Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38332 del 21/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38332 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SARNO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MANZO CONCETTA N. IL 07/12/1936
avverso la sentenza n. 229/2011 CORTE APPELLO di SALERNO, del
29/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIULIO SARNO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (1
che ha concluso per

e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 21/05/2013

La corte di appello di Salerno, con la sentenza in epigrafe, ha confermato quella del tribunale della
medesima città che in data 7.12.2009 ha condannato Manzo Concetta per i reati di cui agli articoli
44 lettera b)., 64 -71, 65 – 72, 93 – 95 d.p.r. 380/ 01 e 181 Dlvo 42/04 per la realizzazione di un
corpo di fabbrica senza permesso di costruire e senza autorizzazione ambientale. I fatti risultano
accertati il 2 aprile 2007.
Come si rileva dalla sentenza impugnata la responsabilità dell’imputata è stata ravvisata in relazione
alle dichiarazioni dei testi escussi (Bracciante Gerardo, Davide Pelosio e Salvati Orazio, tutti
appartenenti al Corpo Forestale dello Stato) i quali hanno riferito che l’imputata, oltre ad essere
proprietaria dell’area ove insisteva il manufatto abusivo ed essere stata altresì rinvenuta in loco al
momento dell’accertamento, abitava nelle vicinanze del terreno (e poteva quindi accorgersi dei
lavori eventualmente realizzati da altri a sua insaputa, impedendoli) ed aveva anche presentato la
d.i.a. per i lavori di recinzione.
Deduce questa sede la ricorrente:
1) l’erronea applicazione dell’articolo 40 capoverso del codice penale contestando la motivazione
della sentenza nella parte in cui afferma che se la ricorrente fosse stata davvero estranea al reato
avrebbe dovuto impedire la realizzazione del manufatto, sul rilievo che tale obbligo e/o posizione di
garanzia non è rinvenibile nell’ordinamento.
2) l’illogicità della motivazione ed il travisamento delle prove per avere il giudice di appello
utilizzato prove alterandone nell’interpretazione completamente il contenuto per giungere alla
affermazione dell’attribuibilità dei fatti alla odierna ricorrente. Fa riferimento in particolare alle
deposizioni dei testi Pelosio e Salvati, il primo dei quali ha escluso di aver partecipato alla verifica
nel corso della quale sarebbe stata accertata la presenza in loco dell’imputata mentre il secondo
aveva escluso che fosse stata l’imputata a presentare materialmente la dia per la costruzione di un
muro di recinzione del fabbricato.
3) l’illogicità della motivazione in quanto la responsabilità della ricorrente sarebbe stata in
motivazione comunque prospettata solo in via di ipotesi.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Occorre in premessa ricordare che, come più volte evidenziato da questa Sezione, la responsabilità
del proprietario o comproprietario, non formalmente committente delle opere abusive, può dedursi
da indizi quali la piena disponibilità della superficie edificata, l’interesse alla trasformazione del
territorio, i rapporti di parentela o affinità con l’esecutore del manufatto, la presenza e la vigilanza
durante lo svolgimento dei lavori, il deposito di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria, la
fruizione dell’immobile secondo le norme civilistiche sull’accessione nonché tutti quei
comportamenti (positivi o negativi) da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove
circa la compartecipazione anche morale alla realizzazione del fabbricato. (ex plurimis Sez. 3,
Sentenza n. 25669 del 30/05/2012 Rv. 253065). Si è anche precisato che, ai fini del
disconoscimento del concorso del proprietario del terreno non committente dei lavori nel reato
previsto dall’art. 44 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, è necessario escludere l’interesse o il suo
consenso alla commissione dell’abuso edilizio ovvero dimostrare che egli non sia stato nelle
condizioni di impedirne l’esecuzione (Sez. 3, Sentenza n. 33540 del 19/06/2012 Rv. 253169)..
E’ alle motivazioni di tali decisioni che si deve avere riguardo per confutare il primo motivo di
ricorso in quanto fondate sul rilievo che nel caso in cui ricorrano i presupposti indicati in
precedenza, deve ritenersi dimostrato un interesse diretto del proprietario nell’area alla
realizzazione dei lavori. E, dunque, non sono in alcun modo conferenti i richiami alla disciplina
dell’art. 40 co. 2 cod. pen.attinenti all’obbligo di impedire l’evento.

Ritenuto in fatto

Quanto all’asserito travisamento della prova la questione è sostanzialmente irrilevante in quanto per
un verso la circostanza che il teste Pelosio non ricordi di avere incontrato l’imputata non è decisiva
stante la conferma venuta dalle deposizioni degli altri testi citati e, per altro verso, – in relazione alla
presentazione della d.i.a — ciò che rileva non è la materialità dell’atto di presentazione ma la
riconducibilità della richiesta che i rilievi difensivi non escludono essere in capo all’imputata, così
come sostenuto dai giudici di appello.
Quanto ai rilievi di illogicità della motivazione che formano oggetto del terzo motivo, a prescindere
dalla genericità dei rilievi, occorre ribadire in questa sede che il vizio di mancanza o manifesta
illogicità della motivazione, a norma dell’articolo 606, lett.e), cod. proc. pen., deve risultare dal
testo della motivazione e deve consistere, rispettivamente, nell’assenza di motivazione su un punto
decisivo della causa sottoposto al giudice di merito, non già nella mancata confutazione di un
argomento specifico relativo ad un punto della decisione che pur è stato trattato, sebbene in
un’ottica diversa, dal giudice della sentenza impugnata, dando una risposta solo implicita
all’osservazione della parte; e nella frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse nel
caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono (Sez. 1, Sentenza n. 9539 del 12/05/1999
Ud. (dep. 23/07/1999) Rv. 215132).
Alla data odierna il reato è prescritto. La prescrizione maturata successivamente alla decisione di
appello, come costantemente affermato da questa Corte, non rileva tuttavia se il ricorso è
inammissibile né il ricorso può essere proposto al fine di far valere unicamente la prescrizione.
In questo senso si sono espresse le Sezioni Unite puntualizzando che l’inammissibilità del ricorso
per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido
rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non
punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, Sentenza n. 32 del 22/11/2000 Rv. 217266).
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del
procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in
via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1000.
P .Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di euro 1000.
Così deciso, il giorno 21.5.2013

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