Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38335 del 08/05/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38335 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: IZZO FAUSTO

Data Udienza: 08/05/2015

SENTENZA

suXricors9ípropostojda:
TRAVERSO ANDREA N. IL 19/03/1978
COSTA VERONICA N. IL 25/01/1988
avverso la sentenza n. 3604/2010 CORTE APPELLO di TORINO, del
28/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FAUSTO IZZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MAA-S. 5 k
che ha concluso per ;c2 ,v
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Udq, per la parte civile, l’Avv. («

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1. Con sentenza del 28\3\2014 la Corte di Appello di Torino confermava la condanna di
Traverso Andrea e Costa Veronica per il delitto di cui all’art. 589 c.p., comma 2°, c.p. (acc. in
Frugarolo -AL- il 6\4\2007); con la pronuncia venivano anche confermate e statuizioni civili.
Agli imputati originariamente era stato addebitato penale, con l’atto di esercizio dell’azione
penale, il delitto di avere gareggiato tra loro in velocità (art. 9 ter C.d.S.), a bordo
rispettivamente di un’autovettura Mini Cooper, il Traverso e di un’auto BMW 320 D, la Costa.
Con tale condotta avevano cagionato la morte di DAGLI° Bruno e le lesioni personali dì GATTI
Eleonora, BELGIOVINE Micaela, GUIZZARDI Chiara. In particolare :
– i due conducenti, procedendo la Costa davanti e il Traverso dietro, a velocità sostenuta,
avevano compiuto ripetuti sorpassi di altri veicoli a motore, rimanendo a ridosso della linea di
mezzeria, con l’autovettura della Costa che si spostava a sinistra in occasione dei tentativi di
sorpasso, effettuati dal Traverso;
– in occasione di un ultimo tentativo di superamento (effettuato in violazione delle prescrizioni
stabilite dall’art. 148 del D.Lgs. n.285/1992), l’auto del Traverso, mentre la Costa accelerava
per non essere sorpassata, si portava nella corsia opposta, affiancando quella della Costa,
senza tenere una distanza dalla stessa adeguata, senza che vi fosse spazio sufficiente, prima
che la linea di mezzeria divenisse continua e nell’imminenza di un’intersezione stradale;
– in tale circostanza le due autovetture procedevano “appaiate” per alcuni secondi, ad una
distanza di circa 10 centimetri l’una dall’altra, ad una velocità non inferiore a 100-110 Km/h
per l’autovettura della Costa e a 120-130 km/h per l’autovettura del Traverso, in violazione del
limite di velocità vigente di 90 Km/h (e perciò dell’art. 142 del d.lgs. cit.);
– improvvisamente la Costa aveva sterzato a sinistra, al fine di evitare il sorpasso da parte
della vettura del Traverso (in violazione dell’art. 148 d.lgs. cit.), portando così la propria
vettura a deviare verso sinistra e a sconfinare dalla propria corsia di marcia nella corsia
opposta;
– le due autovetture erano venute pertanto in collisione e, dopo che il Traverso era rientrato
nella propria corsia di marcia, la vettura della Costa andava a collidere frontalmente con la
vettura condotta da Daglio Bruno, che procedeva nell’opposta direzione di marcia, alla velocità
di 80 Km/h;
– ne seguivano gli eventi mortali e lesivi sopra descritti.
Con la sentenza di condanna in primo grado, il fatto era stato qualificato come omicidio colposo
aggravato, qualificazione confermata dalla Corte di Appello che non rilevava alcuna violazione
del principio di correlazione.
Osservava la corte di merito che la responsabilità del Traverso e della Costa emergeva dalle
deposizioni testimoniali delle persone presenti sulle auto degli imputati e dei conducenti di altri
veicoli presenti sul luogo dei fatti, nonché dagli accertamenti tecnici svolti. Entrambi gli
Imputati avevano posto in essere condotte causalmente efficienti, tenendo una velocità
superiore al limite consentito, peraltro su strada trafficata ed in prossimità di un incrocio;
avevano invaso la mezzeria opposta di marcia, segnata da linea continua; avevano la Costa
ostacolato il sorpasso ed il Traverso effettuato il superamento dell’altra auto in modo azzardato
e pericoloso, urtando in fase di rientro il veicolo della Costa, determinando la perdita del
controllo di tale veicolo.
Sulla base di tali valutazioni, la condanna di entrambi gli imputati veniva confermata, come
anche le statuizioni civili.
2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori degli imputati
lamentando :
2.1. Per il Traverso : a) la violazione di legge, in particolare del principio di correlazione,
laddove il giudice di merito aveva modificato la qualificazione giuridica del fatto senza un
preventivo contraddittorio, transitando da un delitto con un coefficiente di dolo (l’art. 9 ter
C.d.S.) ad un delitto colposo (l’art. 589 c.p.), sostanzialmente condannando l’imputato per un
fatto diverso essendo stati gli eventi cagionati dal contatto delle auto e non dalla gara; peraltro
la diversa qualificazione aveva inciso sulla possibilità di richiedere riti alternativi in ragione
della imputazione formulata dal P.M.
2.2. Per la Costa : a) la violazione di legge, svolgendo argomentazioni analoghe a quelle della
difesa del Traverso, lamentando la violazione dei principi sanciti dalla Corte EDU nella sentenza
Drassich; inoltre evidenziando la vulnerazione del diritto alla prova in ordine alla diversa

