Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38261 del 06/07/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 38261 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: PARDO IGNAZIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAPISARDA GIOVANNI SALVATORE nato a CATANIA il 29/08/1978

avverso la sentenza del 19/09/2017 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere IGNAZIO PARDO;

Data Udienza: 06/07/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
La CORTE APPELLO di CATANIA, con sentenza in data 19/09/2017, parzialmente riformando la
sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di CATANIA, in data 14/01/2010, nei confronti di RAPISARDA
GIOVANNI SALVATORE confermava la condanna in relazione al reato di cui all’art. 648 CP.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla omessa concessione delle attenuanti
generiche ed alla determinazione della pena.
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente non fondato.
Infatti la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione
esente da manifesta illogicità, facente leva sui precedenti dell’imputato, che, pertanto, è

insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato
il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel
motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli
elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli
faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti

gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n.3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364
del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).

Inoltre la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le

circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la
esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133
cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una

nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o
di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò
che – nel caso di specie – non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla

quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è
necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale,
potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
le espressioni del tipo: ‘pena congrua’, ‘pena equa’ o ‘congruo aumento’, come pure il richiamo alla

gravità del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv.
245596)

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma di tremila euro cassa delle ammende.

Così deciso il 06/07/2018

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