Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38176 del 19/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38176 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA
Su istanza di correzione di errore materiale proposto dal giudice dell’esecuzione
del Tribunale di Pordenone con riguardo alla sentenza n. 18127/2012 della Corte di
Cassazione del 30.11.2012 concernente il ricorso proposto dal Procuratore Generale
presso la Corte d’Appello di Trieste avverso la sentenza del Tribunale di Pordenone
del 15.3.2011 resa nei confronti di SALMASO SERGIO;
Sentita la relazione del consigliere Dott. Giacomo Foti;
Udito il Procuratore Generale in persona della dott.ssa Fodaroni,
che ha chiesto dichiararsi non luogo a procedere sull’istanza;
Udito il difensore 11 imputato
“-•

Data Udienza: 19/07/2013

Con sentenza del 15 marzo 2011, resa ai sensi degli articoli 444 e seguenti cod. proc. pen.,
il Tribunale di Pordenone applicò a Salmaso Sergio la pena principale di un mese e venti
giorni di arresto e di euro 800,00 di ammenda, nonché la sanzione amministrativa accessoria
della sospensione della patente di guida per un anno e tre mesi, per i reati di cui agli articoli
186, comma 7, 186, comma 2, lettera a), del codice della strada e 651 cod. pen.
Avverso tale sentenza propose ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la
Corte di appello di Trieste, denunciando inosservanza ed erronea applicazione della legge
penale, conseguenti al fatto che il Tribunale aveva omesso di confiscare il veicolo guidato
dal Salmaso.
Con sentenza del 30 novembre 2012, questa Corte — rilevato che la contravvenzione di cui
all’articolo 186, comma 2, lettera a), del codice della strada era stata depenalizzata ad opera
della legge numero 120 del 2010 – ha annullato senza rinvio la suddetta sentenza di
patteggiamento, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Pordenone per
l’ulteriore corso.
Per il vero, nella sentenza di questa Corte è contenuta l’affermazione, astrattamente
corretta, che la sanzione amministrativa accessoria della confisca non è applicabile ex
articolo 186, comma 2, lettera a), del codice della strada; e però in quella decisione non si fa
riferimento alcuno al fatto che detta sanzione sarebbe applicabile ai sensi dell’articolo 186,
comma 7, dello stesso codice; tuttavia è agevole constatare che la confisca del veicolo del
Salmaso, in sede di rinnovo del patteggiamento o di normale giudizio, avrebbe potuto e
dovuto trovare concreta applicazione.
Sennonché, il Tribunale di Pordenone, invece di uniformarsi alla su citata sentenza, ha
ritenuto di emettere, in data 28 maggio 2013, una ordinanza in cui si afferma:
a) che la sentenza di patteggiamento era “divenuta irrevocabile il 29 aprile 2011 per tutte le
statuizioni in essa disposte perché impugnata solo relativamente alla omessa confisca del
veicolo”, per cui “correttamente aveva agito la cancelleria nel dichiararne l’irrevocabilità,
tranne che per il punto impugnato”;
b) che il punto impugnato riguardava solo la confisca del veicolo e che perciò “la Suprema
Corte non avrebbe potuto in nessun caso pronunziarsi sul resto della sentenza in quanto il
devolutum era quello predetto e il punto in discussione esula dall’accordo tra imputato e PM
come ratificato dal Giudice ex articoli 444 e segg. c.p.p. in quanto in esso non è compresa la
confisca….”, così che “il patto processuale non impugnato non può in alcun modo essere
travolto dalla decisione della Suprema Corte….”;
c) che “è dunque evidente che la sentenza n. 2823/2013 della Cassazione è frutto di un
che dovrà essere emendato dalla stessa Corte alla quale quindi ex
errore materiale
articolo 130 c.p.p. si dovranno trasmettere gli atti”.
Quanto sopra premesso, si deve rilevare che la menzionata ordinanza, con cui il giudice
dichiara di non volere uniformarsi alla sentenza della Corte di cassazione e finisce anzi — in
buona sostanza – con “annullarla senza rinvio”, costituisce un esempio di scuola di
provvedimento abnorme, non rispondente per la sua singolarità e stranezza ai tipi previsti
dall’ordinamento processuale; tra le altre cose, tale decisione ha provocato una stasi del
corretto procedimento, che era quello conseguente all’annullamento senza rinvio della
sentenza di patteggiamento, cui deve seguire un nuovo giudizio di merito.
La su riferita abnormità del provvedimento del giudice di Pordenone è stata determinata,
tra le altre cose, da alcuni errori di diritto.
Il primo di questi, grave e inescusabile, è quello di ritenere che il giudice del rinvio possa
non uniformarsi a una sentenza della Suprema Corte, ancorché errata, e che addirittura
abbia il potere di annullarla.

.2

OSSERVA

P.Q.M.
Dichiara non luogo a provvedere sull’istanza di correzione dell’errore materiale proposta
dal giudice dell’esecuzione del Tribunale di Pordenone.
Così deciso in Roma il 19 luglio 2013.

Il secondo errore consiste nell’avere ritenuto che il mancato ricorso per cassazione
dell’imputato abbia fatto diventare irrevocabile la sentenza di patteggiamento, impugnata dal
Procuratore generale solo per la mancata applicazione della confisca. E’, infatti,
giurisprudenza consolidata di questa Corte quella secondo cui l’ aboliti° criminis comporta
la relativa declaratoria addirittura nel caso di inammissibilità del ricorso per cassazione
proposto dall’imputato (cfr. Cass. pen. sez. IV, 6 maggio 2011, n. 32131, Rv 251096; Cass.
pen. sez. IV, 21 maggio 2008, n. 25644, Rv 240848; Cass. pen. sez. V, 27 settembre 2002, n.
39767, Rv 225702), e quindi a fortiori nell’ipotesi di valida impugnazione proposta dal
pubblico ministero che porti comunque a conoscenza del giudice sovra ordinato i fatti di
causa.
Infine, il terzo abbaglio, del pari grave, è quello di ritenere applicabile, in una fattispecie in
cui si chiede addirittura di “cassare” una sentenza di annullamento senza rinvio della
Suprema Corte, la procedura di correzione dell’errore materiale ex articolo 130 cod. proc.
pen., utilizzabile solo quando la eliminazione dell’errore “non comporta una modificazione
essenziale dell’atto”.
Si osserva, infine, che la menzionata abnorme ordinanza del Tribunale di Pordenone ha
anche modificato i termini del patto, rideterminando la pena stabilita dall’accordo delle parti,
e non ha consentito l’applicazione della sanzione accessoria della confisca del veicolo, non
impedita – come si è prima cennato – dal dictum della sentenza di questa Corte.
Concludendo, deve dichiararsi non luogo a provvedere in ordine alla richiesta del giudice
del Tribunale di Pordenone di correzione dell’errore materiale, mentre non si può allo stato
annullare il provvedimento abnorme, in difetto di impugnazione dell’imputato o del
pubblico ministero (cfr. sul punto: Cass. pen., Sez. un., 9 luglio 1997, n. 11, Rv 208221.

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