). Ha altresì affermato che il dispositivo letto in udienza prevale, in caso di
contrasto, sul dispositivo della sentenza che non sia redatta contestualmente alla
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ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un “apprezzamento”, ma

deliberazione (ex multis, sez. 6, 20 dicembre 2010, n. 44642, rv. 249090; sez. 3, 22
giugno 2011, n. 34776, rv. 251245).
Nessuno di tali due principi si attaglia, però, al caso in esame.
Quanto affermato dalle sezioni unite con la richiamata sentenza n. 14978/2013
si riferisce, in particolare, alla mancanza di sottoscrizione della sentenza recante
motivazione e dispositivo e non alla mancanza di sottoscrizione del dispositivo letto in
udienza. Quanto poi affermato circa la prevalenza del dispositivo letto in udienza

riferimento al contenuto della deliberazione e non alla forma della stessa.
La sottoscrizione del giudice assume, infatti, rilievo per i soli atti non
pronunciati in udienza, perché risponde all’esigenza di rendere certa la provenienza di
tali atti dalla persona fisica del giudice stesso, come si evince dall’art. 546, comma 1,
g), e comma 3, cod. proc. pen., i quali si riferiscono alla sentenza recante motivazione
e dispositivo e non al solo dispositivo letto in udienza. Per i provvedimenti pronunciati
in udienza, una tale esigenza non sussiste, essendo certa e palese alle parti e ai
difensori l’identità fisica del giudice. In altri termini, per attestare la provenienza del
dispositivo della sentenza dal collegio giudicante, è sufficiente che lo stesso sia
pubblicato dal presidente o da un giudice del collegio in udienza mediante lettura, ai
sensi dell’art. 545, comma 1, cod. proc. pen.
Nessuna nullità della sentenza si è, dunque, verificata nel caso di specie, in cui
la lettura del dispositivo è regolarmente avvenuta in udienza da parte del presidente e
la sentenza recante motivazione e dispositivo è stata regolarmente sottoscritta dal
presidente e dall’estensore.
3.2.2. – Il secondo motivo di ricorso – relativo a pretese violazioni, da parte del
giudice del rinvio, del principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione – è
manifestamente infondato. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte
di cassazione non ha posto, in negativo, alcun limite alla rinnovazione dell’istruttoria
in appello, avendo semplicemente affermato, in positivo, che il giudice di merito
avrebbe dovuto procedere «ad un approfondito vaglio della condotta del dottor Rezzo,
tenendo conto di tutto quanto argomentato dal primo giudice, nonché di tutte le
ulteriori risultanze acquisite nel corso del giudizio di secondo grado in conseguenza
della perizia che era stata disposta dalla Corte d’appello». Nessuna limitazione era
stata, dunque, posta ad eventuali rinnovazioni dell’istruttoria dibattimentale, la quale
è stata legittimamente disposta attraverso il conferimento di due incarichi peritali: uno
avente ad oggetto la traduzione in italiano di documenti scientifici, e l’altro avente ad
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rispetto al dispositivo della sentenza non redatta contestualmente vale solo con

oggetto l’accertamento delle modalità esecutive dell’intervento e la causa delle lesioni.
Gli elementi di giudizio indicati dalla Corte di cassazione sono stati, comunque,
ampiamente valutati, laddove se ne è argomentatamente evidenziata l’insufficienza ai
fini della decisione.
3.2.3. – Del tutto generici risultano, infine, i rilievi proposti con il ricorso sopra
riportati sub 2.3. e 2.4.
Con il primo di essi, si asserisce, infatti, senza alcun puntuale riferimento agli

perizia sarebbe stata effettuata su reperti non genuini e in mancanza di
contraddittorio, pur affermandosi – da parte della stessa difesa – che i consulenti di
parte erano stati «presenti alle operazioni peritali». E ciò, a prescindere dall’ampia e
circostanziata motivazione resa dalla Corte d’appello sul punto con l’ordinanza del 3
luglio 2012, riportata dallo stesso ricorrente, con la quale si esclude ogni lesione del
contraddittorio.
Con il secondo di essi si rammenta, invece, l’entrata in vigore dell’art. 3 del
decreto-legge n. 158 del 2012, convertito dalla legge n. 189 del 2012 – il quale
esclude la responsabilità penale per il medico che si attenga a linee guida e buone
pratiche accreditate dalla comunità scientifica – senza chiarire se e in che misura tale
disposizione possa essere applicabile nel caso di specie. E ciò, a fronte di una
motivazione adeguatamente circostanziata proprio in relazione all’accertata violazione
di linee guida e buone pratiche scientifiche da parte dell’imputato.
3.3. – Quanto alla prescrizione del reato (commesso il 12 novembre 2004), al
relativo termine complessivo di anni 7 e mesi 6, che sarebbe andato a scadere alla
data del 12 maggio 2012, devono aggiungersi 60 giorni di sospensione, giungendosi
così al termine finale dell’il luglio 2012, successivo alla pronuncia della sentenza
impugnata ma precedente alla pronuncia della presente sentenza.
4. – La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata senza rinvio,
perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione, fermo restando l’accertamento
della responsabilità dell’imputato ai fini civili, con conseguente conferma delle relative
statuizioni.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere il reato estinto per
prescrizione. Conferma le statuizioni civili.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2013.

atti di causa che consenta a questa Corte una adeguata valutazione, che la nuova

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