Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38279 del 06/07/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 38279 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: PARDO IGNAZIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
IODICE GIOVANNI nato a SANTA MARIA CAPUA VETERE il 12/08/1977

avverso la sentenza del 28/04/2017 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere IGNAZIO PARDO;

Data Udienza: 06/07/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
La CORTE APPELLO di NAPOLI, con sentenza in data 28/04/2017, parzialmente riformando la
sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE, in data 16/06/2016, nei
confronti di IODICE GIOVANNI confermava la condanna in relazione al reato di cui all’ art. 629
cod.pen..
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato
sussistendo l’ipotesi della desistenza;
– violazione dell’art. 63 quarto comma cod.pen..
Il ricorso è inammissibile.

Quanto al primo motivo, la doglianza si scontra con l’inequivocabile significato della confessione
resa dall’imputato e di cui da atto il giudice di appello. In ogni caso, secondo l’orientamento di

questa corte nei reati di danno a forma libera la desistenza può aver luogo solo nella fase del
tentativo incompiuto e non è configurabile una volta che siano posti in essere gli atti da cui origina
il meccanismo causale capace di produrre l’evento, rispetto ai quali può, al più, operare la
diminuente per il cd. recesso attivo, qualora il soggetto tenga una condotta attiva che valga a

scongiurare l’evento (Sez. 2, n. 24551 del 08/05/2015, Rv. 264226). E nel caso in esame pertanto
sussiste la contestata ipotesi.

Quanto all’aumento ex art. 63 quarto comma cod.pen., il giudice di appello nel determinare la pena
ha fatto riferimento alla gravità dei fatti che paiono commessi nell’ambito di attività di associazioni
criminali così adeguatamente motivando l’ulteriore aumento della sanzione inflitta.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma di tremila euro alla cassa delle ammende.

Così deciso il 06/07/2018

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