Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38246 del 21/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 38246 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SARNO GIULIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CHISARI ANTONINO N. IL 22/03/1979
avverso la sentenza n. 1981/2007 CORTE APPELLO di CATANIA, del
24/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO;

Data Udienza: 21/06/2013

Chisari Antonino propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la
corte di appello di Catania ha confermato quella emessa dal tribunale di quest’ultima città, che
ha condannato l’imputato alla pena di giustizia per il reato di cui agli artt. 110 e 527 cod. pen.
per il reato di atti osceni in luogo pubblico.
Deduce in questa sede il ricorrente la violazione di legge ed il vizio di motivazione evidenziando
che le condizioni di tempo e di luogo non consentivano agevole visibilità. Trattavasì di zona
isolata in stato di completo abbandono e degrado ed in più poco illuminata. Inoltre i vetri
dell’autovettura in cui era l’imputato sarebbero stati appannati.
Il ricorso è inammissibile.
Vengono sostanzialmente riproposte in questa sede le medesime doglianze correttamente
scrutinate dalla corte di appello. Si tratta peraltro di censure in fatto che non tengono conto dei
numerosi pronunciamenti di questa corte sui limiti del giudizio di legittimità.
Si è puntualizzato infatti che:
– l’indagine di legittimita’ sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto,
dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volonta’
del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti
della decisione impugnata, senza possibilita’ di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di
cui il giudice di merito si e’ avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza
alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una
“rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in
via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la
mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle
risultanze processuali. (SU 1997 n. 6402, Rv 207944, Dessimone ed altri).
– A seguito delle modifiche della lettera e) dell’alt 606 cpp apportate dall’art. 8 della L.
46/2006 si è poi precisato che il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di
un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova
decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione quando la decisione impugnata abbia
riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, essere
superato il limite costituito dal “devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in
cui il giudice d’appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia
richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (Sez. 4, Sentenza n. 19710 del
03/02/2009 Rv. 243636).
– E’ stato anche puntualizzato che il vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione,
a norma dell’articolo 606, lett.e), cod. proc. pen., deve risultare dal testo della motivazione e
deve consistere, rispettivamente, nell’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa
sottoposto al giudice di merito, non già nella mancata confutazione di un argomento specifico
relativo ad un punto della decisione che pur è stato trattato, sebbene in un’ottica diversa, dal
giudice della sentenza impugnata, dando una risposta solo implicita all’osservazione della
parte; e nella frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse nel caso di sillogismo,
e le conseguenze che se ne traggono (Sez. 1, Sentenza n. 9539 del 12/05/1999
Ud. (dep. 23/07/1999) Rv. 215132).
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese
del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende,
fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di euro 1.000.
Così deciso, il giorno 21.6.2013

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