Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38329 del 29/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38329 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CHIAPPERINI FILIPPO N. IL 09/12/1975
avverso la sentenza n. 2604/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
09/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVIN9,
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.« (e-che ha concluso per e
ds4k.
o

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

,

Data Udienza: 29/11/2012

Ritenuto in Fatto

Con sentenza emessa in data 30 luglio 2011 il GUP presso il Tribunale di Trani, all’esito del
giudizio abbreviato, dichiarava la penale responsabilità di Chiapperini Filippo per il delitto di cui
all’art. 73 co. 1 bis DPR 309/90 perché, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 del suddetto DPR,
deteneva illecitamente per la cessione dieci involucri di sostanza stupefacente del tipo marijuana del

complessivo di gr. 2,941. Riconosciuta l’attenuante speciale di cui al quinto comma dell’art. 73
DPR 309/90 prevalente sulla contestata recidiva semplice, operata la diminuzione del rito, lo
condannava alla pena di anni 2 di reclusione ed euro 6.000,00 di multa.
Proposto appello da parte dell’imputato, la Corte di Appello di Bari, con sentenza emessa in data 9
febbraio 2012, in riforma dell’appellata pronuncia, riduceva la pena inflitta ad anni uno e mesi 4 di
reclusione ed euro 4.000,00 di multa. Confermava nel resto la sentenza di primo grado.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’imputato per illogicità della
motivazione. In particolare il ricorrente lamenta il fatto che la Corte territoriale non avrebbe tenuto
conto della relazione tecnica redatta dal laboratorio scientifico della legione dei Carabinieri da cui
risulta che il principio attivo della sostanza stupefacente sequestrata non supera i limiti previsti per
le dosi medie giornaliere dal DPR 309/90. Denuncia inoltre il ricorrente la carenza ed illogicità
della motivazione anche sotto il profilo della mancata considerazione del suo stato di
tossicodipendenza — condizione che doveva indurre a ritenere la destinazione ad uso personale della
sostanza sequestrata — in aggiunto al dato significativo che non era stato rinvenuto denaro in suo
possesso né nel corso della perquisizione personale né durante la perquisizione domiciliare.

Ritenuto in Diritto

Il ricorso è inammissibile in quanto volto a sollecitare, con la surrettizia deduzione di vizi di
legittimità, una rivalutazione delle risultanze processuali — attraverso una diversa lettura degli
elementi di fatto acquisiti al giudizio — non consentita al giudice di legittimità.
In proposito giova ricordare che in sede di controllo della motivazione ex art. 606 co. 1 lett. e)
c.p.p., il compito della Cassazione non consiste nell’accertare la plausibilità e l’intrinseca
adeguatezza dell’interpretazione delle prove, riservata al giudice di merito, bensì nel controllare
l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della
motivazione alle acquisizioni processuali. Dunque la Suprema Corte è chiamata ad accertare se i
giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano dato esauriente

peso complessivo di gr. 36,033 e quattro involucri di sostanza stupefacente di tipo cocaina del peso

risposta alle deduzioni delle parti e se, nell’interpretazione delle prove, abbiano esattamente
applicato le regole della logica, le massime di comune esperienza ed i criteri legali dettati in tema di
valutazione delle prove in modo da fornire giustificazione razionale delle soluzioni adottate a
preferenza di altre. In altre parole, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della coerenza
strutturale della sentenza in sé considerata, condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi di
cui è geneticamente informata, anche se questi siano ipoteticamente sostituibili con una diversa

47289 del 24.9.03; Sez. III n. 40542 del 12.10.07; Sez IV n. 4842 del 2.12.03).
Quindi il sindacato di legittimità non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione o nella scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla
ricostruzione e valutazione dei fatti: una volta accertata la tenuta logica della motivazione, non è
possibile procedere ad una nuova valutazione delle risultanze processuale da contrapporre a quella
effettuata dai giudice di merito. Ne consegue che, qualora, come nel caso di specie, le censure
mosse dal ricorrente non siano idonee a scalfire la logicità e linearità della motivazione del
provvedimento, queste devono ritenersi inammissibili, perché proposte per motivi diversi da quelli
consentiti in quanto non riconducibili alla categoria di cui all’art.606 co. 1 lett. e) c.p.p.
Tanto premesso, si deve ad ogni buon conto rilevare che la motivazione della sentenza impugnata
appare coerente nella coordinazione dei passaggi logici attraverso i quali si sviluppa ed esaustiva
nel confutare le deduzioni difensive dell’imputato, con articolata e congrua motivazione. In
particolare, la pronuncia appare ben argomentata laddove spiega che la destinazione allo spaccio
possa agevolmente desumersi dal rinvenimento nell’abitazione dell’imputato, in sede di
perquisizione domiciliare, di strumenti atti alla preparazione ed al confezionamento delle dosi —
peraltro da lui spontaneamente consegnati al personale operante — dalla varietà delle sostanze
rinvenute nell’abitazione e dalla presenza dell’imputato in luoghi ove solitamente avviene il traffico
di stupefacenti. Esaustiva e coerente appare la motivazione elaborata dalla Corte di appello anche
sotto il profilo dell’irrilevanza delle risultanze dell’analisi quantitativa data la inequivocabile
destinazione allo spaccio, poiché solo per una delle sostanze sequestrate non erano superati i limiti
di principio attivo previsti per le dosi medie giornaliere.
In conclusione, la motivazione della sentenza impugnata deve ritenersi incensurabile in quanto ha
illustrato l’iter logico seguito per pervenire all’affermazione di responsabilità dell’imputato, ha
indicato in modo circostanziato gli elementi di prova utilizzati e ha compiutamente confutato le
ragioni addotte a difesa dell’imputato esponendo, per i singoli passaggi della motivazione,
argomentazioni convincenti sul piano logico e giuridico, immuni da censure.

ricostruzione, magari altrettanto logica, dei dati processuali (Cass. S.U. n.12 del 31.5.00; S.U. n.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, in data 29 novembre 2012.

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