Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38160 del 10/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38160 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sukricorsb propost e da:
-1 MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
1 nei confronti di:
)LU ZHONG MING N. IL 18/06/1982
avverso l’ordinanza n. 34/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
12/12/2011
sentita la r azione fatta dal Consi gliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI ;
lette/s
e le conclusici del PG Dott.

n

,

Uditi difensor Avv./7 /-/

Data Udienza: 10/07/2013

Ritenuto in fatto

Con l’ordinanza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli, su istanza presentata da LU
ZHONG Ming ai sensi degli artt. 314 e 315 c.p.p., condannava il Ministero dell’Economia e delle
Finanze a corrispondere allo stesso la somma di C 204.300,00,00 a titolo di riparazione per
l’ingiusta detenzione subita in carcere dal 3 agosto 2005 per anni tre, mesi otto, giorni due di
reclusione nell’ambito di un processo in cui l’istante era stato accusato dei reati di associazione a
delinquere nonché di concorso nel reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di

non aver commesso il fatto.

sequestro a scopo di estorsione, dai quali era stato assolto in secondo grado con la formula per

Il giudice della riparazione escludeva che il silenzio serbato dallo Zhong Ming nel corso del suo
interrogatorio integrasse gli estremi del dolo o della colpa grave, non sussistendo la prova che
l’imputato era in grado di indicare specifiche circostanze ignorate dall’organo inquirente, idonee a
prospettare una logica spiegazione al fine di escludere o caducare il valore indiziante degli
elementi acquisiti in sede investigativa, che avevano determinato l’emissione del provvedimento

cautelare; né erano emerse altre condotteocrivibili all’istante che avevano favorito l’emissione del

provvedimento custodiale nei suoi confronti. Nella determinazione dell’indennizzo, riteneva di
applicare il criterio matematico di euro 150,00 per ogni giorno di detenzione.

Avverso l’ordinanza propongono ricorso per cassazione il MINISTERO dell’Economia e delle
FINANZE, tramite l’Avvocatura distrettuale, e LU ZHONG Ming , tramite il difensore.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze articola tre motivi.

Con il primo lamenta la violazione dell’art. 314 c.p.p. nella parte in cui il giudice della riparazione

keva escluso che il silenzio serbato dall’istante nel corso del suo interrogatorio integrasse gli

estremi del dolo o della colpa grave, non sussistendo la prova che l’imputato era in grado di

indicare specifiche circostanze ignorate dall’organo inquirente, idonee a prospettare una logica

spiegazione al fine di escludere o caducare il valore indiziante degli elementi acquisiti in sede
investigativa, che avevano determinato l’emissione del provvedimento cautelare.

Si sostiene che tale valutazione si sostanziava in un inammissibile riscontro ex post della
incidenza causale del silenzio nella carcerazione preventiva dell’istante mentre la Corte di merito
avrebbe dovuto verificare se, stante le prove raccolte contro l’indagato, a prescindere se questo
fosse in grado o meno di fornire elementi a suo discarico, il silenzio fosse idoneo a corroborare
nell’autorità inquirente il convincimento della colpevolezza dell’indagato.
Con il secondo motivo deduce che la Corte territoriale, travisando le risultanze probatorie, con
motivazione manifestamente illogica aveva escluso che fossero emerse altre condotte ascrivibili
all’istante che avessero favorito l’emissione del provvedimento custodiale nei suoi confronti.

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Il giudice della riparazione aveva, in particolare, trascurato di valutare i plurimi elementi,
emergenti dalla sentenza di primo grado- della quale vengono allegate al ricorso talune pagineidonei a dimostrare come lo Zhong Ming- accusato di associazione a delinquere ex art. 416 c.p,
nonché di concorso nel reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di sequestro a
scopo di estorsione- fosse contiguo, con comportamenti ambigui, all’attività associativa e come
egli stesso in passato avesse preso parte alla tratta dei propri connazionali. Si deduce il
travisamento anche della sentenza

assolutoria di secondo grado in cui la Corte di appello

aveva dato comunque atto che le prove dei fatti oggetto dell’incriminazione risultavano

insufficienti al fine di addivenire al di là di ogni ragionevole dubbio all’accertamento della
responsabilità del ricorrente in sede penale, senza smentire l’esistenza dei fatti, impregnati di
oggettivo disvalore soggettivo, stante il dolo o la colpa grave con cui erano stati commessi, tali
da avere una rilevanza causale determinante nella carcerazione dell’istante.

