Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38283 del 06/07/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 38283 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: PARDO IGNAZIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI NUNZIO GABRIELE nato a FOSSACESIA il 19/03/1962

avverso la sentenza del 07/10/2016 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere IGNAZIO PARDO;

Data Udienza: 06/07/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE di APPELLO di L’AQUILA, con sentenza in data 07/10/2016, parzialmente riformando la
sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di LANCIANO, in data 30/10/2014, nei confronti di DI
NUNZIO GABRIELE confermava la condanna in relazione al reato di cui all’ art. 646 cod.pen..
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
– violazione di legge con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato non sussistendo gli
elementi costitutivi del reato contestato e ritenuto a carico del ricorrente;
– vizio di motivazione in relazione alla omessa applicazione dell’art. 131 bis cod.pen. in ragione
dell’importo dovuto e di cui l’imputato si era appropriato che doveva anche essere rideterminato;
merito.

– difetto di motivazione in ordine alla determinazione della provvisionale liquidata dai giudici di

Con successiva memoria depositata in cancelleria la parte civile chiedeva dichiararsi
l’inammissibilità del ricorso proposto dall’imputato anche rilevando l’assenza dei requisiti per

operare la invocata compensazione posto che i crediti del ricorrente non erano comunque
determinati nel loro importo.

Con memoria depositata in cancelleria la difesa dell’imputato deduceva che l’importo delle somme
di cui il ricorrente si era appropriato era stato determinato in contrasto con il contenuto della

deposizione testimoniale e che le stesse pertanto dovevano essere ridotte con conseguente
applicazione dell’art. 47 cod.pen. o dell’art. 131 bis cod.pen..
Il ricorso è inammissibile.

Quanto al primo motivo, la corte territoriale si è adeguata all’orientamento secondo cui nel reato di

appropriazione indebita non opera il principio della compensazione con credito preesistente,
allorché si tratti di crediti non certi, nè liquidi ed esigibili (Sez. 2, n. 293 del 04/12/2013 Rv.
257317); e nel caso di specie le provvigioni dell’imputato non erano ancora state precisamente

determinate al momento dell’impossessamento delle somme altrui sicchè certamente illecita appare

la condotta ed irrilevanti le considerazioni esposte anche nella memoria depositata in cancelleria
che peraltro prospettano una lettura alternativa di emergenze probatorie non ammissibile nella
presente sede di legittimità.

In relazione al secondo motivo, la doglianza non risulta essere stata previamente dedotta come

motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod.

proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata,
che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se
incompleto o comunque non corretto.
In ogni caso, l’importo determinato dallo stesso ricorrente nei termini di cui a pagina 4 dell’atto di
impugnazione esclude la minima entità del fatto.
In relazione all’ultimo motivo vale il principio secondo cui il provvedimento con il quale il giudice di
merito, nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno, assegna alla parte civile una

somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non è impugnabile per cassazione, in quanto per
sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall’effettiva
liquidazione dell’integrale risarcimento (Sez. 2, n. 49016 del 06/11/2014, Rv. 261054).
Sicchè in questa sede non possono essere devolute questioni in relazione alla disposta provvisionale
liquidata dai giudici di merito.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della

causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma di tremila euro alla cassa delle ammende.

Così deciso il 06/07/2018

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