RITENUTO in FATTO
,

qualificazione e della possibilità di chiamare in causa il responsabile civile Compagnia
Assicuratrice; b) il difetto di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche,
benchè la Costa fosse incensurata avesse risarcito, sebbene parzialmente, il danno cagionato
ed avesse avuto un corretto comportamento processuale; fa pena inoltre era stata determinata
senza alcuno sforzo di personalizzazione e con l’utilizzo di formule di stile.
c

CONSIDERATO in DIRITTO

2. In ordine alla censura di violazione del principio di correlazione, va osservato che ai sensi
dell’art. 521 c.p.p. è consentito al giudice, fermo restando il fatto contestato, di darne una
diversa qualificazione giuridica. Nel caso in esame il Tribunale ha qualificato il fatto come
omicidio colposo aggravato (invece che art. 9 ter C.d.S.), valutando le stesse circostanze
descritte nel capo di imputazione, giungendo peraltro ad una diversa qualificazione più
favorevole all’imputato, sia dal punto di vista della imputazione soggettiva (delitto colposo, non
doloso), sia dal punto di vista della sanzione edittale prevista per i due diversi reati.
3. Ciò premesso va richiamata la consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale
in tema di correlazione tra accusa e sentenza, il rispetto della regola del contraddittorio (che
deve essere assicurato all’imputato, anche in ordine alla diversa definizione giuridica del fatto,
conformemente all’art. 111, comma secondo, Cost., integrato dall’art. 6 Convenzione europea,
come interpretato dalla Corte EDU), impone esclusivamente che detta diversa qualificazione
giuridica non avvenga “a sorpresa” e cioè nei confronti dell’imputato che, per la prima volta e,
quindi, senza mai avere la possibilità di interloquire sui punto, si trovi di fronte ad un fatto
storico radicalmente trasformato in sentenza nei suoi elementi essenziali rispetto all’originaria
imputazione, di cui rappresenti uno sviluppo inaspettato. Pertanto si è ritenuto che non
sussiste la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. qualora la diversa qualificazione giuridica del
fatto appaia come uno dei possibili epiloghi decisori del giudizio, secondo uno sviluppo
interpretativo assolutamente prevedibile e l’imputato ed il suo difensore abbiano avuto nella
fase di merito la possibilità di interloquire in ordine al contenuto dell’imputazione, anche
attraverso l’ordinario rimedio dell’impugnazione” [cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7984 del
24/09/2012 Ud. (dep. 19/02/2013) Rv. 254649; Cass. Sez.
2, Sentenza n. 37413 del
15/05/2013 Cc. (dep. 12/09/2013) Rv. 256652; Cass. Sez.
5, Sentenza n. 1697 del
25/09/2013 Ud. (dep. 16/01/2014) Rv. 258941; Cass. Sez.
2, Sentenza n. 46786 del
24/10/2014 Ud. (dep. 12/11/2014) Rv. 261052].
Con specifico riferimento alla diversa qualificazione operata, come nel caso che ci occupa, dal
giudice di primo grado, questa Corte di legittimità ha statuito che “L’osservanza dei diritto al
contraddittorio in ordine alla natura e alla qualificazione giuridica dei fatti di cui l’imputato è
chiamato a rispondere, sancito dall’art. 111, comma terzo, Cost. e dall’art. 6 CEDU, comma
primo e terzo, lett. a) e b), così come interpretato nella sentenza della Corte EDU nel proc.
Drassich c. Italia, è assicurata anche quando il giudice di primo grado provveda alla
riqualificazione dei fatti direttamente in sentenza, senza preventiva interlocuzione sul punto, in
quanto l’imputato può comunque pienamente esercitare il diritto di difesa proponendo
impugnazione” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2341 del 07/11/2012 Ud. -dep. 17/01/2013- Rv.
254135).
Consegue da quanto esposto che la diversa qualificazione del fatto, attribuita all’imputato fin
dalla pronuncia di primo grado, peraltro a lui più favorevole, non ha comportato alcun
pregiudizio al diritto di difesa in quanto la sua interlocuzione era garantita quantomeno dalla
possibilità di contestare la qualificazione con l’atto di appello.
4. In particolare quanto alla possibilità di addivenire al patteggiamento, questa Corte ha già
avuto modo di affermare che “È manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 446 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 3 e 24 Cost. nella parte in cui
non prevede, nei casi di condanna per reato diverso da quello contestato, la possibilità
dell’imputato di richiedere l’applicazione della pena concordata anche nel secondo grado del
giudizio; ciò poiché l’art. 444 cod. proc. pen. consente alle parti di proporre al giudice una
pena basata su diversa qualificazione del fatto contestato, di talché incombe all’imputato
l’onere di chiedere il procedimento speciale prima dell’apertura del dibattimento in previsione
della possibile derubricazione del reato” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5493 del 03/12/1997 Cc. –