Con il terzo motivo si deduce, in via suordinata, la configurabilità nel caso in esame della colpa
lieve, idonea a comportare una riduzione del quantum.

LU ZHONG Ming, con un unico motivo, contesta il metodo di quantificazione dell’importo
liquidato sul rilievo che erroneamente la Corte territoriale aveva riconosciuto all’istante euro
150,00 per ogni giorno di detenzione, in violazione dei principi consolidati di questa Corte.

In data 24 aprile 2013 è stata depositata nella cancelleria di questa Corte dichiarazione del

difensore di Lu Zhong Ming di rinunciare al diritto alla trattazione in pubblica udienza del presente
procedimento, rendendo così irrilevante, ai fini della definizione del medesimo, la questione di
costituzionalità dell’art. 315, comma 3, in relazione all’art. 646, comma 1, c.p.p, in riferimento

agli articoli 117, comma 1, e 111 della Costituzione, sollevata da questa Corte, a Sezioni Unite,

con ordinanza in data 12 ottobre 2012 ( dichiarata inammissibile dalla Corte Costituzionale con
sentenza in data 18 luglio 2013, n. 214).

Considerato in diritto

Il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze è fondato.

In proposito appare opportuno ricordare i principi affermati da questa Corte in merito al
contenuto ed ai limiti della indagine devoluta al giudice della riparazione sulla sussistenza di
eventuali elementi ostativi all’affermazione del diritto dell’istante.
Come è noto, il rapporto tra giudizio penale e giudizio per l’equa riparazione, è connotato da
totale autonomia ed impegna piani di indagine diversi e che possono portare a conclusioni del

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tutto differenti (assoluzione nel processo, ma rigetto della richiesta riparatoria) sulla base dello
stesso materiale probatorio acquisito agli atti, ma ciò impone un vaglio caratterizzato dall’utilizzo
di parametri di valutazione differenti.
In particolare, è consentita al giudice della riparazione la rivalutazione dei fatti non nella loro
valenza indiziaria o probante (smentita dall’assoluzione), ma in quanto idonei a determinare, in
ragione di una macroscopica negligenza od imprudenza dell’imputato, l’adozione della misura,
traendo in inganno il giudice. Invero il giudice della riparazione, basandosi su fatti concreti, deve

ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua

valutare non se la condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia

configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto
( v., tra le tante, Sez. IV, 10 giugno 2010, n. 34662, La Rosa).
Nel caso di specie il giudice della riparazione non ha applicato correttamente i principi sopra
indicati, con conseguente carenza della motivazione.
Va ricordato che in casi analoghi, in cui la detenzione è collegata a fattispecie criminose
contestate in concorso, questa Corte ha in più occasioni affermato che integra gli estremi della
colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto, la condotta di chi, nei reati contestati in
concorso, abbia tenuto, pur consapevole dell’attività criminale altrui, comportamenti percepibili
sul piano logico come indicativi di una sua contiguità a quell’attività criminale ( v. Sez. IV, 25
novembre 2010, n. 45418, Carere, rv. 249237).
In questa prospettiva, nel valutare

il comportamento tenuto dall’istante, il giudice della

riparazione, deve fare riferimento al materiale acquisito al processo di cognizione, tra cui, assume
certamente una posizione di rilievo l’ordinanza cautelare, che consente al giudicante di rapportare

il comportamento tenuto dall’imputato alla situazione esistente nel momento in cui tale

provvedimento venne adottato o mantenuto, così da effettuare il giudizio che gli compete sulla
base dello stesso materiale avuto a disposizione dal giudice che ha provveduto sulla cautela.

Elementi di valutazione della condotta sinergica all’evento detenzione possono e devono essere

tratti anche dal giudizio svoltosi in sede di merito, qualora nel corso della istruzione
dibattimentale siano emerse circostanze rilevanti in tal senso, che meglio qualificano i fatti posti a
fondamento della misura cautelare.

