Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38295 del 21/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 38295 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI PINTO LUISA N. IL 20/11/1925
VARRIALE DOMENICO N. IL 07/11/1985
avverso la sentenza n. 5192/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
18/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Data Udienza: 21/06/2013

Ritenuto:
— che la Corte di appello di Napoli con sentenza del 18/5/2012 in parziale riforma della sentenza
20/11/2008 del Tribunale di quella città in composizione monocratica, ha ribadito l’affermazione
della penale responsabilità di DI PINTO Luisa e VARRIALE Domenico per i reati di cui agli artt.:
44, lett. c), 83, 93, 94 e 95 D.P.R. n. 380/2001; 181 d.lgs. 42\2004 e 734 cod. pen. (acc. in Napoli,
9/5/2007) concedendo loro il beneficio della non menzione della condanna;
— che gli imputati hanno proposto separati ricorsi per cassazione, deducendo:
DI PINTO Luisa la preesistenza del manufatto, il difetto di motivazione e la prescrizione del reato:
VARRIALE Domenico di essere stato condannato esclusivamente sul presupposto che egli era
proprietario dell’area (lastrico solare) sulla quale era stato edificato il manufatto abusivo;
— che i motivi di gravame risultano manifestamente infondati, in quanto:
risulta dimostrata la realizzazione su lastrico solare di proprietà del VARRIALE, di una
(I)
sopraelevazione di circa mq 170con altezza massima di m. 3,20, di un manufatto di mq. 60 con
altezza di m. 3, di un balcone di mq 2 ed un terrazzo a livello di mq 10
la preesistenza del manufatto è stata motivatamente esclusa dalla Corte territoriale sulla base

del contenuto di rilievi aerofotogrammetrici del 2004
la sentenza risulta adeguatamente motivata, mentre del tutto generica risulta la formulazione

della censura sul punto. Inoltre del tutto correttamente la Corte del merito ha respinto la richiesta di
rinnovazione dell’istruzione dibattimentale sul presupposto della sufficienza delle risultanze
probatorie acquisite
avuto riguardo alla data di commissione del reato ed ai periodi di sospensione, alla data della

pronuncia della sentenza di appello il termine massimo quinquennale di prescrizione non risultava
decorso
il VARRIALE è stato condannato in seguito a corretta valutazione della situazione concreta

in cui venne svolta l’attività incriminata, e la sua partecipazione alla realizzazione dell’opera illecita
è stata dedotta non soltanto dalla situazione di nuda proprietà dell’area ove insistono gli edifici
abusivi, bensì pure dalla piena disponibilità, giuridica e di fatto, di detto edificio e dell’area e
dall’interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del “cui prodest-) [cfr. in
proposito, Sez. III 19 settembre 2008, n. 35907. Conf. Sez. III n. 25669, 3 luglio 2012]. La
responsabilità per la realizzazione di una costruzione abusiva non prescinde, per il proprietario
dell’area interessata dal manufatto, dall’esistenza di un consapevole contributo all’integrazione
dell’illecito, ma grava sull’interessato l’onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che,
nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (vedi Cass.:
Sez. feriale, 16.9.2003, n. 35537, Vitale ed altro; Sez. III, 12.1.2007, Catanese). Si è ulteriormente
precisato che ai fini del disconoscimento del concorso del proprietario del terreno non committente
dei lavori nel reato urbanistico occorre escludere l’interesse o il suo consenso alla commissione
dell’abuso edilizio ovvero dimostrare che egli non sia stato nelle condizioni di impedirne
l’esecuzione (Sez. III n. 33540, 31 agosto 2012).
— che, a norma dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità — non potendosi escludere
che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) — segue l’onere
delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende,
della somma, equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, di euro 1.000,00.
In ogni caso, l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei
motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., ivi
compresa la prescrizione (Sez. IV n. 18641, 22 aprile 2004).
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimentot
al versamento della somma di euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deliberato in ROMA, nella camera di consiglio del 21/6/2013

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