Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3829 del 12/12/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3829 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
SICURANZA FRANCO N. IL 09.10.1964
Nei confronti di :
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso la ordinanza della CORTE D’APPELLO DI FIRENZE del 10/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, lette le
conclusioni del PG in persona del dott. Vito D’Ambrosio che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Firenze con l’ordinanza impugnata emessa in data 10 dicembre
2013, a seguito di annullamento con rinvio da parte di questa Corte con sentenza del
13 gennaio 2012, ha nuovamente rigettato la domanda proposta da Sicuranza
Franco volta al riconoscimento dell’indennizzo per l’ingiusta detenzione. Questi,
arrestato in data 29/8/2005 per il delitto di cui agli artt. 416, 628 e 605 c.p.
(associazione a delinquere, rapina aggravata ed altro), era stato liberato il
20/7/2006, dopo mesi 10 e giorni 20 di detenzione (di cui giorni 10 in carcere e ed il
rimanente agli arresti domiciliari). Successivamente il Tribunale dì Firenze, con
sentenza del 18/11/2008 (irrevocabile il 4/6/2009), lo aveva assolto con formula
piena, per non aver commesso il fatto.
2. Avverso tale decisione ricorre a mezzo del proprio difensore il Sicuranza deducendo
la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione.
3. Il Ministero dell’Economia e Finanze con memoria depositata in data 4 dicembre 2014
resisteva al ricorso chiedendone il rigetto.

Data Udienza: 12/12/2014

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è fondato.
Il ricorrente è stato accusato dal coindagato Sava Angelo di essere stato un
“organizzatore esterno” della rapina nella villa di Cocchi Silvia in Bagno a Ripoli.
Il primo rigetto dell’istanza di riparazione per ingiusta detenzione è stato motivato in
quanto il Sicuranza risultava essere stato contattato negli orari della rapina da alcuni
partecipanti all’atto delittuoso ed inoltre, dall’analisi dei tabulati, era emerso che egli
era stato presente, all’ora dei fatti, nella zona di consumazione del delitto. Rifiutando
di rispondere all’interrogatorio, inoltre, negligentemente, l’odierno istante non aveva
collaborato a chiarire la sua posizione.
Questa Corte nel disporre l’annullamento aveva così motivato : “nell’ordinanza di
rigetto della richiesta di indennizzo la Corte di merito valorizza il dato costituito dagli
accertati contatti telefonici tra i partecipanti alla rapina nei momenti ed in zone
prossime alla commissione del delitto. L’ordinanza, però, non cita specificamente tali
contatti tra le utenze, ne’ passi dalla sentenza di assoluzione che danno atto di
contatti telefonici documentati del Sicuranza con altri coimputati
ed anzi l’unico contatto citato appare essere quello relativo ad una telefonata tra il
Guidi ed il Bonanno. Ne consegue, da quanto detto, che il provvedimento di rigetto
dell’equo indennizzo non individua in modo fattualmente certo una “condotta” da
attribuire al Sicuranza, onde valutarne poi la sua qualificazione gravemente
colposa o meno. Nè può dirsi che tale condotta possa essere costituita dalla mancata
risposta all’interrogatorio”.
Con il provvedimento impugnato la Corte distrettuale ha respinto nuovamente la
richiesta del Sicuranza facendo riferimento a due chiamata effettuata dal Guidi alle
ore 22,27 ed alle ore 22,52, all’utenza in uso all’odierno ricorrente.
Ritiene il Collegio che l’iter argomentativo, seguito dalla Corte d’Appello, non resista
alle censure del ricorrente, atteso che i ravvisati comportamenti, ritenuti indici
rilevatori della sussistenza del preciso nesso eziologico tra la condotta tenuta
dall’istante – che lo avrebbe posto nella obiettiva situazione di gravità indiziaria – e la
misura cautelare emessa, afferiscono a condotte che appaiono essere “neutre”, cioè
non manifestamente e verosimilmente riconducibili ad una condotta che
apparentemente potrebbe configurasi come di compartecipazione alla rapina. Nella
specie, infatti, le due telefonate cui fa riferimento il provvedimento impugnato ed il
cui contenuto è comunque sconosciuto, non risultano essere state effettuate
direttamente dal Sicuranza, ma è quest’ultimo ad essere stato chiamato dal Guidi
(peraltro anch’egli assolto dalla imputazione con formula ampia). Non appare quindi ,
invero, esaustiva la motivazione dell’ordinanza impugnata, laddove tali circostanze
sono quindi ritenute tali da denotano un comportamento gravemente colposo tenuto
dall’istante che ha portato all’applicazione della misura cautelare restrittiva. In effetti,
il giudice della riparazione non ha chiarito quale comportamento concreto sia stato
posto in essere dal ricorrente per indurre in errore l’autorità giudiziaria, facendo
ritenere configurabile a suo carico un grave quadro indiziario in ordine al contestato
reato.
5. Detta carenza di motivazione impone l’annullamento dell’impugnata ordinanza con
rinvio alla Corte d’Appello di Firenze per un
nuovo
esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze per nuovo esame
Così deciso nella camera di consiglio del 12 dicembre 2014
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

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