Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3817 del 03/12/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3817 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERRARI RAMON,

nato il 18/09/1991

avverso l’ordinanza n. 272/2014 TRIB. LIBERTÀ di ANCONA, del
01/07/2014;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO;
udite le conclusioni del PG Dott. FULVIO BALDI che ha chiesto il rigetto del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 1/7/2014 il Tribunale del riesame di Ancona ha
confermato l’ordinanza con la quale, in data 18/6/2014, il G.I.P. del medesimo
Tribunale, in sede di convalida di fermo, aveva applicato nei confronti di Ferrari
Ramon la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione al reato di
associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti in abitazione
nonché in relazione a tre reati fine (furti in abitazione pluriaggravati) e al reato
di cui all’art. 55, comma 9, d.lgs. 21 novembre 2007 n. 231 (indebito utilizzo di
carte di credito), per il quale era indagato in concorso con altri.
I motivi di ricorso, esclusivamente riguardanti la sussistenza di esigenze
cautelari tali da giustificare la più severa misura custodiale, sono stati disattesi
dal tribunale in considerazione della gravità dei reati per i quali il prevenuto è
sottoposto a indagini (ben tre furti in abitazione, commessi in appena quattro
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Data Udienza: 03/12/2014

giorni, due la stessa notte); della partecipazione a un sodalizio criminale su base
familiare dedito a tale tipo di reati; del rinvenimento presso il suo domicilio di
numerosi monili di verosimile provenienza illecita; della necessità di
salvaguardare l’acquisizione di ulteriori fonti di prova, essendo in corso la ricerca
di parte della refurtiva ancora non rinvenuta; della inadeguatezza della misura
degli arresti domiciliari poiché questa sarebbe da eseguire in un campo nomadi:
luogo ritenuto dal tribunale «in sé inidoneo, nonostante il possibile utilizzo del

braccialetto elettronico, in quanto trattasi di spazio aperto, non chiaramente

abitazione o privata dimora» e, inoltre, perché, in tale contesto promiscuo,
sarebbe comunque impossibile alle forze dell’ordine operare alcun controllo in
ordine alle frequentazioni dell’indagato.

2. Avverso tale ordinanza propone ricorso Ferrari Ramon, per mezzo del
proprio difensore, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, per
essere, quella adottata dal tribunale, contraddittoria e carente di riferimenti a
concreti elementi di giudizio.
Sostiene in sintesi che:
i furti per i quali egli è indagato, commessi nello stesso contesto temporale,
non sono indicativi di costanza e continuità nella commissione di reati e inoltre lo
stato di incensuratezza e l’esistenza di regolare attività lavorativa dimostrano
come i fatti siano frutto di una estemporanea sbandata;
nessun rilievo può attribuirsi al rinvenimento di monili nell’abitazione di esso
ricorrente, non essendo giustificata in alcun modo l’affermazione della
verosimiglianza della loro illecita provenienza;
il tribunale confonde l’esigenza di non inquinare le prove con l’aspettativa di
recuperare la refurtiva;
il collegio ha inoltre omesso di considerare che l’abitazione di esso
ricorrente, come risultante dai documenti anche fotografici prodotti, pur essendo
sita all’interno di un campo nomadi, è chiaramente recintata, delimitata e
separata dalla rimanente parte del campo medesimo;
è illogico sostenere che i luoghi sia pur precari dove abitualmente risiedono i
nomadi siano incompatibili con la meno severa misura richiesta, né che
l’applicazione di un braccialetto elettronico non possa contribuire a rafforzare
l’efficacia della misura;
il tribunale ha violato, infine, la previsione di cui all’art. 275, comma 2-bis,
cod. proc pen., come sostituito dall’art. 8, comma 1, di. 26 giugno 2014, n. 92,
già in vigore alla data dell’ordinanza impugnata, che esclude possa essere
applicata la misura della custodia cautelare in carcere «se il giudice ritiene che,

delimitato, né delimita bile e, comunque, non riconducibile al concetto di

F

all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni»,
come è più che verosimile ritenere accadrà nella specie, trattandosi di quattro
furti pacificamente in continuazione tra loro, per i quali gli imputati hanno già
manifestato l’intenzione di richiedere i riti alternativi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.

