Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38303 del 26/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 38303 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: DI SALVO EMANUELE

Data Udienza: 26/05/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COSTA COSTANZA N. IL 03/01/1948
avverso l’ordinanza n. 282/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 28/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI
SALVO;
letk/sentite le conclusioni del PG Dott. t7 )02._(0 1-1/C.

(2,

(

o-E-r-p23

UdibkdifensorkAvv.;

(A .9L2 t. 4 L E I,

,« 4 r4 0-4

r

RITENUTO IN FATTO

2.La ricorrente deduce violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. e degli artt. 416 bis e 240
cod. pen., poiché ella non è stata chiamata a rispondere né del delitto associativo né
dei reati fine . Ad ogni modo, i beni non hanno alcuna pertinenza alle fattispecie di
reato contestate, non essendovi elementi a sostegno dell’apodittico asserto secondo il
quale i beni oggetto di apprensione costituirebbero provento di attività illecita. I
colloqui captati, peraltro tra soggetti terzi rispetto all’odierna ricorrente, non
coinvolgono, neppure indirettamente, il ritenuto effettivo intestatario, per conto della
cosca,Cimato Domenico. Il Tribunale ha poi illegittimamente addotto il reinvestimento,
nell’esercizio commerciale oggetto di sequestro, dei proventi derivanti dall’attività
estorsiva compiuta dalla cosca di appartenenza del Cimato , in alcun modo valorizzato
dal Gip. D’altronde la confisca può essere effettuata solo nei confronti di soggetti
appartenenti ad associazioni mafiose e non anche nei confronti di estranei, come la
ricorrente. Si chiede pertanto annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Occorre osservare che il ricorso per cassazione avverso una misura cautelare reale è
ammesso dall’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. esclusivamente per violazione di
legge. Costituisce, al riguardo, ius receptum,nella giurisprudenza di questa suprema
Corte,il principio secondo il quale nella nozione di “violazione di legge” rientrano la
mancanza assoluta di motivazione e la presenza di una motivazione meramente
apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali. Non vi
rientra invece l’illogicità manifesta , la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità
soltanto attraverso lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett e) dell’art.
606 cod. proc. pen. (Sez. U. 28-1-2004 n.2, Ferrazzi). Dunque ,ove il ricorso per
cassazione sia limitato alla sola violazione di legge, va esclusa la sindacabilità del vizio
di manifesta illogicità mentre è possibile denunciare il vizio di motivazione apparente,
atteso che in tal caso si prospetta la violazione dell’art. 125, comma 3 cod. proc. pen.,
che impone l’obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (Sez. U. 28-52003, n. 25080,Pellegrino, Rv. 224611). Quest’ultimo vizio è ravvisabile allorchè la
motivazione sia completamente priva dei requisiti minimi di coerenza e di completezza,
al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di
merito, oppure le linee argomentative siano talmente scoordinate da rendere oscure le
ragioni che hanno giustificato il provvedimento. La carenza assoluta di un riconoscibile
apparato argomentativo, qualificabile come inosservanza della specifica norma
processuale che impone, a pena di nullità, l’obbligo di motivazione dei provvedimenti
giurisdizionali , non ha infatti perso l’intrinseca consistenza del vizio di violazione di
legge, differenziandosi pertanto dai difetti logici della motivazione.
2.Nel caso di specie, l’impianto argomentativo a sostegno del decisum, lungi dal potersi
considerare apparente, si sostanzia in un apparato esplicativo puntuale, coerente, privo

1.Costa Costanza
ricorre per cassazione
avverso l’ordinanza del Tribunale del
riesame di Reggio Calabria, in data 28-11-2014 , che ha confermato il decreto di
sequestro preventivo della ditta individuale “Distributori di carburante all’insegna IP di
Cimato Domenico” e del relativo patrimonio aziendale, comprensivo di conti correnti e
di tutte le autorizzazioni all’esercizio dell’attività commerciale, in quanto ritenuti beni
strumentali alla commissione dei reati di cui agli artt. 416 bis e 629 cod. pen.

3.Trattasi dunque di motivazione che non può certamente considerarsi
apparente,nemmeno qualora volesse ritenersi che essa non sia immune da censure, sul
terreno della razionalità, potendo,in ipotesi , essere ravvisati vizi di logicità. Questi
ultimi sono infatti irrilevanti in sede di legittimità, secondo quanto poc’anzi evidenziato,
non trattandosi di assenza o di apparenza di motivazione. Infatti soltanto la mancanza
di qualunque ancoraggio del discorso giustificativo alle risultanze acquisite e di
qualunque riferimento alla specifica fattispecie in disamina determina il vizio di
apparenza della motivazione, ravvisabile ove il giudice si avvalga di asserzioni del
tutto generiche e di carattere apodittico o di proposizioni prive di effettiva valenza
dimostrativa (Cass.n. 24862 del 19-5-2010), determinando così il venir meno di
qualunque supporto argomentativo a sostegno del decisum (Sez. U. 27-11-2008 n.
3287): ciò che non è riscontrabile nel caso in disamina.
4.D’altronde, in tema di sequestro preventivo, il procedimento incidentale che si svolge
dinanzi al tribunale del riesame non può trasformarsi in un accertamento preventivo
della sussistenza del reato, tematica che forma oggetto del procedimento principale. E’
pertanto preclusa una verifica in concreto della fondatezza della tesi accusatoria, onde
l’accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo
della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati, in punto
di fatto, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che
2

