Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 383 del 29/09/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 383 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: ESPOSITO ALDO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MAZZONI RUGGERO nato il 12/09/1968 a MORBEGNO

avverso la sentenza del 12/05/2016 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ESPOSITO;

Data Udienza: 29/09/2017

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano ha confermato la
sentenza del Tribunale di Sondrio del 18/02/2015, di condanna nei confronti di
Mazzoni Ruggero alla pena di mesi uno e giorni quindici di arresto, per il reato di
cui all’art. 2 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423.
Avverso tale sentenza il predetto imputato, a mezzo del proprio difensore,
ricorre per Cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione, deducendo

validità del provvedimento col quale era irrogata la sanzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
Il ricorso, pur denunziando violazione di legge e vizio di motivazione, non
critica la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla formazione del
convincimento del giudice, ma, postulando indimostrate carenze motivazionali
della sentenza impugnata, chiede la rilettura del quadro probatorio e il riesame
nel merito della vicenda processuale.
Tuttavia, tale riesame è inammissibile in sede di legittimità, quando la
struttura razionale della sentenza impugnata abbia, come nel caso in esame, una
sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel
rispetto delle regole della logica, alle risultanze processuali (Sez. 2, n. 9242
dell’08/02/2013, Reggio, Rv. 254988).
La Corte territoriale ha dato atto che dal contenuto del provvedimento è
emerso inequivocabilmente che il divieto imposto al Mazzoni era impartito sine
die o comunque fino a nuovo ordine; tale giudizio risulta fondato su circostanze
ictu ()culi non arbitrarie e non smentite dall’esito dell’istruttoria svolta.
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle
ammende, determinabile in 2.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

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che non si era tenuto conto della mancata indicazione di un termine temporale di

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 29 settembre 2017.

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