Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3827 del 05/12/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3827 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARILLA’ SALVATORE N. IL 21/05/1968
avverso l’ordinanza n. 15/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;
lette/seRrde le conclusioni del PG DotteyuÀ
(LI

Uditi difensor Avv.;

o

Data Udienza: 05/12/2014

9242/2014

1.Con ordinanza in data 12.11.2013 la Corte di appello di Milano respingeva
la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da Barillà
Salvatore in relazione alla custodia cautelare dal medesimo subita in carcere
per 14 giorni e agli arresti domiciliari per ulteriori 84 giorni , perché indiziato
di ricettazione di numerose autovetture, accusa da cui veniva prosciolto dal
Tribunale di Milano ex art. 530 cpv cod.proc.pen. perché il fatto non costituiva
reato.
La Corte della riparazione riteneva che il Barillà avesse dato causa alla
detenzione per colpa grave; il ricorrente, agendo quale gestore di una
concessionaria auto, aveva acquistato da uno sconosciuto reperito su internet
numerose auto da poco immatricolate, pagando in contanti un prezzo
inferiore di circa il 20% a quello precedentemente pagato e senza fatturarle,
per poi rivenderle subito dopo a prezzo superiore e così ricavando un
significativo guadagno.
2. Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione l’interessato, per il tramite
del difensore di fiducia; deduce violazione di legge, mancanza e illogicità della
motivazione per aver escluso la riparazione per colpa grave dell’interessato;
eccepisce la illegittimità costituzionale dell’art. 314 cod.proc.pen. nella parte
in cui subordina il diritto alla riparazione all’avvenuto proscioglimento di
merito; sostiene che nella specie non vi sono state condotte equivoche da
parte del Barillà che ha acquistato e rivenduto i veicoli utilizzando la dovuta
diligenza e professionalità, come riconosciuto dalla sentenza assolutoria del
Tribunale di Milano; nè possono rilevare in contrario i precedenti penali tra
l’altro risalenti nel tempo e per reati diversi.
3. Si è costituito in giudizio il Ministero del Tesoro per resistere al ricorso di
cui eccepisce sia la tardività che la manifesta infondatezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso, che risulta tempestivamente proposto, non merita accoglimento.
2.La dedotta questione di legittimità costituzionale risulta, oltre che
manifestamente infondata in relazione al fondamento solidaristico dell’istituto
che impone la considerazione del comportamento tenuto dall’istante, anche
non rilevante nel caso di specie, dal momento che il Barillà è stato assolto
dalle imputazioni formulate nei suoi confronti perché il fatto non costituisce
reato.
3. Ai fini dell’accertamento del requisito soggettivo ostativo al riconoscimento
dell’indennizzo in questione, il giudice del merito, investito dell’istanza per
l’attribuzione di una somma di danaro a titolo di equa riparazione per/

RITENUTO IN FATTO

3. Nella presente fattispecie la motivazione resa dalla Corte di appello circa la
sussistenza nel comportamento del Barillà di colpa grave, ostativa alla
riparazione è corretta avendo la medesima, con valutazione autonoma
rispetto a quella del giudice penale, evidenziato la sospetta disinvoltura e la
opacità del comportamento del Barillà nel ricevere, quale gestore di fatto di
un autosalone (TS Auto) una serie numerosa di automobili da altri poco
prima acquistate con documenti e codici fiscali apocrifi e immediatamente
cedute alla TS a un prezzo inferiore a quello del primo acquisto, sempre
corrisposto in contanti e senza fattura, per poi rivenderle a terzi con un
significativo guadagno.

2.In conclusione il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al
pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di questo
giudizio in favore della costituita Amministrazione liquidate come al
dispositivo.
,/

l’ingiusta detenzione, ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen., ha il dovere di
verificare se la condotta tenuta dall’istante nel procedimento penale, nel
corso del quale si verifico’ la privazione della liberta’ personale, quale
risulta dagli atti, sia connotabile di dolo o di colpa grave. Il giudice stesso
deve, a tal fine, valutare se certi comportamenti riferibili alla condotta
cosciente e volontaria del soggetto, possano aver svolto un ruolo almeno
sinergico nel trarre in errore l’autorità giudiziaria; cio’ che il legislatore ha
voluto, invero, e’ che non sia riconosciuto il diritto alla riparazione a chi, pur
ritenuto non colpevole nel processo penale, sia stato arrestato e mantenuto
in detenzione per aver tenuto una condotta tale da legittimare il
provvedimento dell’autorita’ inquirente (sez. IV 7.4.99 n.440, Min. Tesoro in
proc. Petrone Ced 197652).
Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza 13.12.1995 n.43, Sarnataro
rv.203638) hanno poi ulteriormente precisato che “Nel procedimento per la
riparazione dell’ingiusta detenzione e’ necessario distinguere nettamente
l’operazione logica propria del giudice del processo penale, volta
all’accertamento della sussistenza di un reato e della sua commissione da parte
dell’imputato, da quella propria del giudice della riparazione il quale, pur
dovendo operare, eventualmente, sullo stesso materiale, deve seguire un “iter”
logico-motivazionale del tutto autonomo, perche’ e’ suo compito stabilire non
se determinate condotte costituiscano, o meno reato, ma se queste si sono
poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell’altrui errore) alla
produzione dell’evento “detenzione” ed in relazione a tale aspetto della
decisione egli ha piena ed ampia liberta’ di valutare il materiale acquisito nel
processo, non gia’ per rivalutarlo, bensi’ al fine di controllare la ricorrenza o
meno delle condizioni dell’azione (di natura civilistica), sia in senso positivo che
del tutto evidente, rispondendo ad un principio generale, che ), sia in senso
positivo che negativo, compresa l’eventuale sussistenza di una causa di
esclusione del diritto alla riparazione “.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché alla refusione delle spese sostenute dal Ministero
dell’Economia in questo grado liquidate in euro 1000,00 .

Così deciso il 5.12.2014.

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