Corte, per quanto riguarda i limiti di sindacabilità in questa sede dei
provvedimenti de libertate, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di
revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso
lo spessore degli indizi, né di rivalutazione delle condizioni soggettive
dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle
misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo
del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame.
Il controllo di legittimità è, quindi, circoscritto all’esame del contenuto
dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno
determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 6, n. 2146
del 25/05/1995, Tontoli, Rv. 201840).
L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e
delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen., è, quindi, rilevabile in
cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o
in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del
provvedimento impugnato.

4.

Nel caso di specie l’ordinanza impugnata ha giustificato la propria

valutazione circa la sussistenza di esigenze cautelari non adeguatamente
fronteggiabili se non con la più severa misura restrittiva, con motivazione
adeguata, come tale non suscettibile di sindacato in questa sede.
Il tribunale ha, infatti, congruamente, ancorché sinteticamente, motivato
l’espresso convincimento relativo alla loro sussistenza e alla inadeguatezza di
misure meno afflittive di quella disposta, facendo riferimento in particolare, come
detto, alla gravità dei fatti, in sé non contestata peraltro nemmeno dal
ricorrente, all’inserimento del prevenuto in un

«sodalizio criminale su base

familiare dedito a tale tipo di reati», tale da rendere concreto e verosimile il
pericolo di frequentazione dell’indagato con altri soggetti dediti ad analoghe
attività delittuose.
3

Giova rammentare che, secondo costante insegnamento della Suprema

Su tali punti, le censure in questa sede mosse dal ricorrente si rivelano in
massima parte generiche o al più meramente espressive di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate, che per quanto detto, in quanto tale,
non può trovare ingresso in questa sede.
Deve ritenersi poi inconferente la doglianza relativa alla omessa
considerazione della esatta consistenza del luogo fisico adibito a domicilio del
prevenuto all’interno del campo nomadi, rappresentato da una abitazione
«recintata, delimitata e separata dalla rimanente parte del campo», trattandosi

inidonea a far venire meno la coerenza logica della stessa nel suo complesso, in
quanto espressiva di una valutazione fondata anche sulla gravità dei fatti e
sull’inserimento in un sodalizio criminale a base familiare tali da giustificare di
per sé comunque una prognosi di inadeguatezza della meno afflittiva misura
degli arresti domiciliari.
Aspecifiche poi sono le censure dirette a contestare la valutazione del rilievo
attribuibile all’applicazione di un braccialetto elettronico, le quali invero non si
confrontano con il reale significato delle considerazioni sul punto svolte
nell’ordinanza impugnata. Questa infatti, lungi dal negare aprioristicamente
l’utilità di tale dispositivo ai fini del soddisfacimento delle esigenze cautelari, ha
riferito la propria valutazione sul punto allo specifico contesto considerato,
ragionevolmente evidenziando che questo, nel caso concreto, non consentirebbe
un efficace controllo da parte delle forze dell’ordine in ordine alle frequentaziong .
dell’indagato.
Non sussiste, infine, la dedotta violazione della norma di cui all’art. 275,
comma 2-bis, cod. proc. pen., apparendo al riguardo assorbente il rilievo che la
formulazione della stessa è stata modificata dalla legge di conversione del d.l. n.
92/2014 che l’aveva introdotta nei termini riferiti dal ricorrente, con la previsione
della espressa esclusione della sua applicabilità nei procedimenti per taluni delitti
ivi espressamente indicati, tra i quali quello – che nella specie viene in rilievo – di
cui all’art. 624-bis del codice penale.

5. Il ricorso deve essere pertanto rigettato, con la conseguente condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Va disposta la trasmissione di copia del presente provvedimento al direttore
dell’istituto penitenziario competente, perché provveda a quanto stabilito dall’art.
94, comma 1-ter, disp. att. del c.p.p.

P.Q.M.

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di circostanza di non decisivo rilievo nell’economia della motivazione e come tale

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso
al direttore dell’istituto penitenziario competente, perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. del c.p.p..

Così deciso il 3/12/2014

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