Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38210 del 05/06/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 38210 Anno 2018
Presidente: CERVADORO MIRELLA
Relatore: FILIPPINI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile PATANO MASSIMO nato a FOGGIA il 13/11/1969
nel procedimento a carico di:
PATANO BENITO nato a FOGGIA il 01/08/1936

avverso la sentenza del 10/03/2017 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO FILIPPINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ELISABETTA
CENICCOLA
che ha concluso per l’inammissibilita del ricorso.
udito il difensore avvocato POTITO FLAGELLA in difesa di PATANO MASSIMO che si
riporta ai motivi di ricorso e deposita conclusioni scritte e nota spese delle quali chiede
la liquidazione.

Data Udienza: 05/06/2018

CONSIDERATO IN FATTO
1. La CORTE di APPELLO di BARI, con sentenza in data 10/03/2017, confermava la pronuncia
assolutoria già resa dal TRIBUNALE di FOGGIA, in data 16/11/2015, nei confronti di PATANO
MASSIMO, in relazione al reato di cui all’ art. 646 Cod. Pen.. Secondo il primo giudice difettava in
capo all’imputato l’elemento soggettivo del reato ascritto (consistente nell’impossessamento della
somma di circa C 16.000 prelevati dalla cassaforte della società di cui era socio accomandatario), in
quanto il prevenuto aveva inteso rientrare nel credito di pari importo vantato nei confronti della
società e derivante dalla anticipazione di somme per lavori di ristrutturazione. Il PM aveva proposto
appello evidenziando che il Tribunale non aveva provveduto a verificare la sussistenza dei requisiti
del credito dell’imputato (ed in particolare quelli della certezza, liquidità ed esigibilità), tutti
necessari, secondo prevalente giurisprudenza di legittimità, per escludere la sussistenza del reato

necessario ad integrare il reato di appropriazione indebita, potendosi semmai ravvisare una ipotesi
di ragion fattasi, tuttavia non procedibile per difetto di querela.
2. Propone ricorso per cassazione la parte civile, deducendo, ai soli fini civili, il seguente motivo:
violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta insussistenza della
responsabilità penale, difettando nella fattispecie quei caratteri del credito dell’imputato (e, in
particolare, la certezza, liquidità ed esigibilità) che, secondo dominante giurisprudenza, sono
necessari per poter escludere la sussistenza del reato in parola.
2.1. Con memoria pervenuta il 4.6.2018 la parte ricorrente, a sostegno delle conclusioni, ha
insistito sulla illegittimità del prelievo di danaro effettuato dall’imputato perché inerente a credito
per il quale non era fissata la scadenza.
3. La parte civile, comparsa all’udienza, ha ribadito la richiesta di accoglimento del ricorso, con
vittoria delle spese legali sostenute nel presente grado.

RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Va premesso che nel caso di specie non si pone un problema di procedibilità in relazione della
recente riforma in materia (D. Lgs.vo 10 aprile 2018, n. 36), posto che, a prescindere dalla
questione della presenza di valida querela (la cui esistenza parrebbe invece essere stata esclusa dal
pubblico ministero in sede di conclusioni in appello), la ricorrenza, nella fattispecie, della istanza di
punizione dell’imputato è comunque rinvenibile nell’atto con il quale la persona offesa si è costituita
parte civile (cfr. Sez. 2, n. 19077 del 03/05/2011, Rv. 250318).
2.

Quanto ai motivi di ricorso, rileva il Collegio che, effettivamente, secondo la condivisa

giurisprudenza di legittimità, il reato di appropriazione indebita non risulta escluso dal preteso
operare della compensazione con credito preesistente allorché quest’ultimo non sia caratterizzato
dai connotati della certezza, liquidità ed esigibilità (si veda, in tal senso, Sez. 2, n. 293 del
04/12/2013, Rv. 257317), elementi che, nella fattispecie, almeno quanto al dato della esigibilità,
non risultano sussistere.
3. Tuttavia, nella vicenda di causa i giudici del merito, dopo aver affermato che l’imputato ha agito
nei limiti del credito restitutorio vantato, hanno avvisato la presenza di un insuperabile dubbio in
relazione al profilo del dolo, tanto da assolvere, ai sensi dell’art. 530 comma 2 cod.proc.pen.,
“perché il fatto non costituisce reato”. E tale decisione risulta conforme alla pure condivisa
giurisprudenza (Sez. 2, n. 27023 del 27/03/2012, Rv. 253411), secondo la quale l’elemento
soggettivo del reato di appropriazione indebita consiste nella coscienza e volontà di appropriarsi del
denaro o della cosa mobile altrui, posseduta a qualsiasi titolo, sapendo di agire senza averne
diritto, ed allo scopo di trarre per sé o per altri una qualsiasi illegittima utilità.

in parola in simili situazioni. La Corte territoriale ribadiva il giudizio di insussistenza del dolo

3.1. Dunque, nel caso concreto i giudici del merito, con argomenti effettivi e non illogici, hanno
concordemente ritenuto di non poter affermare che l’imputato, allorchè ebbe a prelevare i soldi
dalla cassa dell’azienda, versasse nella sicura convinzione di agire senza diritto o avesse la finalità
di conseguire una qualsiasi illegittima utilità; anzi, dal complesso dell’istruttoria hanno piuttosto
tratto indicazioni contrarie. Di conseguenza, attesi i limiti della cognizione previsti per questa Corte,
non sussistono vizi rilevabili in sede di legittimità.
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Il Consigli- – s -nsore
NI

CELLERIA
íl’ENALE

Così deciso il 05/06/2018

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