Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38272 del 06/07/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38272 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: PARDO IGNAZIO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GIANNINI IACOPO nato a FIRENZE il 22/03/1977
avverso la sentenza del 16/09/2016 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere IGNAZIO PARDO;
Data Udienza: 06/07/2018
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
La CORTE APPELLO di FIRENZE, con sentenza in data 16/09/2016, confermava la condanna alla
pena ritenuta di giustizia pronunciata dal TRIBUNALE di LUCCA, in data 02/04/2014, nei confronti
di GIANNINI IACOPO in relazione al reato di cui all’ art. 646 cod.pen..
Proponeva ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: vizio di motivazione
con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato non sussistendo i presupposti per
affermare l’esistenza degli elementi costitutivi del reato.
Con motivi aggiunti insisteva nella prima doglianza proposta con l’atto principale e lamentava, poi,
l’intervenuta prescrizione del reato trattandosi di condotte consumate negli anni antecedenti il 2010
che pertanto dovevano ritenersi estinte per intervenuto decorso del tempo.
Ciò posto deve ritenersi che il motivo principale di ricorso è inammissibile; difatti la corte di appello
si è adeguata all’orientamento secondo cui le dichiarazioni della persona offesa – cui non si
applicano le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. – possono essere
legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato,
previa verifica, più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di
qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e
dell’attendibilità intrinseca del suo racconto (Sez. 2, Sentenza n. 43278 del 24/09/2015 Ud. (dep.
27/10/2015 ) Rv. 265104). E nel caso in esame il vaglio di attendibilità è stato effettuato anche
rilevando l’esistenza di adeguati riscontri sulla base della commissione di condotte analoghe da
parte dell’imputato in danno di altri soggetti, che hanno costituito così adeguato elemento per
ritenere che le dichiarazioni della vittima trovassero specifica conferma stante appunto la
consumazione di analoghi episodi in danno anche di altri soggetti.
Peraltro, il rito abbreviato scelto dall’imputato, ha precluso alla difesa dello stesso per sua scelta di
fare evidenziare eventuali incongruenze delle dichiarazioni della vittima dedotte solo con i motivi di
ricorso.
Quanto al motivo aggiunto, va ricordato che secondo l’orientamento di questa corte i motivi nuovi
di impugnazione devono essere inerenti ai temi specificati nei capi e punti della decisione investiti
dall’impugnazione principale già presentata, essendo necessaria la sussistenza di una connessione
funzionale tra i motivi nuovi e quelli originari (Sez. 6, n. 45075 del 02/10/2014, Rv. 260666) nel
caso di specie mancante posto che il ricorrente richiede svolgersi una competa e differente
ricostruzione.
Inoltre, è il caso di sottolineare come la richiesta di prescrizione è avanzata senza riferimenti
sufficientemente precisi ed anche mutando il tempo del commesso reato sulla base di valutazioni in
fatto estranee al giudizio di legittimità e pertanto non operabili nella presente sede e ciò anche
avuto riguardo alla data di consumazione indicata nel capo di imputazione contestata con condotta
posta in essere fino all’anno 2010 e tuttora permanente. Sicchè anche a volere ritenersi cessata la
permanenza nel 2010 il termine pari ad anni 7 e mesi 6 di prescrizione non risulta decorso alla data
di emissione della sentenza di appello e l’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della
eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del
22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma di tremila euro alla cassa delle ammende.
Così deciso il 06/07/2018
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