1. I ricorsisono infondati e devono essere rigettati.

5. Infine, in ordine al trattamento sanzionatorio, quanto alla censura relativa al diniego delle
attenuanti generiche, è insegnamento di questa Corte che “La sussistenza di circostanze
attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può
essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della
propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e
congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno
dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato” [Cass. Sez. 6, Sentenza n.
42688 del 24/09/2008 Ud. (dep. 14/11/2008), Caridi, Rv. 242419; Cass. Sez. 6, Sentenza n.
7707 del 04/12/2003 Ud. (dep. 23/02/2004), Anaclerio, Rv. 229768; Cass. Sez. 5, Sentenza
n. 6771 del 22/04/1981 Ud. (dep. 09/07/1981), Brunelli, Rv. 149699].
Nel caso di specie il giudice di merito, nel negare le attenuanti alla Costa, ha richiamato la
estrema gravità del fatto contestato ed il rilevante grado della colpa. Pertanto, la coerenza e
logicità della motivazione sul punto, la rende insindacabile in questa sede.
Quanto alla dosimetria della pena (anni tre di reclusione), le argomentazioni spese per il
diniego delle attenuanti hanno giustificato, secondo la corte, anche il rigetto dell’istanza di
mitigazione della pena. Va ricordato, peraltro, che non è neppure necessaria una specifica
motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta, come nel caso di specie, contenuta
in una fascia media rispetto alla pena edittale (cfr. ex plurimis Cass. IV, 20 settembre 2004,
Nuciforo, RV 230278).
Consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
processuali; nonché a quelle sostenute dalle parti civili che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali; li condanna
inoltre, in solido, a rimborsare alle parti civili le spese dalle stesse sostenute per questo
giudizio che liquida in complessivi euro 4.000,00= in favore di quelle (quattro parti civili) difese
dall’Avv. Mario Boccassi, oltre accessori come per legge, e in complessivi euro 3.500,00=, oltre
accessori come per legge, in favore di quelle (tre parti civili) difese dall’Avv. Giulia Boccassi.
Così deciso in Roma il 8 maggio 2015
Il Consigl – restensor

dep. 28/01/1998-, Rv. 209567). Ragionamento analogo può essere fatto in relazione al rito
abbreviato.
Ebbene dagli atti non risulta che gli imputati abbiano avanzato istanza di riti alternativi, né
con riferimento all’imputazione di cui all’originario esercizio dell’azione penale, né in vista di
una diversa qualificazione del fatto.
Quanto al diritto alla prova, vulnerato secondo la difesa della Costa dalla mutata qualificazione,
la doglianza si palesa generica ed in ogni caso non tiene conto del fatto che gli imputati
avrebbero potuto richiedere ai sensi dell’art. 603 c.p.p., la rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale, facoltà che, invece, non hanno ritenuto di esercitare.
Infine, quanto alla possibilità di citazione del responsabile civile, secondo la difesa della Costa
possibile per l’imputazione di cui all’art. 589 c.p. e non invece per il delitto di cui all’art. 9 ter
C.d.S., la censura è infondata, in quanto non tiene conto della natura plurioffensiva di tale
ultimo reato e, pertanto, della possibilità di chiamare in causa il responsabile civile, secondo il
disposto dell’art. 83 c.p., come riscritto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 112 del
1998, che attribuisce anche all’imputato (non solo alla parte civile) la facoltà della citazione nel
caso di responsabilità civile derivante dall’assicurazione obbligatoria ai sensi della legge 990
del 1969.

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