Nel caso di specie la Corte di merito ha del tutto trascurato di valutare la condotta dell’istante,
nella prospettiva sopra indicata, alla luce degli elementi emergenti dall’ ordinanza cautelare e
dalle sentenze, di segno diverso, pronunciate nei confronti del Lu Zhong Ming, limitandosi ad
affermare il diritto al silenzio dell’imputato e l’insussistenza di altre condotte ascrivibili all’istante
idonee in concreto a favorire l’emissione del provvedimento custodiale nei suoi confronti.
Il giudice della riparazione, in particolare, al fine di valutare l’eventuale sussistenza della colpa
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grave dell’istante, ha del tutto omesso di prendere in considerazione gli elementi emergenti dalle
sentenze in atti.
Invero, nella sentenza di primo grado (la cui lettura si impone per il lamentato travisamento) il
giudice del merito ha dato atto dei contatti dell’istante con due appartenenti all’associazione che
sono stati riconosciuti colpevoli anche in sede di appello, riportando il contenuto di intercettazioni
telefoniche, dalle quali emergevano i plurimi Aequivoci contatti dell’istante con gli originali
coimputati.
Il giudice di appello, invece, ha escluso che le prove dei fatti oggetto della incriminazione fossero

sufficienti al fine di addivenire al di là di ogni ragionevole dubbio all’accertamento della
responsabilità dello Zhong Ming ed ha ancorato il giudizio di assoluzione, alla insufficienza delle

prove, ritenendo che le conversazioni richiamate non offrissero un quadro coerente con l’ipotesi
accusatoria formulata.

Si palesano anche fondate le doglianze del Ministero laddove l’ordinanza impugnata ha escluso
che la mancata risposta all’interrogatorio da parte dello Zhong Ming fosse ostativa al
riconoscimento dell’indennizzo.
Sul punto, è nota la giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo la quale non può
comunque fondarsi la “colpa” dell’interessato, idonea ad escludere il diritto all’equa riparazione,
solo sul silenzio da questi serbato in sede di interrogatorio davanti al pubblico ministero ed al

GIP, giacchè la scelta defensionale di avvalersi della facoltà di non rispondere non può valere ex
se per fondare un giudizio positivo di sussistenza della colpa per il rispetto che è dovuto alle
strategie difensive che abbia ritenuto di adottare chi è stato privato della libertà personale; e ciò
anche qualora a tali strategie difensive possa attribuirsi, a posteriori, un contributo negativo di
non chiarificazione del quadro probatorio legittimante la privazione della libertà ( v. Sez. IV, 9
dicembre 2008, n. 4159/09, Lafranceschina).

Tale principio non è però stato interpretato correttamente dalla Corte territoriale che ha
apoditticamente affermato, pur in presenza di un quadro indiziario di rilievo, costituito soprattutto

da intercettazioni telefoniche, l’insussistenza della prova che l’imputato fosse in grado di indicare

specifiche circostanze, non note all’organo inquirente, idonee a prospettare una logica
spiegazione al fine di escludere e caducare il valore indiziante degli elementi acquisiti in sede
investigativa che determinarono l’emissione del provvedimento cautelare, e le taccia.

L’affermazione è, in vero,

meramente assertiva e non supportata da adeguato sforzo

motivazionale.
Pur nel rispetto del diritto di difesa e delle opzioni attuative dello stesso, infatti, vi è comunque un
onere di rappresentazione ed allegazione da parte dell’indagato, al fine di porre l’organo
inquirente nelle condizioni di valutare quelle prospettazioni ed allegazioni, di comporle
nell’unitario quadro investigativo e indiziario, e di rilevare, eventualmente, l’errore in cui si è

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incorsi nell’instaurazione dello stato detentivo.
In una tale prospettiva, poiché a quel momento solo l’indagato è in grado di rappresentare utili e
giustificativi elementi di valutazione, nell’ipotesi in cui questi ultimi siano in grado di fornire una
logica spiegazione, al fine di eliminare il valore indiziante di elementi acquisiti nel corso delle
indagini, non il silenzio o la reticenza, in quanto tali, rilevano ma il mancato esercizio di una
facoltà difensiva, quanto meno sul piano dell’allegazione di fatti favorevoli, che se non può essere
da solo posto a fondamento dell’esistenza della colpa grave, vale però a far ritenere l’esistenza di
un comportamento omissivo causalmente efficiente nel permanere della misura cautelare, del

colpa (v., da ultimo, Sez. IV, 17 novembre 2011, Berdicchia, rv. 251928).

quale può tenersi conto nella valutazione globale della condotta, in presenza di altri elementi di

L’ordinanza va, pertanto, annullata con rinvio al giudice competente, che si atterrà ai principi
sopra indicati, regolando in quella sede le spese tra le parti.

La trattazione del terzo motivo, con il quale il Ministero ricorrente, prospetta, in via subordinata,

I’ eventuale configurabilità della colpa lieve dell’istante, rimane assorbita dalla presente decisione
come pure il ricorso del Lu Zhong Ming, contenente censure sulla determinazione dell’indennizzo.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla

Corte d’Appello di Firenze cui rimette anche il

regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio del 10 luglio 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

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