di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l’iter logico-giuridico seguito
dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo il Tribunale
evidenziato che dalle risultanze indiziarie acquisite, con particolare riguardo alle
intercettazioni telefoniche e ambientali espletate, specificate dal giudice a quo, e agli
accertamenti e sequestri effettuati dalla polizia giudiziaria, è emerso che i locali
inerenti al predetto distributore di benzina, riconducibile all’indagato Cimato Domenico,
erano stati utilizzati dai sodali quale luogo per l’occultamento di armi. Così come è stato
dimostrato che, nella conduzione del suddetto esercizio commerciale, il Cimato si era
avvalso di modalità tipicamente mafiose e che aveva reinvestito nell’esercizio stesso i
proventi derivanti dall’attività estorsiva,esplicata nell’interesse della cosca di
appartenenza. Correttamente poi il Tribunale ha citato l’orientamento giurisprudenziale
secondo il quale oggetto del sequestro preventivo può essere qualsiasi bene,
formalmente appartenente anche a persona estranea al reato, purché esso sia collegato
a quest’ultimo e la disponibilità del bene stesso possa aggravare e protrarre le
conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di ulteriori fatti penalmente
rilevanti (Cass., Sez 3. 6-12-2007 n2287; Sez 5, 16-6-2007 , n. 37033).
Opportunamente poi il Tribunale ha sottolineato che la possibilità di sottoporre a
sequestro preventivo beni formalmente intestati a terzi, estranei al procedimento
penale, impone una pregnante valutazione del collegamento tra tali beni e le attività
delittuose dell’indagato, pure attraverso l’apprezzamento di elementi, rappresentati dai
rapporti tra il terzo titolare e l’indagato, che appaiano indicativi dell’effettiva
disponibilità dei beni da parte di quest’ultimo e della fittizietà dell’intestazione. In
questa sede,può soltanto aggiungersi che, anche nell’ottica delineata dall’ad 416
bis,penultimo comma, cp, si è, in giurisprudenza, evidenziata la strumentalità del
sequestro rispetto alla confisca obbligatoria dei beni sequestrati, ricollegabili all’attività
delittuosa,anche se di essi siano titolari terzi estranei al delitto, allorché sussistano le
condizioni in base alle quali debba presumersi che l’intestazione a terzi sia fittizia,
poiché, in effetti, il reale controllo, diretto ed indiretto, dei beni fa capo al responsabile
del reato associativo (Sez. U. 26-10-1985 , Giovinazzo; Sez. U. 26-10-1985,Piromalli,
Rv 171073).

vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentano di sussumere
l’ipotesi formulata in quella tipica. Alla giurisdizione compete quindi il potere- dovere di
espletare il controllo di legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte dal
pubblico ministero, ragion per cui il tribunale non deve instaurare un processo nel
processo ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le
contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando
l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (Sez. U. 20-11-1996, Bassi, Rv.
206657).Correlativarnente, la verifica sulle condizioni di legittimità della misura
cautelare, da parte della suprema Corte, deve limitarsi al controllo della compatibilità
tra la fattispecie concreta e la fattispecie legale ipotizzata, mediante una delibazione
prioritaria dell’antigiuridicità penale del fatto (Sez. U. 27-3-1992 , Midolini , Rv.
191327). Sia in sede di giudizio di riesame, infatti, che in sede di legittimità, non è
consentito verificare la sussistenza del fatto-reato ma solo accertare se il fatto
contestato sia configurabile quale fattispecie astratta di reato, nell’ottica di sommarietà
e di provvisorietà, propria della fase delle indagini preliminari. Ed invero, la misura
cautelare reale attiene a cose alle quali viene attribuito un tasso di pericolosità, poiché
esse si ricollegano alla commissione di un reato,onde la conservazione del sequestro,
volto al limitare la libera disponibilità dell’oggetto, prescinde da qualsiasi verifica in
merito alla fondatezza dell’accusa ( Cass. 23-9-1994, Nigro , Rv. 199471; Cass. 26-111993, Pomicino, Rv. 196629).
5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile , a norma dell’art 606 co 3 cod. proc.
pen. , con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro mille , determinata secondo equità , in favore della Cassa delle
ammende.

PQM
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA 4LARICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE
SPESE PROCESSUALI E DELLA SOMMA DI E. 1.000,00 IN FAVORE DELLA CASSA DELLE
AMMENDE

Così deciso in Roma , all ‘udienza del 26-5-2015 .

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA