Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38190 del 22/05/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38190 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile FERRO MARIO nato a AUGUSTA il 18/02/1942
nel procedimento a carico di:
ADAMO ALFONSO nato a NOCERA INFERIORE il 01/05/1955
avverso la sentenza del 22/04/2016 del TRIBUNALE di LA SPEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALFREDO GUARDIANO;
Data Udienza: 22/05/2018
FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe il tribunale di La Spezia, in riforma
della sentenza con cui il giudice di pace di La Spezia, in data 31.7.2015,
aveva condannato Adamo Alfonso alla pena ritenuta di giustizia ed al
risarcimento dei danni derivanti da reato, in favore della costituita parte
civile Ferro Mario, in relazione al delitto di cui all’art. 594, c.p., in rubrica
previsto dalla legge come reato, con conseguente revoca delle relative
statuizioni civili.
2.
Avverso la suddetta sentenza, di cui chiede l’annullamento, ha
proposto ricorso per cassazione la costituita parte civile, lamentando
violazione di legge con riferimento alla revoca, ad avviso del ricorrente
ingiustificata, delle indicate statuizioni civili, disposte in suo favore dal
giudice di primo grado.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile, perché sorretto da motivi
manifestamente infondati.
Ed invero, come affermato dal Supremo Collegio, nella sua espressione
più autorevole, in caso di sentenza di condanna relativa a un reato
successivamente abrogato e qualificato come illecito civile ai sensi del
D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice dell’ impugnazione, nel
dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve
revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili,
fermo restando il diritto della parte civile di agire “ex novo” nella sede
naturale, per il risarcimento del danno e l’eventuale irrogazione della
sanzione pecuniaria civile (cfr. Cass., Sez. U., 29.9.2016, n. 46688, rv.
267884).
4. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente,
ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento,
ma non anche della sanzione pecuniaria in favore della cassa delle
ammende, tenuto conto dell’assenza di profili di colpa a carico di
quest’ultimo nella determinazione delle evidenziate ragioni di
inammissibilità, trattandosi di questione controversa (cfr. Corte
Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
ascrittogli, assolveva l’imputato, con la formula perché il fatto non è più
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Nulla per la cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 22.5.2018