Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38250 del 24/04/2018
Penale Sent. Sez. 6 Num. 38250 Anno 2018
Presidente: MOGINI STEFANO
Relatore: VIGNA MARIA SABINA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DE CARO GIUSEPPE nato a FLORIDIA il 29/05/1956
avverso il decreto del 21/04/2017 del GIP del Tribunale di Siracusa
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Maria Sabina Vigna;
letto il parere del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Pasquale Fimiani che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
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Data Udienza: 24/04/2018
RITENUTO IN FATTO
1. De Caro Giuseppe ha presentato ricorso avverso la sentenza del Tribunale di
Siracusa, indicata in epigrafe, con la quale è stata applicata nei suoi confronti,
sull’accordo delle parti, la pena di euro 400,00 di multa per il reato di cui all’art.
388, secondo comma, cod. pen..
De Caro è stato, altresì, condannato alla refusione delle spese di lite in
spese generali del 15%, IVA e CPA come per legge.
2. Deduce il ricorrente, personalmente, la violazione di legge e la omessa
motivazione in relazione all’uso di termini giuridici impropri e fortemente
suggestivi di un travisamento della ratio legis («condanna alla rifusione delle
spese»), in relazione alla condanna al pagamento delle spese processuali in
favore della parte civile e in relazione alla condanna al rimborso delle spese
generali del 15%, IVA e CPA come per legge.
3.
Il Procuratore Generale presso questa Corte in data 5/03/2018 ha
rassegnato le proprie conclusioni scritte ex art. 611 cod. proc. pen. chiedendo la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2.
Ai sensi dell’art. 445, comma 2 cod. proc. pen., nel caso di
patteggiamento e di contemporanea costituzione di parte civile, quest’ultima
«ha diritto alle spese sostenute senza che occorra alcuna particolare valutazione
del merito, neanche nei limiti di una mera delibazione della fondatezza della
pretesa civilistica» (C. Cost. 12 ottobre 1990 n. 443; Sez. 4, n. 7209 del
27/06/1996, Crafa, Rv. 206809).
Secondo una giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, tale diritto
sussiste «anche in assenza di una sua esplicita richiesta» (Sez. 5, n. 48731 del
13/10/2014,Palombo, Rv. 261230).
Sempre nel sistema della legge, costituisce, invece, una mera eventualità
(«salvo che ricorrano») la sussistenza di giusti motivi di compensazione totale o
parziale delle spese medesime, nel qual caso scatta, secondo la costante
giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, l’obbligo di motivare in maniera
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favore della costituita parte civile, liquidate in euro 495,00 oltre al rimborso
congrua l’adozione di tale statuizione (Sez. 5, n. 40839 del 20/09/2004, P.C. in
proc. Zanni e altro, Rv. 230008; Sez. 4, n. 20796 del 03/05/2006, P.C. in proc.
Lopo, Rv. 234593; Sez. 6, n. 7519 del 24/01/2013, Scapoli, Rv. 255124).
Secondo l’orientamento più recente di questa Corte di legittimità, non
sussiste, per contro, lo stesso obbligo in senso contrario il che vale a dire che al
giudice non s’impone di motivare nel caso in cui non disponga la compensazione,
talché il ricorrente non può dolersene (Sez. 6, n. 46680 del 20/10/2016 Rv.
268357).
In ogni caso, anche a volere aderire all’orientamento secondo cui nel caso di
costituita la parte civile, il giudice è tenuto a dare conto, sia pur sinteticamente,
dei «giusti motivi» in base ai quali ritiene eventualmente di disattendere la
sollecitazione di compensazione delle spese che, in tal senso, sia stata formulata
dall’imputato (in questo senso, tra le tante, Sez. 4, n. 20796 del 03/05/2006,
P.C. in proc. Lopo, Rv. 234593; Sez. 5, n. 40839 del 20/09/2004, P.C. in proc.
Zanni, Rv. 230008), il Tribunale di Siracusa ha succintamente adempiuto a tale
onere.
3.
Quanto all’uso di termini giuridici impropri, non si ravvisa alcuna
violazione di legge o vizio di motivazione, avendo il giudice utilizzato
semplicemente un sinonimo del sostantivo utilizzato dal legislatore («condanna
alla rifusione» anziché «condanna al pagamento»).
Infine, la condanna al pagamento alle spese generali, IVA e CPA è prevista
come «dovuta» dal D.M. 55/2014 e il «di regola» si riferisce alla misura delle
spese forfettarie.
4.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il
ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in
favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
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procedimento definito mediante applicazione di pena su richiesta, ove sia
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 24 aprile 2018