Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38353 del 26/06/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38353 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GRAFFI FRANCO N. IL 22/02/1947
avverso la sentenza n. 5899/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
29/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 1″-AGO-( “- r\i‘ .11411-14
che ha concluso per x” I NioN11(\ s kLVFP O

Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 26/06/2013

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RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 29 maggio 2012, la Corte d’appello di Milano ha
confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Monza del 22 giugno 2007, con la
quale – per quanto qui rileva – l’imputato era stato condannato, all’esito di giudizio
abbreviato, per il reato di cui agli articoli 81, secondo comma, 110 cod. pen., 8 del
decreto legislativo n. 74 del 2000, perché, con più azioni esecutive del medesimo
disegno criminoso e in concorso con altri soggetti, quale amministratore di fatto di una

emetteva fatture relative ad operazioni commerciali soggettivamente inesistenti,
analiticamente indicate nell’imputazione.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo: 1) la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione, perché non si sarebbe valutato il fatto che nel caso di specie le fatture
corrispondevano all’effettiva attività di transazione commerciale da parte di una
società, trascurando di considerare che essa era dotata di sede, dipendenti, relativo
magazzino, e che aveva, dunque, lecitamente operato reali vendite sottocosto; 2)
l’erronea applicazione della disposizione incriminatrice, perché le operazioni erano
effettivamente intercorse tra il cedente e il cessionario, e non fra altri soggetti, con il
relativo pagamento del prezzo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Deve essere dichiarata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
3.1. – Come ampiamente chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il
presupposto per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. è costituito
dall’evidenza, emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato
non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge
come reato. Solo in tali casi, infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale

società, al fine di consentire a terzi l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto,

sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la
relativa sentenza. I presupposti per l’immediato proscioglimento devono, però,
risultare dagli atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore
dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale. È
necessario, quindi, che la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente
dagli atti stessi, senza ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un
“apprezzamento”, ma ad una mera “constatazione”.
L’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in
sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza

impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio,
possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece
dichiarare l’estinzione del reato. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si
troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l’obbligo dell’immediata
declaratoria della causa di estinzione del reato. E ciò, anche in presenza di una nullità
di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità,
essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio
(ex plurimis, sez. 6, 1° dicembre

2011, n. 5438; sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490, rv. 244275; sez. un., 27 febbraio
2002, n. 17179, rv. 221403; sez. un. 28 novembre 2001, n. 1021, rv. 220511).
3.2. – I presupposti per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.,
come appena delineati, non sussistono certamente nel caso di specie, con riferimento
agli atti di causa e al contenuto della sentenza impugnata.
I motivi di ricorso – che non risultano, per come formulati, inammissibili – sono
tali che il loro eventuale accoglimento renderebbe comunque necessario un rinvio al
giudice del merito; rinvio incompatibile – come appena visto – con l’immediata
applicabilità della prescrizione. Essi attengono, infatti, sostanzialmente alla
motivazione della sentenza impugnata circa la fittizietà soggettiva delle operazioni
poste in essere.
3.3. – Quanto alla prescrizione del reato, dall’esame degli atti risulta che il
relativo termine complessivo di anni 7 e mesi 6 è ampiamente decorso prima della
pronuncia della presente sentenza, trattandosi di fatti che, secondo l’imputazione,
risultano commessi in un periodo precedente alla fine dell’anno 2005.
4. – La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata senza rinvio,
perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere il reato estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2013.

dell’immediata applicabilità della causa estintiva

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